La recente notizia della convocazione nell’Italia di Mateo Retegui (ma anche quella di Bruno Zapelli nell’U21) apre il campo a un riflessione sul senso dell’identità nazionale nel calcio di oggi, che può ovviamente interessare anche il mondo extra-campo. Il caso Retegui ha ovviamente generato le solite trite discussioni sugli oriundi, che fanno emergere come le nefaste scorie del nazionalismo ottocentesco continuino a infettare le nostre menti, sempre a rischio di evolversi verso conseguenze ben più drammatiche della polemica sportiva. Forse sarebbe ora di consegnare definitivamente al passato il naziolismo e tutti i suoi figli, e il calcio può essere un punto di partenza.
Continua a leggere “Abbattere il nazionalismo del calcio”Tag: Africa
Raoul Diagne, il primo campione afro-europeo
Il dibattito in Francia era particolarmente acceso: da un lato, c’era chi riteneva il passaggio al professionismo economicamente insostenibile per i club, col rischio che avrebbe potuto essere non il rilancio, ma addirittura il capolinea del calcio nazionale. Dall’altro, il fronte favorevole rivendicava la necessità di riconoscere contratti e stipendi regolari ai giocatori, mettendo la Francia in linea con la modernità, con un provvedimento che era già stato preso non solo nel Regno Unito o in Nord America, ma addirittura in Austria, in Ungheria, in Italia, in Spagna e in vari Paesi del Sudamerica. Di questa fazione, tra tanti stimati calciatori bianchi, c’era anche un nero, Raoul Diagne, e – incredibile ma vero – era forse il più influente di tutto il gruppo. Fu in buona parte merito suo, se nel 1932 la Francia accettò il professionismo dei calciatori.
Continua a leggere “Raoul Diagne, il primo campione afro-europeo”Nel segno di Keïta
Si dice che Keïta significhi “prendere l’eredità”: è un nome potente, che deriva dal mondo mitico e aristocratico dell’antico impero del Mali, una delle più grandi potenze della storia africana. Il suo fondatore, Sundjata Keïta, nacque storpio, imparò a camminare da solo, e infine divenne una leggenda. La sua stirpe divenne una leggenda: tra i suoi eredi più recenti c’è Salif Keïta, uno dei più noti cantanti africani al mondo. Curiosamente, tre anni prima di lui, a Bamako nasceva un altro Salif Keïta, senza alcun legame di parentela come il primo mansa del Mali, ma che a suo modo sarebbe divenuto lo stesso un sovrano, anche se stavolta nel calcio: nel 1970, sarebbe stato il primo calciatore a ricevere il Pallone d’Oro africano.
Continua a leggere “Nel segno di Keïta”Il ragazzo di Casablanca
Casablanca si adagiava placidamente sull’oceano, e si lasciava attraversare da una fresca brezza, che le scorreva tra le strade come il sangue nelle arterie. Gli edifici color calce a cui doveva il suo nome s’immergevano in un ribollire di colori e forme figli della Storia, che parlavano arabo, portoghese, spagnolo, italiano, inglese e francese. Soldati senegalesi pattugliavano loro malgrado le strade a caccia di spie e contrabbandieri, nel disperato tentativo di “proteggere la neutralità” del regime di Petain – e cioè supportare la Germania nazista – mentre la maggior parte della popolazione, fatta di operai provenienti da tutto il mondo, sosteneva i ribelli di De Gaulle e attendeva trepidante l’invasione degli Alleati. Lì, in uno scenario che aveva già ispirato un film di Hollywood, si aggirava un giovane e impaziente calciatore, Larbi Ben Barek.
Continua a leggere “Il ragazzo di Casablanca”Ti sia lieve la terra, Omolade
Mi viene da pensare che tutto iniziò lì, quel giorno del 2001 a Terni. È ovvio che non fu così, e ragionando a mente fredda ci si arriva: vengono in mente le scritte antisemite del 1989 contro Ronny Rosenthal a Udine, e poi il manichino nero impiccato dai due tifosi vestiti da membri del Ku Klux Klan, nel 1996 a Verona contro Maickel Ferrier. Eppure, l’episodio che coinvolse l’allora diciottenne Akeem Omolade durante quel Ternana-Treviso di Serie B fu un vero punto di svolta nel rapporto tra calcio italiano e razzismo. O meglio, un punto di non ritorno.
Continua a leggere “Ti sia lieve la terra, Omolade”Herrera, il mago anarchico
Non sapremo mai se lui avvertisse una qualche contraddizione, anche solo un piccolo fastidio, sapendo che stava per andare a lavorare per uno dei più ricchi imprenditori italiani. Possiamo immaginare che avesse ormai da tempo imparato a separare l’esigenza di una carriera felice e di successo dal suo retroterra politico, che infatti rimase sempre piuttosto segreto. Nell’estate del 1960, Helenio Herrera Gavilán atterrava a Milano per andare ad allenare l’Inter, apprestandosi a dare vita a una delle più grandi squadre di tutti i tempi. Sarebbe stata una strada lunga e tortuosa, che l’avrebbe costretto a rivedere molti dei suoi principi di gioco, ma ormai il Mago aveva imparato che la vita è fatta di compromessi. Non male, comunque, per il figlio di un immigrato anarchico in esilio in un altro continente.
Continua a leggere “Herrera, il mago anarchico”La FIFA contro l’apartheid: l’espulsione del Sudafrica dal calcio mondiale
Il 1957 sembrava destinato a essere il grande anno dell’Africa: dall’inizio del decennio, alcune nazioni del Nord avevano dato il via al processo di decolonizzazione che si stava espandendo all’intero continente, in cui andava prendendo sempre più piede l’ideale del panafricanismo sbandierato da Kwame Nkrumah (che proprio l’anno seguente avrebbe promosso la prima Conferenza degli Stati Africani Indipendenti). Sulla spinta di questo vento, Egitto, Sudan, Etiopia e Sudafrica avevano preso parte per la prima volta al Congresso della FIFA nel 1953, e tre anni dopo avevano dato vita alla Confederation of African Football (CAF), che aveva fissato per il febbraio del ’57 la prima edizione del torneo contintentale. La Coppa d’Africa sarebbe stata la terza competizione di questo tipo, dopo lo storico Campeonato Sudamericano e la neonata Coppa d’Asia, mentre in Europa nulla del genere era ancora stato creato. Ma c’era un problema che stava già spaccando le quattro fondatrici: non era possibile accettare il Sudafrica.
Continua a leggere “La FIFA contro l’apartheid: l’espulsione del Sudafrica dal calcio mondiale”Se fosse così facile fermare una guerra
Correva l’anno 1969, e il Santos era stato invitato a giocare un’amichevole a Benin City – che, a dispetto del nome, non si trova in Benin ma bensì in Nigeria – nonostante nel paese fosse in corso una guerra civile. Ma la magia del calcio, e la fama di Pelé, fecero sì che il governo e i ribelli decidessero di accordarsi per una tregua, permettendo alla gente di recarsi allo stadio a vedere la partita della squadra brasiliana. È una delle storie preferite di Pelé, che l’ha riportata su Twitter anche nell’ottobre 2020, e ovviamente dei suoi innumerevoli tifosi: la volta in cui O Rei fermò una guerra. Inutile dire che le cose andarono un po’ diversamente.
Continua a leggere “Se fosse così facile fermare una guerra”Drogba contro la guerra
Il cameraman si infiltrò con agilità tra i festeggiamenti all’interno dello spogliatoio degli ospiti dello stadio Al-Merrikh di Omdurman, in Sudan. Quando se ne accorse, Didier Drogba, 27enne attaccante del Chelsea e tra i più noti calciatori al mondo, si fece dare il microfono dal giornalista e catturò l’attenzione della videocamera. “Uomini e donne della Costa d’Avorio – disse, visibilmente emozionato – del Nord, del Sud, del Centro, dell’Ovest. Abbiamo dimostrato oggi che gli ivoriani possono coesistere e lottare assieme condividendo un obiettivo, la qualificazione ai Mondiali. Vi preghiamo in ginocchio: per favore, abbassate le vostre armi e organizzate delle elezioni!”.
Continua a leggere “Drogba contro la guerra”Il calciatore tiranno: viaggio calcistico nella Libia di Gheddafi
Continua a leggere “Il calciatore tiranno: viaggio calcistico nella Libia di Gheddafi”“Le migliaia di spettatori che riempiono le gradinate degli stadi per applaudire e ridere sono migliaia stolti incapaci di praticare lo sport di persona.”
Mu’ammar Gheddafi