La recente notizia della convocazione nell’Italia di Mateo Retegui (ma anche quella di Bruno Zapelli nell’U21) apre il campo a un riflessione sul senso dell’identità nazionale nel calcio di oggi, che può ovviamente interessare anche il mondo extra-campo. Il caso Retegui ha ovviamente generato le solite trite discussioni sugli oriundi, che fanno emergere come le nefaste scorie del nazionalismo ottocentesco continuino a infettare le nostre menti, sempre a rischio di evolversi verso conseguenze ben più drammatiche della polemica sportiva. Forse sarebbe ora di consegnare definitivamente al passato il naziolismo e tutti i suoi figli, e il calcio può essere un punto di partenza.
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2003, la scoperta del calcio in Qatar
Quando atterrò all’Aeroporto Internazionale di Doha, Gabriel Omar Batistuta probabilmente non ci pensava nemmeno al fatto di essere un pioniere, di stare scrivendo la Storia. Pensava piuttosto al contratto su cui aveva apposto la propria firma: 8 milioni di dollari in due anni dall’Al-Arabi, poco meno di quanto l’Arsenal offriva a Patrick Vieira, uno dei più forti centrocampisti al mondo. Batistuta grande lo era stato, ma la sua ultima stagione, tra Roma e Inter, aveva messo in luce come a 34 anni non fosse più un giocatore al livello della Serie A. Sarebbe potuto tornare romanticamente in Argentina, o avrebbe potuto cercare un buon contratto in Giappone o negli Stati Uniti, e invece aveva scelto il Qatar.
Continua a leggere “2003, la scoperta del calcio in Qatar”La Coppa del Morto: la timeline dei Mondiali della Vergogna di Qatar 2022
Iniziano oggi, i Mondiali della Vergogna della mia generazione. Corruzione, sfruttamento, morti, violazioni dei diritti umani, sportwashing e, infine, le partite, come la miglior tradizione vuole. Negli ultimi anni, buona parte dell’attività di ricerca e divulgazione del sottoscritto è stata orientata ad approfondire quanto stava accadendo in Qatar, e molto di quel lavoro è poi confluito in un libro, La Coppa del Morto. Storia di un Mondiale che non dovrebbe esistere, pubblicato da Ultra Sport a fine settembre. Molto ma non tutto, perché ho consegnato il manoscritto all’editore che era maggio, e nei sei mesi successivi altre cose sono successe attorno al Mondiale, che ovviamente nel libro non ci sono. Prendete quello che segue come un compendio, se volete, o un riassunto di tutto quanto è successo dietro al torneo, in una serie di appunti che attraversano oltre dieci anni di storia del calcio e, parallelamente, anche della società in cui viviamo. Buona Coppa del Mondo.
Continua a leggere “La Coppa del Morto: la timeline dei Mondiali della Vergogna di Qatar 2022”Belounis, una storia di calcio e kafala in Qatar
L’Île-de-France è un nazione nella nazione, quell’area geopolitica che abbraccia Parigi e che da sola produce probabilmente più calciatori di talento di qualunque altra zona della Francia e alla pari di tanti veri e propri stati europei. Talmente tanti calciatori che non tutti riescono a sfondare in patria, e devono cercare fortuna all’estero, a volte anche in campionati di secondo piano. Inizia così il girovagare di Zahir Belounis, attaccante di origine algerina nato e cresciuto a Saint-Maur-des-Fossés – in una cittadina in cui circa il 15% della popolazione, quando lui era ragazzo, era composto da immigrati – che all’inizio degli anni Duemila ha iniziato a viaggiare tra le serie minori transalpine, poi in Malesia, Svizzera e infine Qatar. Si dice talvolta che il sogno di ogni nomade moderno sia la vita tranquilla dello stanziale: Belounis, in Qatar, finì per trovarsi costretto a rimanere.
Continua a leggere “Belounis, una storia di calcio e kafala in Qatar”Rivaldo sulle orme di Tamerlano
A metà luglio del 2008, una strana missiva arrivava dalle lontane terre dei khan: Samuel Eto’o aveva firmato con il Kuruvchi di Tashkent, in Uzbekistan. La notizia aveva del clamoroso, dato che Eto’o aveva appena 27 anni ed era una delle stelle del Barcellona. Era vero che il club blaugrana stava attraversando una fase di ricostruzione, con un nuovo allenatore e diversi giocatori importanti ceduti (Ronaldinho, Deco, Zambrotta), ma immaginare che anche il camerunense potesse andarsene era difficile. Specialmente perché l’Uzbekistan era un non-mondo fuori dall’universo del calcio, e quella squadra che rivendicava un contratto semestrale già firmato non l’aveva mai sentita nominare nessuno. I dirigenti del Barça risposero che non ne sapevano niente, ma anche se non potevano confessarlo quegli abitanti delle steppe avevano attirato la loro attenzione.
Continua a leggere “Rivaldo sulle orme di Tamerlano”Hidetoshi Nakata nella parte del divo
Hidetoshi Nakata, per me, è innanzitutto uno spazio vuoto su un album di figurine. Nell’estate del 1998, la notizia del suo acquisto da parte del Perugia aveva scatenato le suggestioni di tutti i piccoli italiani appassionati di calcio come me: era la realizzazione della promessa di Holly & Benji, che ogni pomeriggio ci raccontava questo improbabile mondo parallelo in cui il Giappone sfornava campioni da far impallidire Maradona. Così ero corso a guardare l’album Panini dei Mondiali che si erano appena conclusi in Francia, cercando la sua figurina e scoprendo con grande disappunto che non l’avevo mai trovata. Non sapevo che faccia avesse, Nakata, così potevo immaginarmelo come volevo.
Continua a leggere “Hidetoshi Nakata nella parte del divo”Arsène il giapponese
Continua a leggere “Arsène il giapponese”“Per me, un socialista è chi si affida alla connettività per risolvere i problemi della società. È necessario un ambiente collettivo, che possa favorire l’espressione dell’individuo.”
Arsène Wenger
Afghanistan: calcio, uomini e donne all’ombra dei Talebani
Continua a leggere “Afghanistan: calcio, uomini e donne all’ombra dei Talebani”“È straziante. Dopo vent’anni che tentiamo di uscire da tutto lo schifo che è successo, ora siamo punto a capo. È sconvolgente.”
Nadia Nadim
Arabia Saudita: la costruzione di una tradizione calcistica
Nell’estate del 1978, un Concorde atterrò a Riad, facendone scendere un 32enne mulatto dai capelli scompigliati e con un vistoso paio di baffi senza tempo: una folla era venuta a salutarlo come si sarebbe fatto con una star del cinema, solo per vederlo di sfuggita salire su una Rolls Royce e sfilare per le vie della città, diretto in uno dei nuovi lussuosissimi hotel. Fu un evento destinato a cambiare per sempre la storia del calcio arabo: era appena arrivato Roberto Rivellino.
Continua a leggere “Arabia Saudita: la costruzione di una tradizione calcistica”Giappone, 1968: calcio e rivolte
Per alcuni, il pareggio faceva comunque ben sperare: Australia – Giappone 2-2, doppietta del solito Kamamoto, e una buona prova in vista del torneo olimpico che si sarebbe disputato qualche mese dopo in Messico. Il calcio, in Giappone, stava crescendo, specialmente dopo l’exploit delle Olimpiadi casalinghe di quattro anni prima, quando era arrivata la clamorosa vittoria sull’Argentina, ma la verità è che il Paese aveva altri problemi a cui pensare. Il giorno dopo la partita, a Narita, poco a est di Tokyo, si erano verificati durissimi scontri tra studenti e polizia, e non erano i primi.
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