Il calcio europeo sta invertendo la rotta su Israele. Ma servirà a qualcosa?

Il 13 agosto, durante la Supercoppa europea tra PSG e Tottenham, la UEFA ha portato in campo un messaggio che recitava: “Basta uccidere i bambini, basta uccidere i civili”. Anche senza espliciti riferimenti, è stato chiaro a tutti che si stava parlando del massacro in corso in Palestina. Solo pochi giorni prima, la stessa UEFA aveva inaspettatamente pubblicato sui social un ricordo di Suleiman Al-Obeid, il cosiddetto “Pelé palestinese”, ucciso in un attacco israeliano mentre era in fila per gli aiuti umanitari. Anche in quel caso non c’era alcun riferimento alle circostanze della sua morte, ma pochi hanno sottolineato l’importanza politica di quel piccolo gesto: la UEFA aveva chiaramente fatto qualcosa di irrituale, commemorando la morte di un giocatore che non aveva nulla a che fare con il calcio europeo, cioè con il suo ambito di competenza.

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Il gesto sbagliato alle persone sbagliate

Il 16 marzo 2013, nei minuti finali della partita contro il PAE Veria, Giorgos Katidis segna una rete importantissima. È la sua seconda con la maglia dell’AEK Atene, ma soprattutto è quella che dà la vittoria al club giallo-nero: tre punti di cui l’AEK ha bisogno come dell’ossigeno, perché si trova a fondo classifica e rischia una storica retrocessione. Katidis ha da poco compiuto vent’anni, è un brillante trequartista arrivato l’estate prima dell’Aris Salonicco per 100.000 euro ed è ritenuto una delle più interessanti promesse del calcio greco: l’AEK fa grande affidamento su di lui, per i prossimi anni. Ma dopo aver segnato il gol, Katidis va sotto la sua curva – dove sta una delle tifoserie più radicalmente antifasciste d’Europa – e alza il braccio destro, facendo un saluto nazista.

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Appunti sparsi per una storia sociale del calciomercato

Non c’è estate senza calciomercato. In queste settimane è tutto un fiorire di analisi, indiscrezioni, colpi di scena e opinioni tattiche; eppure paradossalmente il calciomercato in sé è uno dei fenomeni meno studiati e analizzati del calcio contemporaneo. Chi ha provato a fare qualche lavoro più approfondito su questo tema, ha finito sempre per fermarsi sulla superficie: la storia del calciomercato come la storia dei trasferimenti dei giocatori, delle cifre di cartellini e stipendi, dei metodi di contrattazione, dei club e dei campionati dominanti. Mentre invece la parte più interessante e suggestiva è un’altra: il calciomercato come storia di chi i trasferimenti di giocatori li racconta, dei metodi e dei canali che i giornalisti hanno usato e usano per parlarne. Perché acquisti e cessioni esistono da quando esiste il calcio (prima ancora del professionismo), ma solo di recente il calciomercato è diventato davvero un fenomeno culturale pervasivo.

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Salah Djebaïli, il calciatore intellettuale che finì ucciso dai terroristi

Alla fine della giornata di lavoro, il professor Salah Djebaïli uscì dall’istituto e si diresse verso la sua auto, nel parcheggio dell’Università delle Scienze e delle Tecniche di Bab-Ezzouar, nella zona est di Algeri. Appena salito in macchina, vide avvicinarsi dei ragazzi: non fece in tempo a pensare se fosse studenti che volevano parlargli o qualcun altro, che quelli aprirono il fuoco. Il rumore degli spari arrivò fino al cortile dell’università, facendo accorrere il personale della sicurezza. Salah Djebaïli giaceva nella vettura in una pozza di sangue: non respirava più, il suo battito s’era fermato. Era il terzo dirigente universitario assassinato nell’ultimo anno, ma se si consideravano tutti gli intellettuali del paese il numero delle vittime superava abbondantemente la ventina. L’Algeria era in una sorta di guerra civile.

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Sócrates in Italia

Il suo arrivo in Italia è roboante: la Fiorentina ha accettato di versare 5 miliardi di lire al Corinthians, e di darne più di uno a stagione al giocatore. Sono cifre impressionanti, anche se perfettamente in linea con la folle estate del calciomercato del 1984, in cui l’Inter ha sborsato 8,5 miliardi al Bayern per Rummenigge e il Napoli ha raggiunto i 13 miliardi per strappare Maradona al Barcellona. La Fiorentina è un club ambizioso, e per questo ha deciso di non badare a spese pur di assicurarsi uno dei migliori centrocampisti al mondo e uno dei calciatori più discussi a livello globale, per il suo insolito atteggiamento da intellettuale. Sócrates ha 30 anni, è il leader del Brasile e in patria è molto conosciuto per essere un oppositore politico del regime militare e uno dei fautori del curioso progetto di autogestione del Corinthians – la Democracia Corinthiana – che ha portato in dote al club paulista due titoli statali.

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Come Luciano divenne Eriberto, e poi tornò Luciano

Lo chiamano il “Chievo dei miracoli”. È una piccola squadra di un quartiere di Verona, al primo anno di Serie A della sua storia, ma gioca bene e dopo otto giornate è da sola prima in classifica. In campo ci sono illustri sconosciuti che stanno però iniziando a farsi un nome nel calcio italiano: Simone Lanna, Bernardo Corradi, Federico Cossato, Simone Perrotta, Massimo Marazzina, Cristiano Lupatelli, Eugenio Corini. Li allena un friulano di nome Luigi Delneri, pure lui alla prima esperienza in A, dopo una carriera passata soprattutto in C2: gioca con un 4-4-2 semplice ed efficace, che valorizza il gioco in verticale e il talento dei suoi due esterni di centrocampo, Christian Manfredini ed Eriberto. Quest’ultimo, brasiliano di 22 anni, è il fiore all’occhiello del Chievo, e si prevede già possa essere uno degli uomini mercato dell’estate del 2002. C’è solo un problema: Eriberto, in realtà, non è il suo nome e non ha 22 anni, ma 26.

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Quando Neil Lennon si ritirò dalla Nazionale a causa del settarismo

“È davvero un peccato che finisca tutto così” commentò Neil Lennon, parlando al telefono con Jim Stokes, giornalista della BBC in Irlanda del Nord, dalla propria casa a Lurgan. Era la tarda serata di giovedì 22 agosto 2002, e si era appena conclusa l’amichevole tra la selezione di Belfast e quella di Cipro. Lennon avrebbe dovuto giocare e, per la prima volta, indossare la fascia da capitano, dopo essere ormai da qualche anno il calciatore nordirlandese più conosciuto e importante in circolazione. Ma appena era stato annunciato che il ct Sammy McIlroy lo aveva scelto come capitano, gli uffici di Belfast della BBC avevano ricevuto una telefonata anonima di un uomo che minacciava di assassinarlo se non avesse rinunciato alla fascia. Informato dalla polizia, secondo cui la chiamata era stata fatta dal gruppo paramilitare Loyalist Volunteer Force, il centrocampista aveva deciso di non scendere proprio in campo contro Cipro. Poco dopo, parlando con Stokes, aveva aggiunto che non avrebbe mai più vestito la maglia dell’Irlanda del Nord.

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La Juventus e la rivoluzione

La storia è la seguente. È un lunedì mattina di grande fermento, a Botteghe Oscure, la sede del Partito Comunista Italiano a Roma. Si dev’essere probabilmente da qualche parte tra la fine degli anni Quaranta e l’inizio degli anni Cinquanta, ma nessuno ha mai riportato alcuna data. A tenere banco è un infervorato Pietro Secchia, il responsabile della propaganda del partito e uno degli esponenti comunisti più radicali. Secchia ha un programma politico ben preciso: il PCI deve innanzitutto organizzare una rivoluzione, se necessario anche armata, per rovesciare il governo conservatore filo-americano e imporre al potere il socialismo di stampo sovietico. Tutti, nel partito, conoscono le sue posizioni, anche se gran parte del PCI ora è più favorevole a una politica di integrazione pacifica col sistema democratico. A guidare questa fazione è il segretario generale Palmiro Togliatti, che secondo la storia, stanco della ben nota retorica di Secchia, gli rivolge una domanda provocatoria: “Cos’ha fatto ieri la Juventus?”. Secchia ammutolisce e, da non appassionato di pallone, non sa che rispondere, così Togliatti lo incalza: “E tu pretendi di fare la rivoluzione senza conoscere i risultati della Juventus?”.

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“Non si gioca coi fascisti”: Cile-Scozia 1977

Alcune persone si sono radunate fuori da Wembley, ma non sono lì per entrare nello stadio e guardare la partita. È il 4 giugno 1977 e si gioca un’amichevole tra Inghilterra e Scozia, ma tra gli appassionati di calcio della selezione ospite da qualche settimana non si fa che parlare della prossima partita che dovrà disputare la Tartan Army, a Santiago del Cile. Vari attivisti di sinistra reggono uno striscione con su scritto: “Fermate la partita della vergogna!”. Meno di quattro anni prima i militari hanno preso il potere con la forza nel paese sudamericano, rovesciando il governo democraticamente eletto del socialista Salvador Allende. Ma non è solo la brutalità del regime cileno a legittimare chi protesta contro la partita: la Scozia dovrà giocare nello stadio Nacional, che nei giorni successivi al golpe è stato usato come campo di concentramento e di tortura per migliai di dissidenti politici. Le foto hanno fatto il giro del mondo.

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