Lui gioca a calcio, e sa da anni che nel suo mestiere bisogna prendersi gli applausi come i fischi. Ma c’è un limite che non può essere superato, che è quello della schifosa parola con la ‘n’ che centinaia di tifosi avversari gli riversano addosso. Così, Paul Ince si ferma e risponde con un applauso sarcastico ai sostenitori della Cremonese. L’arbitro, Graziano Cesari, gli va incontro e lo ammonisce: non si provocano i tifosi, dice il regolamento. “Penso che in Italia la Federazione dovrebbe prendere delle decisioni forti. – spiega Ince, intervistato dopo il match – Il rischio è che i giocatori di colore, e nel mondo ce ne sono tanti di bravi, abbiano dei dubbi a venire in Italia. Non sarebbe un bene per questo calcio”. È il 6 aprile 1996, e questo ragazzo inglese di 28 anni ha dato un allarme. Nessuno lo ascolterà.
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Nyers, storia di un apolide immaginario
Gli anni dell’immediato dopoguerra furono quelli in cui il calcio italiano risollevava spiritualmente il Paese e preparava il terreno al boom economico degli anni Cinquanta. Una delle scintille che portarono a quell’esplosione fu, in un certo senso, il ricchissimo acquisto fatto dall’Inter nell’estate del 1948, quando il presidente Masseroni strappava allo Stade Français il suo fuoriclasse, Étienne Nyers. Per riscattare la deludente stagione passata, la società nerazzurra puntava forte sul gioco offensivo del tecnico gallese John Astley e su una serie di importanti acquisti, dato che oltre a Nyers erano arrivati Gino Armano dall’Alessandria e Amedeo Amadei dalla Roma: l’obiettivo era quello di interrimpere il dominio del Grande Torino e imporsi come nuova potenza del calcio italiano. Lo scudetto non arrivò, ma i gol di Nyers aprirono una nuova fase della storia dell’Inter, portandola a pieno titolo nel novero delle grandi della Serie A.
Continua a leggere “Nyers, storia di un apolide immaginario”Ibra, Lukaku, periferie e aristocrazie
Qualche sera fa l’Italia ha assistito alla quasi rissa tra due calciatori in diretta tv. No, meglio: ha assistito a un pezzo di calcio di periferia trapiantato alla Scala del calcio, in uno dei principali palcoscenici sportivi del mondo. Ed è ovviamente rimasta inorridita, come si resta sempre inorriditi quando ci si trova davanti ai ragazzi che dalle periferie affluiscono al centro e si ostinano a non voler abbandonare quel modo di fare così “periferico”.
Continua a leggere “Ibra, Lukaku, periferie e aristocrazie”Il razzismo che il calcio continua a tollerare
Kalidou Koulibaly ha sbagliato ad applaudire l’arbitro Mazzoleni. Ma quell’applauso ha un contesto ben chiaro, che non si limita ai cori razzisti che lo hanno accompagnato fin dal primo minuto, e che non sono bastati – in barba alle regole e alle promesse di Lega e Federcalcio – a provocare la sospensione di Inter-Napoli. Il contesto è quello di un paese in cui il razzismo è sempre stato tollerato, e oggi è addirittura al governo. Continua a leggere “Il razzismo che il calcio continua a tollerare”
I padroni del calcio: Italo Allodi
La storia è quasi da film, quella di un signor nessuno che attraverso il duro lavoro arriva sulla vetta, e di fatto scrive le pagine del calcio italiano. Non “alcune delle più belle pagine”, ma proprio tutte. Nel 1955, Italo Allodi – 31 anni, originario di Asiago e reduce da una carriera da mediano di scarsissimo valore – è segretario generale del Mantova, semisconosciuto club della IV Serie: nel giro di pochi anni, le sue mani stringeranno quelle di alcuni dei più importanti calciatori al mondo, solleveranno i trofei più prestigiosi e plasmeranno uomini destinati a dominare il calcio italiano subito dopo il suo ritiro. Continua a leggere “I padroni del calcio: Italo Allodi”