L’allenatore e il giornalista nazista: quando Radomir Antić si scontrò con Hermann Tertsch

“Si sa che Hermann Tertsch è una nazista da tutta la vita”. Con queste parole, pubblicate nel settembre del 1995 sul magazine di El Mundo, la stagione calcistica spagnola si apre con un caso clamoroso. L’autore è uno degli uomini del momento nella Liga, intervistato per l’occasione dalla giornalista Carmen Rigalt: si chiama Radomir Antić, è uno jugoslavo della Vojvodina di 44 anni, e in estate ha assunto l’incarico di allenatore dell’Atlético Madrid, una nobile decaduta del calcio iberico ansiosa di tornare tra i grandi. L’oggetto del commento – il “nazista” – si chiama appunto Hermann Tertsch ed è uno dei più noti giornalisti di Spagna: ha solo 37 anni, ma da anni lavora per le principali testate del paese ed è diventato uno degli inviati più stimati e attenti della cronaca internazionale, e da qualche tempo è la firma di El País dal teatro balcanico, dove sta seguendo la sanguinosa guerra civile locale.

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Tito contro la Torcida

La mattina del 29 ottobre 1950, la quiete della soleggiata città costiera di Spalato venne scossa dall’improvviso arrivo in città di un centinaio di studenti chiassosi come non se n’erano mai visti. Erano appena scesi alla stazione da un treno proveniente da Zagabria, e stavano attraversando la città diretti verso lo stadio Stari Plac suonando trombe, campanelli e sonagli e fischiando rumorosamente. Il loro passaggio si fece particolarmente sentire sotto le finestre di un hotel del centro, dove era alloggiata la Stella Rossa di Belgrado, ospite a Spalato in vista della partita che si sarebbe dovuta giocare di lì a poco contro la squadra locale, l’Hajduk. Questo gruppo di scalmanati portava bandiere con il bianco tipico della formazione dalmata, e rappresentava qualcosa di mai visto nel calcio balcanico. Gli studenti croati si facevano chiamare con un esotico nome portoghese, Torcida.

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La vita oltre la guerra: la storia di Aleksandar Đurić

Il kayak non è certo uno degli sport più seguiti al mondo, ma per gli appassionati, nel 1987, c’era un nome che iniziava a farsi largo, attirando l’attenzione di molti: Aleksandar Đurić. Era un ragazzo di 17 anni di un villaggio della Bosnia che due anni prima aveva conquistato il titolo juniores jugoslavo, e in quel momento era il numero 8 al mondo. Flashforward: 20 anni dopo. Lo stesso Aleksandar Đurić esordiva per la prima volta con una rappresentativa nazionale, ma stavolta non si trattava di kayak bensì di calcio, e la selezione non era bosniaca o comunque balcanica, ma quella di Singapore. Nel corso di due decenni, il mondo aveva sconvolto la sua vita, prima ancora che la sua carriera sportiva.

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La guerra nei Balcani non cominciò al Maksimir

È una storia che abbiamo letto spesso: 13 maggio 1990, stadio Maksimir, la Dinamo Zagabria ospita la Stella Rossa di Belgrado in un match fondamentale in ottica scudetto. La tensione è alta, non solo per motivi sportivi, e alla fine esplode in scontri che arrivano anche in campo; un calciatore della squadra di casa, il 21enne Zvonimir Boban, colpisce con un calcio un poliziotto che sta aggredendo un tifoso. Un fotografo è lì e scatta la foto del momento. La Jugoslavia si dissolverà nel turbinio delle guerre civili, e la battaglia del Maksimir diverrà nota come la bomba che fece esplodere il paese.

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Bora a Udine

A Trieste, la gente ha una certa conoscenza della bora, il forte vento che arriva dai Balcani e spazza la città, il porto, il mare. Appena un poco più a nord, a Udine, la bora non arriva. Ci arrivò, invece, nell’autunno del 1987, Bora, che allora era poco più che un bizzarro personaggio delle panchine di calcio.

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Dall’Est all’Ovest: Storia dei campioni del calcio comunista oltre la Cortina di Ferro

“Una cortina di ferro è calata sul fronte russo. Non sappiamo cosa stia succedendo dietro di essa.” – Winston Churchill

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La Croazia e quel discorso in sospeso con la Storia

“Dovete capire una cosa sulla gente croata. Dopo tutto quello che ci è successo, dopo la guerra, siamo più forti. Quello che abbiamo passato è stato molto duro. Oggi siamo persone difficili da rompere. E siamo determinati nel dimostrare che possiamo raggiungere il successo.” – Luka Modric

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