Il Mondiale di Menotti

“C’è un calcio di sinistra e uno di destra. I più generosi, i più artistici, i più colti sono sempre stati di sinistra. Un calcio aperto, vicino alla gente, l’orgoglio della rappresentatività e dell’appartenenza… Tutto ciò che predico suona più di sinistra che di destra. Poi c’è un altro calcio, a cui non importa della gente ma solo del risultato.” – César Luis Menotti

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L’allenatore e il giornalista nazista: quando Radomir Antić si scontrò con Hermann Tertsch

“Si sa che Hermann Tertsch è una nazista da tutta la vita”. Con queste parole, pubblicate nel settembre del 1995 sul magazine di El Mundo, la stagione calcistica spagnola si apre con un caso clamoroso. L’autore è uno degli uomini del momento nella Liga, intervistato per l’occasione dalla giornalista Carmen Rigalt: si chiama Radomir Antić, è uno jugoslavo della Vojvodina di 44 anni, e in estate ha assunto l’incarico di allenatore dell’Atlético Madrid, una nobile decaduta del calcio iberico ansiosa di tornare tra i grandi. L’oggetto del commento – il “nazista” – si chiama appunto Hermann Tertsch ed è uno dei più noti giornalisti di Spagna: ha solo 37 anni, ma da anni lavora per le principali testate del paese ed è diventato uno degli inviati più stimati e attenti della cronaca internazionale, e da qualche tempo è la firma di El País dal teatro balcanico, dove sta seguendo la sanguinosa guerra civile locale.

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La Rai contro Carosio: storia di un insulto razzista in diretta

L’Italia farebbe meglio a vincerla, questa partita. Anche perché l’avversario è molto più che abbordabile: Israele, all’esordio ai Mondiali, è una squadra modesta, specialmente di fronte ai campioni d’Europa in carica. Eppure è ancora 0-0, stesso risultato che si sta verificando anche a Puebla tra Svezia e Uruguay, che in virtù della differenza reti favorevole ai sudamericani piazza gli Azzurri come secondi nel girone. L’Italia, in realtà, in vantaggio ci andrebbe anche: Riva serve un cross per Burgnich che colpisce di testa e batte Vissoker, ma è in fuorigioco. E poi di nuovo un cross, alla mezz’ora del secondo tempo, e stavolta a staccare di testa c’è proprio Riva, che con una frustata mette nuovamente alle spalle del portiere israeliano. L’arbitro brasiliano De Moraes convalida, ma il guardalinee etiope Sejum Tarekegn alza la bandierina: non è gol nemmeno stavolta. Poi, però, accade qualcos’altro: non qualcosa che si vede, ma che si sente. Carosio, la voce storica del calcio italiano, ha pronunciato il primo insulto razzista della storia della nostra televisione.

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Joaquim Santana, dal campo alla prigione per la causa dell’indipendenza

Quando il Benfica sollevò la sua prima Coppa dei Campioni, il 31 maggio 1961, gran parte del merito era anche suo: le Águias avevano concluso una stagione eccezionale vincendo anche il campionato, e Joaquim Santana si era imposto come il terzo miglior realizzatore stagionale della squadra con 20 gol all’attivo, secondo solo al centravanti e capitano José Águas e all’ala destra José Augusto. Quella squadra eccezionale, allenata dall’ungherese Béla Guttmann, poteva fare affidamento su uno schieramento offensivo eccezionale, con Águas e Augusto a finalizzare, il genio di Mário Coluna a impostare il gioco, e in mezzo, come mezzala destra, proprio Santana, brillante dribblomane capace di accendere le partite e unire la tecnica individuale del trequartista alla capacità realizzativa dell’attaccante puro.

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Hiddink contro i nazisti

Il 9 febbraio 1992 si scrive una piccola ma significativa pagina della storia del calcio in Spagna. Allo stadio Lluís Casanova di Valencia si gioca una partita di metà campionato tra la squadra di casa, terza in classifica, e la sorpresa Albacete, neopromossa e quinta nella Liga, imbattuta da undici partite. Ma la storia dell’incontro non la fa tanto quel che succede in campo dopo il fischio d’inizio, ma bensì quando avviene oltre i bordi del rettangolo verde giusto prima del via. L’allenatore del Valencia, un 45enne olandese di nome Guus Hiddink, si avvicina a un membro del personale dello stadio durante il riscaldamento e gli indica un punto ai limiti del campo, oltre il fallo laterale, dove ci sono le transenne che separano i tifosi ospiti dal prato. “Togliete subito quella cosa, se no non si gioca” dice secco Hiddink. Quella cosa è una bandiera con una svastica.

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Un aborigeno ai Mondiali

La strada tra Peakhurst e Berlino Ovest sembrava spropositata. Calcare il campo dell’Olympiastadion faceva tremare le gambe, e quello stadio semivuoto (anche se quasi 15.000 presenti non erano certo meno del pubblico con cui erano soliti confrontarsi in Australia) amplificava ulteriormente quella sensazione abbacinante. A 23 anni, quello era il suo momento: lo aveva inseguito a lungo, aveva messo da parte il rugby – prendendosi non pochi insulti, per questo – per poter esser un calciatore squattrinato che adesso stava giocando il Mondiale. Harry Williams sentiva di far parte di una squadra di pionieri: i primi Socceroos a giocare la Coppa del Mondo. Avevano perso le prime due partite, in cui lui non era sceso in campo, e per la terza gara del girone contro il Cile speravano almeno in un pareggio. Una stoica resistenza contro i giocolieri sudamericani, che avevano bisogno di una vittoria per passare il turno. A una decina di minuti dalla fine, il ct Rašić aveva tolto Colin Curran per inserire un giocatore fresco ed energico come Williams, subito dopo che Ray Richards si era preso il secondo giallo, assestando un brutto colpo alle speranze australiane.

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L’anglo-italiano: una storia del calciomercato

6-0. È la peggior sconfitta della storia inglese. Per gli italiani, che sono campioni del mondo in carica, è una vittoria storica, che vendica il 2-3 subito a Wembley nel 1934. Ovviamente è tutta una fantasia: ad affrontarsi non sono state due nazionali, ma delle selezioni locali, da una parte un gruppo di soldati britannici e dall’altra dei ragazzi di Soverato, vicino Catanzaro. I soldati sono arrivati da qualche mese: nell’estate del 1943 hanno iniziato a bombardare la zona, per neutralizzare l’insidiosa batteria di contraerea locale, poi sono sbarcati e hanno occupato la città. La guerra si sta mettendo abbastanza bene, dopo l’8 settembre l’Italia ha abbandonato la Germania e si è ritirata dal conflitto. Soverato adesso è già nelle retrovie, e il calcio è il modo migliore per passare il tempo. In questa zona così remota del Sud Italia, i soldati alleati hanno trovato un ragazzo di 18 anni che gioca in porta e che sa parlare inglese, che ha fatto da tramite per organizzare la partita. Il suo nome è Gigi Peronace, e mentre la guerra si avvia verso la fine lui inizia a porre le basi per rivoluzionare il mondo del calcio.

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Perico Escobal, il capitano repubblicano del Real Madrid

Ci sono i Mondiali in Corea e Giappone, e ci sono gli Stati Uniti che stanno sorprendendo tutti nel torneo, arrivando infine allo storico risultato dei quarti di finale. C’è poi un cadavere, abbandonato da qualche parte in una cella frigorifera di un obitorio dell’Upper West Side di Manhattan, di cui nessuno si è occupato. Nessuno è venuto a piangerlo o a reclamarlo per le esequie funebri, a cui dovrà pensare quindi l’amministrazione cittadina. Non è uno di quei senzatetto di cui la città è drammaticamente strapiena, ma un signore distinto, mancato nel fiore dei suoi 99 anni, un immigrato che però ha vissuto per più di metà della sua vita a New York. Tre anni fa è morta sua moglie, e non gli è rimasto più nessuno. Alcuni dicono fosse stato un calciatore, in un tempo molto lontano. Lui raccontava più che altro di essere un esule, scappato da morte certa.

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