Hiddink contro i nazisti

Il 9 febbraio 1992 si scrive una piccola ma significativa pagina della storia del calcio in Spagna. Allo stadio Lluís Casanova di Valencia si gioca una partita di metà campionato tra la squadra di casa, terza in classifica, e la sorpresa Albacete, neopromossa e quinta nella Liga, imbattuta da undici partite. Ma la storia dell’incontro non la fa tanto quel che succede in campo dopo il fischio d’inizio, ma bensì quando avviene oltre i bordi del rettangolo verde giusto prima del via. L’allenatore del Valencia, un 45enne olandese di nome Guus Hiddink, si avvicina a un membro del personale dello stadio durante il riscaldamento e gli indica un punto ai limiti del campo, oltre il fallo laterale, dove ci sono le transenne che separano i tifosi ospiti dal prato. “Togliete subito quella cosa, se no non si gioca” dice secco Hiddink. Quella cosa è una bandiera con una svastica.

Hiddink è una figura che sta facendo molto parlare, in Spagna, a livello sportivo. Il Valencia lo ha ingaggiato l’estate precedente per sostituire l’uruguayano Víctor Espárrago, l’uomo che aveva riportato la squadra ai vertici del campionato spagnolo, chiudendo una volta terzo e un’altra secondo. Sull’olandese, i Blanquinegres puntano molto per tornare a vincere un titolo che manca dalla Supecoppa europea del 1981. Hiddink ha una fama di allenatore prodigio, ma che deve affrettarsi a confermare: nel 1988, alla sua prima esperiena in panchina, ha raggiunto un successo incredibile, portando il PSV Eindhoven a vincere la sua prima Coppa dei Campioni, poi però ha deciso a sorpresa di andare a lavorare in Turchia, vivendo una pessima stagione, nel 1990/91, al Fenerbahçe, chiudendo solo quinto in classifica. Il Valencia è la sua occasione di riscatto, in un campionato di primo piano in Europa e in un club ambizioso. Il suo rinomato gioco offensivo deve esaltare le qualità dell’attacco composto dal campione bulgaro Lyuboslav Penev e dal promettente brasiliano Leonardo.

È nato nel 1946 a Varsseveld, una cittadina dell’Olanda centrale, non lontano dal confine tedesco. Suo padre Gert, un maestro di scuola, durante l’occupazione nazista rischiò la vita dando rifugio e aiuto a piloti alleati abbattuti e a cittadini ebrei: per questo ricevette anche una medaglia da parte dell’allora generale americano Dwight Eisenhower. All’inizio del 1945, meno di due anni prima della sua nascita, alcuni partigiani antifascisti avevano dato fuoco a un’automobile con all’interno quattro ufficiali tedeschi. Le autorità naziste avevano reagito prelevando 46 persone a caso dal vicino carcere di Doetinchem, dove erano detenuti anche vari membri della Resistenza locale, le avevano condotte sulla Rademakersbroek, la strada appena fuori dal paese, e le avevano fucilate per rappresaglia. Un eccidio spietato e feroce, in un momento in cui la Germania aveva ormai perso la guerra: meno di un mese dopo i fatti di Varsseveld, i nazisti avevano dovuto ritirarsi a causa dell’avanzata anglo-americana, e di lì a poco la guerra avrebbe avuto termine.

L’Olanda aveva subito oltre 300.000 morti a causa dell’occupazione nazista, di cui più di 100.000 erano ebrei: significa tre quarti della popolazione ebraica locale precedente al conflitto. Al suo arrivo in Spagna, Hiddink si è probabilmente portato dietro questo bagaglio culturale, ritrovandosi però in un ambiente abbastanza differente da quello da cui proveniva. La Spagna era rimasta fuori dalla Seconda Guerra Mondiale, ma il suo governo dell’epoca, il regime di Francisco Franco, era legatissimo all’Asse nazifascista, anche se dopo la fine del conflitto si era riciclato come forza anti-comunista vicina agli Stati Uniti. La dittatura era caduta nel 1975, ma la destra radicale e nostalgica era sopravvissuta, e sebbene marginalizzata a livello politico aveva finito per trovare progressivamente spazio sugli spalti degli stadi di calcio, spesso cullata dalle dirigenze dei club. All’inizio degli anni Ottanta erano emersi a Madrid gruppi ultras caratterizzati da ideali neofascisti, come il Frente Atlético dell’Atlético Madrid, se non addirittura neonazisti, come gli Ultras Sur del Real Madrid. Anche Barcellona, tradizionalmente considerata una città fortemente antifascista, aveva conosciuto il fenomeno, attraverso le franchiste Brigadas Blanquiazules dell’Espanyol e i naziskin Boixos Nois del Barcellona.

La bandiera nazista tra i tifosi dell’Albacete.

“Quando vedo una cosa del genere non posso restare zitto. – spiega Hiddink ai media spagnoli dopo la partita – È sbagliato rimanere passivi davanti a queste cose. Attualmente sono gruppi piccoli, e non credo succederà nulla, ma io voglio schierarmi e rifiuto il nazismo”. Il tecnico olandese è una ventata di freschezza in un calcio che per tradizione non affronta quasi mai tematiche politiche, e in un paese in cui molti pensano che l’estrema destra sia ormai un fenomeno relegato a un distante passato. Hiddink ha una sensibilità rara: già nel turno precedente ha fatto sospendere la diffusione nello stadio del Valencia di alcuni video del pre-partita che utilizzavano scene tratte dal film Rambo, sulla Guerra nel Vietnam. “Erano immagini del napalm, di combattimento, della guerra. Ho chiesto che non le mostrassero più” aveva spiegato. La guerra gli fa schifo, come può fare schifo a chi è nato da dei sopravvissuti a uno dei periodi più cruenti e spietati della storia recente.

“Hiddink diventa così la prima figura pubblica dello sport spagnolo che agisce contro i simboli fascisti in campo” scrive Vicente Bau su El País, nei giorni successivi. In Spagna, la nuova legge sullo sport approvata appena due anni prima vieta l’esibizione di simbologie che incitano alla violenza, eppure riferimenti nazi-fascisti compaiono di frequente negli stadi di calcio, e nessuno riesce a farli togliere né a individuare e sanzionare i responsabili. Ci è voluto quest’uomo dall’Olanda per combinare finalmente qualcosa. Il suo gesto travalica i confini dello sport, e anche la politica nazionale – che in questo momento è in mano al governo di sinistra di Felipe González – esprime la sua vicinanza all’allenatore. Alla sede del Valencia arriva un telegramma di Esquerra Unida che si congratula con lui, e anche il senatore del PSOE Bernardo Bayona, celebra pubblicamente la figura di Hiddink. Nei giorni che seguono, diversi commentatori televisivi e anche alcuni club citano il tecnico olandese come un modello da seguire per far fronte alla crescita dell’estrema destra nel tifo sportivo.

Curiosamente, a chi invece la cosa non sembra aver fatto molto piacere è Arturo Tuzón, cioè il presidente del Valencia. È stato il primo a intervenire sulla vicenda, prima ancora della fine della partita contro l’Albacete, quando interrogato a quel proposito aveva negato che Hiddink avesse fatto rimuovere alcunché: “È impossibile. Come può l’allenatore accorgersi di cosa succede sugli spalti? Il suo lavoro è in campo”. Ma quando è poi stato lo stesso tecnico valenciano a confermare l’accaduto, Tuzón si è risolto a parlargliene di persona, per chiarigli come stavano le cose: mentre pubblicamente tutti si complimentano con l’olandese, il suo presidente gli dice di evitare altri atteggiamenti di quel tipo. “Non ti lasciare coinvolgere in queste faccende: tu pensa al calcio, niente di più” gli comunica, pochi giorni dopo l’accaduto, il consiglio di amministrazione del club. Hiddink obietta, però: “Io mi faccio coinvolgere in ciò in cui dobbiamo essere coinvolti tutti”.

Alla fine, Hiddink sarà comunque libero di pensare solo al calcio, dato che episodi come quello contro l’Albacete non si ripresenteranno fortunatamente più. Purtroppo, però, nonostante un gioco convincente il Valencia non riuscrà a tornare a vincere il titolo che tanto i tifosi speravano. Nelle due stagioni in cui Hiddink è rimasto alla guida del club, la squadra è arrivata due volte quarta, senza mai riuscire a farsi largo nelle coppe europee. Ci metterà del tempo per dimostrare di essere davvero il grande allenatore visto ad Eindhoven: negli anni successivi guiderà, tra alterne fortune, la nazionale olandese, il Real Madrid e il Betis, vincendo in realtà solo un trofeo, la Coppa Intercontinentale alla guida dei Blancos. Il successo gli capiterà addosso un po’ per caso, conducendo a sorpresa la Corea del Sud a un eccezionale quarto posto ai Mondiali del 2002, ottenendo il ritorno in Europa proprio al PSV, dove tutto era iniziato. Nel novembre del 2002, Guus Hiddink tornò in Spagna per ricevere dalla Fundación Ernest Lluch un premio “per la difesa della civiltà nel calcio”, grazie alla sua piccola battaglia di dieci anni prima.

Hiddink al suo arrivo come allenatore del Valencia.

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Fonti

BAU Vicente, Hiddink ordenó retirar una pancarta con símbolos nazis en el campo del Valencia, El País

CHILET Vicent, Treinta años del gesto antifascista de Hiddink, Levante – El Mercantil Valenciano

CROSETTI Maurizio, Viaggio pagato agli ultras del Real, La Repubblica

SEGURA Arnau, Cuando Hiddink dijo no al fascismo, Panenka

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