Pochi giocatori hanno incarnato il calcio inglese degli anni Novanta quanto Matthew Le Tissier, o Matt Le God, fenomenale giocoliere dal fisico totalmente sgraziato, per 16 anni simbolo del Southampton. Nell’epoca in cui sorgeva la Premier League, un campionato zeppo di stelle internazionali e allenatori rivoluzionari, Le Tissier tenne l’Inghilterra ancorata a una tradizione di iconici campioni di provincia, capaci di stabilire record su record senza vincere un trofeo e vestendo la maglia della Nazionale solo per delle comparsate. Una delle più sincere figure romantiche del calcio contemporaneo, al punto che non si vorrebbe credere che sia la stessa persona che oggi vaneggia sui social di complotti e altre baggianate destrorse.
Questo quadro terrificante, degno di un incubo di Goya, inizia a prendere forma nel giugno 2020, quando Le Tissier si presenta negli studi di Sky Sport, dove lavora da qualche tempo come opinionista, con uno stemma di Black Lives Matter sulla giacca, ma tenendoci a precisare: “Lo indosso solo perché me l’hanno chiesto i miei capi”. Chi lo segue sui social sa che da tempo la sua opinione sul movimento antirazzista, divenuto centrale nel dibattito da circa un mese a causa dell’assassinio di George Floyd negli Stati Uniti, è decisamente critica. “Condivido la causa – spiega, lui che si è sempre dichiarato antirazzista e solo un anno prima aveva sostenuto la campagna di boicottaggio dei social promossa dalla PFA contro il razzismo – ma non posso stare dalla parte di questa organizzazione”.
I motivi sono presto detti: per l’ex-stella dei Saints, BLM è “un’organizzazione neo-marxista” favorevole alla riduzione dei fondi alla polizia e nemica del capitalismo, due cose che Le Tissier ritiene assolutamente inaccettabili. La sua opinione, dice, è supportata dalla maggioranza del paese, quella che si identifica con i tifosi che poi inizieranno a fischiare i giocatori che s’inginocchiano prima delle partite. A proprio sostegno cita Karl Henry, ex-centrocampista afrobritannico di Stoke City, Wolverhampton e QPR nel corso dell’ultimo ventennio: noto sostenitore del Conservative Party e di Boris Johnson, Henry ritiene che BLM sia “un’organizzazione divisiva” e che “la maggioranza dei britannici è stufa di questa gente”.
Le Tissier si definisce un centrista, equidistante sia dalla destra che dalla sinistra e a favore di politiche liberali: non stupisce, allora, che il suo problema con BLM sia dovuto alle posizioni di estrema sinistra di parte dei suoi componenti piuttosto che al tema del razzismo. Per certi versi lo potremmo definire un anarco-liberale, propugnatore di un’idea di libertà individuale molto radicale, probabilmente maturata nel particolare contesto di Guernsey, l’isola del Canale della Manica in cui è nato e cresciuto. Fino al febbraio 2020, qui non esistevano partiti politici, sebbene l’isola goda di una marcata forma di autonomia rispetto al Regno Unito: alle elezioni locali si sono sempre presentati candidati indipendenti, solitamente orientati al centro o al centro-destra. Una semi-utopia liberale, che però nasconde aspetti di forte conservatorismo: la partecipazione delle donne alla vita politica, ad esempio, è ancora oggi molto bassa; la locale legge sull’aborto risale solo al 1997, ed è stata riformata a fatica nel luglio 2021, estendendo il limite da 12 a 24 settimane. Infine, la comunità di colore denuncia da tempo la sottovalutazione del razzismo sull’isola, e in generale in tutte le isole della Manica.

Il 2020 è stato un anno difficile per tutti. Le proteste di Black Lives Matter si sono sommate al dramma globale della pandemia del Covid-19, a sua volta sopraggiunto sui preesistenti problemi dovuti alla crisi economica e a quella climatica. Una tempesta perfetta che ha generato grande confusione politica a più livelli e ha, ad esempio, fatto scivolare molti centristi verso posizioni di destra radicale: l’opposizione a BLM in quanto movimento neo-marxista fa parte di queste, perché prende a pretesto un aspetto secondario delle proteste per condannarle in toto, ponendo così un forte ostacolo a un’effettiva presa di coscienza del razzismo nella società occidentale. Ma ovviamente, non ci si ferma qui.
Allo scoppio della pandemia, Le Tissier ha iniziato a criticare l’allarmismo dei media sul nuovo coronavirus, criticando l’azione del governo britannico e la soluzione del lockdown. Partito da una preoccupazione personale per lo stato dell’economia e la limitazione delle libertà individuali, ha intrapreso un percorso che lo ha portato rapidamente molto lontano. Ha iniziato a diffondere tweet che mettevano in dubbio l’efficacia dell’uso delle mascherine contro la circolazione del virus, poi a criticare la “propaganda Covid” del governo (suggerendo un parallelo con la “propaganda” sul cambiamento climatico), infine ha pubblicato un tweet che paragonava le leggi anti-pandemia al Nazismo: “La gente che nascose Anna Frank infrangeva la legge. La gente che la uccise la seguiva”. Il messaggio è stato poi rimosso dopo molte critiche, e Le Tissier si è scusato dicendo che le sue parole erano state decontestualizzate per fare polemica contro di lui.
Il che non ha impedito a Le God di proseguire nella sua catabasi dantesca. Nel marzo del 2021 ha commentato la notizia della morte di John Magufuli, presidente della Tanzania e negazionita del Covid, morto dopo aver contratto il virus: Le Tissier suggeriva che Magufuli fosse stato ucciso per le sue posizioni scettiche sulla pandemia, e a riprova di ciò allegava un editoriale contro il presidente tanzaniano pubblicato sul Guardian e sponsorizzato dalla Bill & Melinda Gates Foundation. Qualche mese dopo, assistendo al drammatico collasso in campo di Christian Eriksen durante Danimarca-Finlandia degli Europei, Le Tissier lasciò intendere che la causa doveva essere una reazione avversa al vaccino contro il Covid-19.
Oggi, il suo profilo Twitter è un guazzabuglio in cui trovano spazio fake news anti-vacciniste, negazionismo climatico e teorie cospiratorie e vittimiste. Tra i suoi ultimi post, c’è un retweet a favore di Patrick Henningsen, giornalista recentemente bannato da Twitter: Henningsen è il fondatore del sito cospirazionista 21st Century Wire, un uomo che si è formato sul sito neofascista InfoWars e specializzatosi in particolare nel negazionismo dell’Olocausto e altre bufale antisemite, per poi arrivare naturalmente al complottismo dietro al Covid-19 e a tutte quelle storie su Bill Gates e i vaccini-killer. Tra i tweet di Le Tissier ci sono diverse “denunce” della censura del potere verso le persone che “dicono la verità sulla pandemia”, e inviti a partecipare alla protesta prevista per il 9 novembre davanti all’Assemblea nazionale gallese di Cardiff, che in quella data voterà l’estensione del passaporto vaccinale.

Se si vuole tracciare un parallelo tra la storia del calciatore e quella dell’uomo, viene da dire che alla fine Matthew Le Tissier è sempre stato un individualista anarcoide già quando stava in campo. Refrattario agli schemi tattici, disinteressato alle indicazioni degli allenatori, fedele devoto del gesto estemporaneo: la carriera di Le God è stata tutta un tributo a sé stesso, trascorsa per intero in un club di secondo piano in cui però poteva fare tutto quello che voleva, senza la pressione di giocare con gli altri e di dover vincere titoli. Il suo modo di stare in campo è il suo modo di stare al mondo: non c’è comunità, c’è l’individuo. Politicamente, questo si traduce in un liberalismo sfrenato, nel rifiuto di qualsiasi imposizione, ed evidentemente nell’assoluta incapacità di scendere a patti con traumi come il razzismo dilagante e la pandemia. Davanti ad essi Le Tissier, così come molti altri, ha semplicemente alzato un muro: è tutto falso, è tutto un complotto.
Fonti
–WILLIAMS Tom, Matthew Le Tissier and the Cosmic Right, New Socialist