Whites vs Blacks: Una storia di calcio inglese e razzismo

Len Cantello è un ragazzone di 28 anni, folta chioma bionda e volto squadrato e spigoloso, come certi divi del cinema del decennio precedente. Nelle Midlands occidentali, è un idolo: è uno che ci è praticamente nato, al West Bromwich Albion, anche se la carta d’identità dice Manchester; è entrato nei Baggies a 18 anni, nel 1967, e ne ha attraversato oltre un decennio. Non certo il più brillante dei giocatori, Cantello è un mediano di fatica, di quelli destinati all’anonimato tra il grande pubblico e alla gloria imperitura tra pochi fedelissimi fan. D’altro canto, il suo WBA non è stato certo uno dei più memorabili della storia: Cantello ha fatto in tempo a vincere una FA Cup nel 1968, per poi vivere diverse stagioni d’anonimato e Second Division, fino al 1977 e all’arrivo in panchina di Ron Atkinson e a un clamoroso terzo posto nella stagione appena conclusa, quella del 1978-79. Ma i mediani, a furia di correre per tutti, invecchiano in fretta.

Questa storia parte con lui, ma non è la sua, sebbene il suo addio al WBA sia lo scenario prestabilito: la stagione è appena conclusa, siamo a maggio del 1979, e il club vuole organizzare un match d’addio per Len Cantello, che a breve si trasferirà in seconda divisione al Bolton. È saltata fuori un’idea bizzarra, ma che ha fatto immediatamente colpo: da un lato il West Bromwich Albion con Len Cantello e solo giocatori bianchi, dall’altro una selezione di calciatori neri.

Un passo indietro. Di neri, nel calcio europeo, se ne sono sempre visti pochi: la maggior parte in Francia e Portogallo, come Raoul Diagne ed Eusébio. Solitamente, non li si ritiene particolarmente bravi a giocare a pallone (i brasiliani, Pelé in testa, avrebbero qualcosa da ridire). La prima squadra dell’Africa nera ai Mondiali è comparsa solo cinque anni prima, e non ha fatto una gran figura. Il Regno Unito si ritiene una società di lunga tradizione cosmopolita, e la mera statistica gli dà ragione: il primo calciatore nero del campionato locale, Arthur Wharton, risale addirittura agli anni Ottanta dell’Ottocento, e dopo di lui ce ne sono stati diversi altri. Le loro carriere, però, hanno avuto tutte un unico tratto distintivo: il razzismo. Dixie Dean, stella dell’Everton degli anni Trenta, una volta si ritrovò a doversi menare con un tifoso che lo insultava per il colore della pelle; Steve Mokone, primo grande calciatore nero sudafricano, ricevette insulti razzisti da un dirigente del Coventry negli anni Cinquanta; nei primi Settanta, sia Clyde Best che Ade Coker, entrambi del West Ham United, venivano regolarmente bersagliati da cori scimmieschi da parte dei loro stessi tifosi. E questi sono solo i casi più noti.

L’opinione comune è di lasciar correre ogni insulto, concentrarsi sul gioco e imparare a farseli scivolare addosso; anzi, meglio: usarli come motivazione. Il razzismo è un problema sempre più evidente nella società britannica: nei primi anni Settanta, i neofascisti del National Front ottengono importanti risultati nelle elezioni locali; proprio a West Bromwich, nel 1973, raggiungono il 16% dei voti. E tuttavia, in questo periodo la presenza di calciatori neri nel campionato di calcio cresce notevolmente, e molti di questi sono tra i giocatori più validi della lega. Nel 1978, il difensore del Nottingham Forest Viv Anderson diventa il primo nero a vestire la maglia dell’Inghilterra.

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Len Cantello, a destra, stringe la mando a Cyrille Regis. Il primo vanta 301 presenze e 13 reti con il WBA, mentre il secondo 241 partite e 81 goal. L’altra grande squadra della carriera di Regis sarà poi il Coventry City.

Dal suo ritorno in Premier Division nel 1976, il West Bromwich Albion ha rafforzato la propria rosa con ben tre giocatori di colore: l’elegante ala sinistra del Leyton Orient Laurie Cunningham, il terzino destro ex-Cambridge United Brandon Batson, e il centravanti caraibico Cyrille Regis. L’idea di una sfida bianchi contro neri in onore di Len Cantello nasce proprio perché il WBA è la squadra in cui giocano tre dei migliori calciatori neri del paese. È a loro che la dirigenza affida il compito di selezionare la squadra che si opporrà ai Whites del West Bromwich, in cui figurano una leggenda come Tony Brown, la promessa Bryan Robson, e addirittura il veterano Johnny Giles.

Cunningham, Batson e Regis sono noti come The Three Degrees, dal nome di un terzetto vocale femminile afroamericano, molto in voga in quest’epoca. Due di loro hanno alle spalle una storia d’immigrazione: Batson è nato a Grenada e a raggiunto il Regno Unito all’età di nove anni, ha iniziato a giocare a calcio ed è divenuto il primo nero professionista nell’Arsenal, prima di passare al Cambridge e diventare il pupillo di Ron Atkinson, che poi se lo proterà nelle Midlands. Regis viene dalla Guyana francese, ma suo padre era un bracciante di St. Lucia; è arrivato in Europa a quattro anni e, prima di essere scoperto dal WBA, giocava a livello dilettantistico e si manteneva facendo l’elettricista. Solo Cunningham è nato in Inghilterra, nel quartiere popolare di Archway, nella parte nord di Londra, da un fantino di origine giamaicana, e fin da giovane si è messo in mostra per il suo dribbling eccezionale.

L’idea, ai Three Degrees, piace. Per una volta, non saranno in inferiorità numerica; avranno una squadra tutta loro, di giocatori neri, e saranno 11 contro 11 con i bianchi. Forse è troppo, vederci una qualche presa di posizione politica: la partita d’addio di Len Cantello è forse un momento di rivalsa sportiva per dei giocatori a lungo sottovalutati per il colore della pelle, ma si tratta pur sempre di un’esibizione amichevole che i giocatori, da una parte e dall’altra, prendono con un certo divertimento.

Tra i pali c’è Derek Richardson, semisconosciuto secondo portiere del Queen’s Park Rangers. In difesa, accanto a Batson, il giovane Larry May del Leicester City, appena rientrato da un brutto infortunio; il rude terzino ventenne del Wolverhampton Bob Hazell, in procinto di trasferirsi al QPR; e, sempre dai Wolves, l’ottimo centrale gallese-giamaicano George Berry. Berry è uno di quei rari casi di giocatori che, a lasciarsi scivolare addosso gli insulti razzisti, proprio non ci riesce: poco tempo fa, dopo delle offese razziste da parte di un suo tifoso, Berry lo ha raggiunto sugli spalti e lo ha steso con un pugno. Ed è finito arrestato dalla polizia.

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George Berry con la maglia del Wolverhampton, per cui ha giocato 124 partite, segnando 4 reti. Successivamente, sarà un importante elemento nello Stoke City.

Con Cunningham sulla sinistra, l’ala destra è affidata a Winston White, sotto contratto con il Leicester ma vicino al passaggio al più modesto Hereford United, in quarta serie. In mezzo, lo sconosciuto Vernon Hodgson fa coppia con la promessa delle giovanili del WBA Remi Moses, su cui Atkinson punta per rimpiazzare proprio il partente Cantello. Di punta, in appoggio a Regis, c’è il bomber anglo-giamaicano dello Stoke City Garth Crooks. Pronti a subentrare, dalla panchina, il difensore Valmore Thomas del Coventry, il centrocampista Stewart Phillips del Hereford e la punta Ian Benjamin dello Sheffield United, anche lui prossimo al trasferimento nelle Midlands.

La squadra dei Blacks – esclusi i Three Degrees e Berry – è un insieme di giocatori di bassa categoria o molto giovani, che rispecchia alla perfezione un ambiente in cui, nonostante le recenti aperture, per un ragazzo di colore è ancora difficile avere l’opportunità di giocare ad alti livelli. Tra quelli che ci arrivano, poi, ancora meno riescono a confermarsi, e non solo per le solite ragioni tecniche o mentali: i continui insulti che un giocatore nero subisce sui campi inglesi degli anni Settanta minano la fiducia e la voglia di giocare di molti, che prima o poi scelgono di mollare.

Nessuno dei ragazzi convocati nella squadra di Len Cantello ha anche solo una vaga idea di cosa significhi. I Whites, in verità, non si rendono nemmeno conto di cosa voglia dire quell’amichevole che stanno per giocare: per loro si tratta di un gioco, una comunissima partitella d’allenamento tra amici e colleghi. La differenza si nota anche sugli spalti: numerosi tifosi neri arrivano al The Hawthorns, più di quanti se ne vedano di solito. Lo stadio, generalmente, rischia di essere un luogo ostile ai neri, a quelli in campo quanto, ancor di più, a quelli in tribuna o in curva. Ma l’occasione è speciale: vedere una squadra di soli neri in campo, non succede spesso; anzi, a dire il vero, non succede quasi mai. Un anno prima si sono tenuti i Mondiali in Argentina: senza squadre dell’Africa sub-sahariana qualificate, i pochi neri in campo erano nel Brasile o nella Francia, tipo Marius Trésor.

Quello che succede il 15 maggio 1979 a West Bromwich, non fa storia. Non si verifica alcun tipo di incidente, nessun episodio di razzismo, niente di ciò che alcuni politici locali avevano paventato già a gennaio, quando per la prima volta era emersa l’dea della partita, chiedendo al WBA di tornare sui suoi passi. Ai gol di Robson e di Alistair Brown, rispondono Cunningham, Phillips e Crooks, stabilendo il risultato sul 3-2 in favore dei Blacks. È una sorpresa, ma la partita del The Hawthorns non cambia nulla.

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Proprio nell’estate del 1979, Laurie Cunningham lasciò il WBA per un clamoroso trasferimento al Real Madrid. La sua carriera proseguì soprattutto fuori dall’Inghilterra fino al 1989 quando, da giocatore del Rayo Vallecano, morì in un incidente d’auto.

Anzi, nel decennio che si approssima incominciare, il razzismo diventerà un problema sempre più forte nella società britannica. Nel 1981, il diciannovenne attaccante di origine caraibica Paul Canoville verrà accolto dagli insulti dei suoi stessi tifosi, il giorno del debutto con la maglia del Chelsea. Sei anni più tardi, i fan dell’Everton tireranno una banana in campo a John Barnes, centrocampista del Liverpool nato in Giamaica, accompagnanodolo per tutta la partita con il coro “Everton are white”. Tra i bersagli preferiti dai tifosi razzisti per tutto il decennio ci saranno anche due dei giocatori del Black All-Stars del 1979, Garth Crooks e Cyrille Regis. Quando otterrà la sua prima convocazione nella nazionale inglese, nel 1982, Regis riceverà anche un proiettile per posta, accompagnato da una lettera con su scritto: “Se metterai piede sul nostro campo di Wembley, riceverai uno di questi nelle ginocchia”.

Ma il Regno Unito ha altro a cui pensare, che non ai diritti dei neri. Sono gli anni di Margareth Tatcher, la Iron Lady eletta a capo del governo appena due settimane prima della partita del The Hawthorns, che guiderà il paese per oltre un decennio. Sono gli anni in cui i diritti delle classi subalterne vengono ridotti, non aumentati, e in cui i problemi negli stadi riguardano il tifo violento e non il razzismo. Si dirà poi che l’Inghilterra ha saputo risolvere alla radice la questione degli hooligans, dopo le tragedie dell’Heysel e di Hillsborough, nel 1985 e nel 1989; il tifo razzista, sempre più preda dei partiti di estrema destra, rimarrà invece ben nascosto sotto il tappeto del calcio inglese.

 

Fonti

BURNTON Simon, The West Bromwich testimonial when black players took on a team of white players, The Guardian

CHILES Adrian, The match that pitted white players against black players, BBC

SELF Janine, Regis on Big Ron, racism and dead threats sent with a bullet, Sports Journalist’ Association

 

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