Alla fine della giornata di lavoro, il professor Salah Djebaïli uscì dall’istituto e si diresse verso la sua auto, nel parcheggio dell’Università delle Scienze e delle Tecniche di Bab-Ezzouar, nella zona est di Algeri. Appena salito in macchina, vide avvicinarsi dei ragazzi: non fece in tempo a pensare se fosse studenti che volevano parlargli o qualcun altro, che quelli aprirono il fuoco. Il rumore degli spari arrivò fino al cortile dell’università, facendo accorrere il personale della sicurezza. Salah Djebaïli giaceva nella vettura in una pozza di sangue: non respirava più, il suo battito s’era fermato. Era il terzo dirigente universitario assassinato nell’ultimo anno, ma se si consideravano tutti gli intellettuali del paese il numero delle vittime superava abbondantemente la ventina. L’Algeria era in una sorta di guerra civile.
Continua a leggere “Salah Djebaïli, il calciatore intellettuale che finì ucciso dai terroristi”Tag: Africa
Makana, il calcio tra i prigionieri di Robben Island
Da Cape Town si saliva su un’imbarcazione e si veniva condotti su un’isolotto 13 km più a nord della costa. Si attraccava a Murray Bay, nella parte settentrionale dell’isola, e da lì caricati su un mezzo motorizzato per compiere il breve tragitto verso la prigione. Da quando, secoli prima, erano arrivati gli europei, Robben Island era praticamente sempre stata un carcere, ma dal 1961, con il National Party al potere, un’ampia ala della struttura era stata destinata ai prigionieri politici. Costretti a spaccare le rocce nella vicina cava, quando non segregati in isolamento; picchiati dalle guardie, umiliati dalle ispezioni corporali, denutriti. Era il luogo in cui venivano relegati e dimenticati coloro che osavano opporsi al regime dell’apartheid, uomini senza speranza. Eppure avevano un pallone, formavano delle squadre, giocavano: all’interno del carcere avevano costruito un mondo parallelo in cui il calcio li rendeva liberi.
Continua a leggere “Makana, il calcio tra i prigionieri di Robben Island”Ruanda, lo sport come strumento di guerra e di regime
Nel gennaio del 2025 la milizia M23 ha preso il controllo di Goma, la principale città del Nord Kivu, una provincia orientale della Repubblica Democratica del Congo. Solo in quei giorni si è iniziato timidamente a parlare anche qui in Europa di un conflitto che va avanti ufficialmente dal 2022, ma che in realtà è in corso almeno dal 2004. Non è un segreto per nessuno che il M23, che è composto principalmente da congolesi di etnia tutsi, sia direttamente appoggiato dal vicino Ruanda, che è interessato dalle ingenti risorse minerarie della regione. Nonostante le accuse del governo di Kinshasa e le conferme del coinvolgimento ruandese da parte dell’ONU, la comunità internazionale non sembra avere alcun concreto interesse ad agire contro Kigali. Questo perché negli ultimi vent’anni il suo governo è riuscito a stabilire solidi rapporti diplomatici e commerciali in tutto il mondo, dall’Europa al Medio Oriente, usando in particolare lo sport come strumento di soft power.
Continua a leggere “Ruanda, lo sport come strumento di guerra e di regime”Darius Dhlomo: calciatore e insegnante nel Sudafrica dell’apartheid
Continua a leggere “Darius Dhlomo: calciatore e insegnante nel Sudafrica dell’apartheid”“Aiutare gli altri mi ha dato un grande spinta nella vita. Ma io non parlavo per le persone: insegnavo loro come parlare per sé. Ero solo uno strumento, e mi piaceva.” – Darius Dhlomo
Gullit contro l’apartheid
Il 29 dicembre 1987, France Football assegna il Pallone d’Oro a Ruud Gullit, a coronamento di un anno strepitoso del 25enne attaccante nativo di Amsterdam. Ha segnato 28 gol in 37 partite nella stagione precedente con la maglia del PSV Eindhoven, che ha condotto alla vittoria del campionato, e in estate è passato al Milan per la cifra record di 13,5 miliardi di lire, diventando immediatamente il leader offensivo dei rossoneri. Gullit è anche il primo olandese dopo 13 anni a vincere il Pallone d’Oro, e il primo nero dopo 22 anni, quando il premio andò a Eusébio. Nel ricevere il riconoscimento come miglior calciatore in Europa, l’olandese decide di fare una dedica destinata a fare discutere: “Questo è per Nelson Mandela”.
Continua a leggere “Gullit contro l’apartheid”Joaquim Santana, dal campo alla prigione per la causa dell’indipendenza
Quando il Benfica sollevò la sua prima Coppa dei Campioni, il 31 maggio 1961, gran parte del merito era anche suo: le Águias avevano concluso una stagione eccezionale vincendo anche il campionato, e Joaquim Santana si era imposto come il terzo miglior realizzatore stagionale della squadra con 20 gol all’attivo, secondo solo al centravanti e capitano José Águas e all’ala destra José Augusto. Quella squadra eccezionale, allenata dall’ungherese Béla Guttmann, poteva fare affidamento su uno schieramento offensivo eccezionale, con Águas e Augusto a finalizzare, il genio di Mário Coluna a impostare il gioco, e in mezzo, come mezzala destra, proprio Santana, brillante dribblomane capace di accendere le partite e unire la tecnica individuale del trequartista alla capacità realizzativa dell’attaccante puro.
Continua a leggere “Joaquim Santana, dal campo alla prigione per la causa dell’indipendenza”Ritorno a Kinshasa
L’indipendenza era stata tanto agognata quanto effimera. Le grandi speranze trasportate dalla voce di Patrice Lumumba si erano dissolte in fretta come il suo governo, durato pochi mesi prima di essere travolto dalla guerra civile, e lo stesso Lumumba catturato e ucciso dalle truppe del generale Joseph-Désiré Mobutu. Mentre s’impegnava a sedare i conflitti e ad assicurarsi il controllo di tutto il paese, il generale iniziava anche a pensare di rimpatriare i calciatori emigrati all’estero negli anni passati. Mobutu aveva in mente un feroce nazionalismo altamente simbolico, basato sul controllo delle risorse congolesi, fossero esse minerarie o sportive. Nel 1965, dopo aver deposto anche il Presidente Joseph Kasa-Vubu, assumeva il pieno potere, e poteva così dare il via al suo progetto: iniziava il ritorno dei calciatori a Léopoldville, che da quel momento in avanti sarebbe divenuta nota con il suo nome in lingala, cioé Kinshasa.
Continua a leggere “Ritorno a Kinshasa”Domande (e risposte) non scontate sul calcio africano
La Coppa d’Africa è iniziata, e questo per il pubblico del calcio europeo significa sostanzialmente una cosa: un mese di lamentele perché alcuni importanti giocatori si assentano dai club per disputare un torneo di cui quasi a nessuno, nel Vecchio Continente, importa qualcosa. Il fatto la Coppa d’Africa riguardi un pubblico potenziale di 1,2 miliardi di persone (in Europa siamo 746 milioni, per dire) non sembra essere abbastanza rilevante, in questo discorso. In generale, quando si parla del calcio africano ci si porta sempre dietro un bagaglio di stereotipi culturali figli del colonialismo ottocentesco di cui molte persone neppure si rendono conto. Di alcuni di questi si era già scritto nelle scorse settimane, ma la contemporaneità del torneo della CAF offre l’occasione per approfondire la questione, anche se in modo un po’ diverso dal solito. Di seguito trovate una serie di domande sul calcio africano a cui potrete provare a dare una risposta, e probabilmente scoprirete che la realtà storica è molto diversa da quello che verrebbe da pensare. Prendetelo come un piccolo gioco sui pregiudizi.
Continua a leggere “Domande (e risposte) non scontate sul calcio africano”Il calciatore che divenne Premio Nobel
Continua a leggere “Il calciatore che divenne Premio Nobel”“Quel poco che so della morale l’ho appreso sui campi di calcio e sulle scene del teatro, che resteranno le mie vere università.”
Albert Camus
Il calcio e gli stregoni
Renato Sanches si è rivolto a uno stregone per “guarire” da una maledizione che lo tormenta e che sarebbe la causa dei suoi numerosi infortuni. L’avete sentito dire anche voi, vero? Non c’è nulla di strano, visto che a pubblicare questa notizia, martedì mattina, è stata addirittura La Repubblica, che è poi stata ripresa dai numerosissimi siti di news che gravitano attorno alla galassia romanista, ovviamente sempre in maniera del tutto acritica. Al punto che lo stesso centrocampista è dovuto intervenire poche ore dopo per spiegare che non era assolutamente vero: il quotidiano aveva semplicemente interpretato in modo molto libero una frase di Sanches, che scherzando con un ex compagno di squadra aveva detto che forse qualcuno gli ha fatto una maledizione, visti tutti i guai fisici che sta avendo. Se avesse avuto la pelle bianca, probabilmente chiunque avrebbe colto al volo che non stava parlando sul serio. Tipo in questo recente articolo del Corriere dello Sport sulla “maledizione” di Allegri, che non aveva mai battuto in casa propria una squadra allenata da Ranieri: nessuno ha pensato neppure per un istante che sul serio fosse stato lanciato il malocchio sul tecnico della Juventus.
Continua a leggere “Il calcio e gli stregoni”