L’interrogazione portava la firma di cinque deputati socialisti – Mauro Del Bue, Francesco De Carli, Roberta Breda, Giorgio Gangi e addirittura il Questore della Camera Francesco Colucci. In essa, si faceva richiesta al Ministro del turismo e dello spettacolo, con competenza sullo sport, Franco Carraro – un socialista che era già stato due volte a capo della FIGC e a lungo presidente del CONI – se fosse al corrente delle minacce rivolte a Ronny Rosenthal. In particolare, se fosse a conoscenza del perché l’Udinese aveva deciso di non ingaggiarlo: se per questioni fisiche, come era stato detto in via ufficiale, o se invece non c’entrasse il “clima di intolleranza e di intimidazione che qualche esagitato ha creato attorno all’origine ebrea del calciatore”. Il caso Rosenthal prometteva di scuotere le pagine del giornali non solo sportivi, in quella fine di luglio del 1989.
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Bora a Udine
A Trieste, la gente ha una certa conoscenza della bora, il forte vento che arriva dai Balcani e spazza la città, il porto, il mare. Appena un poco più a nord, a Udine, la bora non arriva. Ci arrivò, invece, nell’autunno del 1987, Bora, che allora era poco più che un bizzarro personaggio delle panchine di calcio.
Il razzismo che il calcio continua a tollerare
Kalidou Koulibaly ha sbagliato ad applaudire l’arbitro Mazzoleni. Ma quell’applauso ha un contesto ben chiaro, che non si limita ai cori razzisti che lo hanno accompagnato fin dal primo minuto, e che non sono bastati – in barba alle regole e alle promesse di Lega e Federcalcio – a provocare la sospensione di Inter-Napoli. Il contesto è quello di un paese in cui il razzismo è sempre stato tollerato, e oggi è addirittura al governo. Continua a leggere “Il razzismo che il calcio continua a tollerare”