Non è stata la prima volta che il calcio si è intersecato con la guerra. Non è stata la prima volta che dei calciatori si sono espressi pubblicamente su questioni politiche. Eppure lo sentiamo che questa è stata una prima volta: l’invasione russa dell’Ucraina ha scatenato una serie di reazioni forti e inaspettate non solo nell’opinione pubblica, ma anche nel comportamento degli stati e delle organizzazioni internazionali. Le sanzioni sul settore energetico e quelle contro gli oligarchi, le multinazionali che abbandonano la Russia, le grandi associazioni sportive che espellono le federazioni russe, i club che prendono le distanze da certi sponsor, il Chelsea messo all’angolo. Qualcuno potrebbe chiamarla addirittura una rivoluzione, ma in realtà – purtroppo – non lo sarà.
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Il Brasile sulle rive del Donets
Il pioniere è un lungagnone di 22 anni che fa la punta, ha una buona tecnica e se la cava bene nel gioco aereo: è un centravanti che unisce l’efficacia europea alla tecnica sudamerica, e può dare il giusto mix di concretezza offensiva – che interessa all’allenatore – e spettacolarità – che invece interessa ai tifosi. Evaeverson Lemos da Silva, in arte Brandão è un pioniere perché si tratta del primo brasiliano che sia mai arrivato a Donetsk, vasto insediamento industriale nell’Ucraina orientale a 750 km da Kiev, la periferia della periferia del calcio europeo.
Dall’Est all’Ovest: Storia dei campioni del calcio comunista oltre la Cortina di Ferro
“Una cortina di ferro è calata sul fronte russo. Non sappiamo cosa stia succedendo dietro di essa.” – Winston Churchill