Un campo da calcio, un pallone che rotola, ventidue giocatori. L’ala destra prende il pallone, semina i difensori, tira e batte il portiere. C’è solo un particolare: tutti questi nomi andrebbero messi al femminile, perché in campo ci sono delle donne, anche se siamo nel lontano 1896. È il Mrs. Graham XI, la prima squadra di calcio femminile della storia, fondata nel 1881 dalla scozzese Helen Graham Matthews. Ah no, c’è un altro particolare: la ragazza che gioca all’ala destra si chiama Emma Clarke, ha solo vent’anni ed è una calciatrice di grande talento, forse la più forte in Inghilterra e, quindi, nel mondo. Ed è nera.
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“Possiamo giocare, ma non allenare”
“Ci sono circa 500 giocatori in Premier League, e un terzo di loro sono neri. Eppure non abbiamo qualcuno che ci rappresenti nelle istituzioni, o negli staff tecnici.” Lo ha detto alla BBC Raheem Sterling, attaccante del Manchester City e della nazionale inglese da sempre molto attento alle problematiche razziali nel calcio. Fa un certo effetto, specialmente se implicitamente siamo portati a considerare il calcio come un ambiente meritocratico. Ma il dato è inequivocabile: i massimi campionati europei sono da anni pieni di calciatori neri, eppure pochissimi di questi riescono a trovare lavoro come allenatori ad alti livelli.
Soccer e giustizia per George Floyd
Abbiamo visto il messaggio sui social di Jérôme Boateng, difensore del Bayern Monaco e della nazionale tedesca; abbiamo visto Marcus Thuram del Borussia Mönchengladbach inginocchiarsi dopo un gol, citando Colin Kaepernick, e poi Jadon Sancho e Achraf Hakimi, entrambi del Borussia Dortmund, esporre magliette dedicate a George Floyd. Ma un gesto altrettanto importante, ma di cui si è parlato meno a causa della scarsa fama del calciatore, è stato quello di Weston McKennie, 21enne centrocampista in forza allo Schalke 04, sceso in campo con una fascia dedicata a George Floyd.
Whites vs Blacks: Una storia di calcio inglese e razzismo
Len Cantello è un ragazzone di 28 anni, folta chioma bionda e volto squadrato e spigoloso, come certi divi del cinema del decennio precedente. Nelle Midlands occidentali, è un idolo: è uno che ci è praticamente nato, al West Bromwich Albion, anche se la carta d’identità dice Manchester; è entrato nei Baggies a 18 anni, nel 1967, e ne ha attraversato oltre un decennio. Non certo il più brillante dei giocatori, Cantello è un mediano di fatica, di quelli destinati all’anonimato tra il grande pubblico e alla gloria imperitura tra pochi fedelissimi fan. D’altro canto, il suo WBA non è stato certo uno dei più memorabili della storia: Cantello ha fatto in tempo a vincere una FA Cup nel 1968, per poi vivere diverse stagioni d’anonimato e Second Division, fino al 1977 e all’arrivo in panchina di Ron Atkinson e a un clamoroso terzo posto nella stagione appena conclusa, quella del 1978-79. Ma i mediani, a furia di correre per tutti, invecchiano in fretta.
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Storia del tifo razzista a Verona
“Oggi gli ultras veronesi sono fra i più scalmanati d’Italia: tirano petardi persino sulle tribune e sui pompieri che stanno pronti a bordo campo con gli idranti aperti.” – Roberto Bianchin (1989)
Il razzismo che il calcio continua a tollerare
Kalidou Koulibaly ha sbagliato ad applaudire l’arbitro Mazzoleni. Ma quell’applauso ha un contesto ben chiaro, che non si limita ai cori razzisti che lo hanno accompagnato fin dal primo minuto, e che non sono bastati – in barba alle regole e alle promesse di Lega e Federcalcio – a provocare la sospensione di Inter-Napoli. Il contesto è quello di un paese in cui il razzismo è sempre stato tollerato, e oggi è addirittura al governo. Continua a leggere “Il razzismo che il calcio continua a tollerare”