“Ora in Turchia non si può giocare una regolare partita di calcio” dice Gianni Agnelli. È la tesi che porta avanti la Juventus: la gara va spostata in campo neutro, per evidenti ragioni di sicurezza. Il comitato esecutivo della UEFA si è riunito straordinariamente il 24 novembre per decidere, appena un giorno prima della partita: il verdetto sarebbe atteso per le 15.00, ma fino alle 19.00 i dirigenti del calcio europeo stanno ancora discutendo. E se ne escono con un compromesso che non soddisfa nessuno: Galatasaray-Juventus si giocherà a Istanbul a porte aperte, ma la settimana successiva, il 2 dicembre. Alle spalle di tutto questo c’è un uomo che con il calcio non c’entra nulla: si chiama Abdullah Öcalan, ha 49 anni, ed è il fondatore del PKK, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan. A sinistra è ritenuto un simbolo della lotta per i diritti umani del popolo curdo, ma la Turchia, gli Stati Uniti e l’Unione Europea lo considerano un pericoloso terrorista.
È l’autunno del 1998, e l’Italia vive un momento storico. Da fine ottobre, per la prima volta nella sua storia, ha un Presidente del Consiglio proveniente dalle fila dell’ex-PCI, Massimo D’Alema, e la sinistra è addirittura a tutti gli effetti nella maggioranza di governo con il Partito dei Comunisti Italiani, Oliviero Diliberto è Ministro di Grazia e Giustizia. È in questo contesto che il governo più a sinistra della storia della Penisola si trova tra le mani la patata bollente di Öcalan. Il leader dei curdi ha appena perso la protezione della Siria di Hafiz al-Asad, già ai ferri corti con la Turchia per il controllo dell’Eufrate, e vaga per l’Europa in cerca di asilo politico insieme a un gruppo di guardie del corpo che sono in realtà agenti segreti greci col compito di proteggerlo dai turchi sulle sue tracce. È arrivato nella Russia di Yeltsin, che però non intende dargli rifugio se non per pochi giorni. Lì lo raggiunge Ramon Mantovani, deputato del partito di opposizione Rifondazione Comunista, che lo trasporta al sicuro in Italia: è il 12 novembre, e circa due settimane dopo i campioni d’Italia della Juventus devono giocare a Istanbul in Champions League.
Le tensioni crescono immediatamente. Il governo conservatore di Süleyman Demirel esige che l’Italia consegni immediatamente Öcalan alla Turchia; se questo non accadrà, è implicito che ci saranno delle grosse ripercussioni a livello economico, visti i numerosi accordi tra i due paesi: l’Italia è il secondo partner commerciale della Turchia per le importazioni. Ma il governo D’Alema subisce anche le pressioni della sinistra italiana, schierata completamente dalla parte dei curdi, da sempre repressi da Ankara. Poi, a un livello più alto, c’è anche la questione giuridica: il governo italiano non ha facoltà di concedere l’asilo politico, compito che spetta alla magistratura, i cui tempi sono però molto lunghi. Inoltre, per i crimini di cui è accusato in Turchia Öcalan rischia la pena di morte, e questo complica l’estradizione dall’Italia. La speranza di D’Alema è che il cancelliere tedesco, il socialdemocratico Gerhard Schröder, faccia a sua volta richiesta d’estradizione per Öcalan, ricercato anche in Germania, così da scaricare tutto su di lui. Ma Schröder, che è stato nominato pochi giorni dopo D’Alema, preferisce evitare di gettarsi in una crisi diplomatica come sua prima mossa di governo.
In tutto questo intrigo, incolpevole, c’è la Juventus. È la squadra che ha dominato il calcio italiano e internazionale degli ultimi anni: dall’arrivo in panchina di Marcello Lippi, nell’estate del 1994, ha vinto tre scudetti, una Coppa Italia, due Supercoppe italiane, una Champions League, una Supercoppa europea e una Coppa Intercontinentale, e ha raggiunto altre due finali di Champions e una di Coppa UEFA. Ma in questa stagione i bianconeri non stanno convincendo molto: la campagna acquisti estiva è stata abbastanza piatta, e quando Öcalan arriva in Italia i ragazzi di Lippi sono secondi in classifica dopo nove giornate. La distanza dalla sorprendente Fiorentina di Trapattoni è di solo un punto, ma tutti si aspettano qualcosa di più: la Juventus ha già perso col Parma e pareggiato con Vicenza e Udinese, e il 15 novembre è caduta 2-0 all’Olimpico contro la Roma di Zeman, facendosi da essa riprendere al secondo posto. Una settimana dopo, con il caso del dissidente curdo ormai scoppiato, i bianconeri pareggiano ancora, 0-0 al Delle Alpi contro l’Empoli quartultimo.

La decisione del rinvio di una settimana del match di coppa contro il Galatasaray provoca polemiche in Turchia: il vicepresidente del club di Istanbul Atilla Donat accusa che la decisione della UEFA avvantaggia la Juventus, che potrà recuperare alcuni giocatori infortunati, e minaccia di rifiutare il rinvio. Ma la questione, più che sportiva, è chiaramente politica. In Turchia monta una forte campagna anti-italiana, con un’emittente televisiva che arriva a mostrare un fotomontaggio di Öcalan in maglia bianconera. Il clima è così teso che il Beşiktaş, acerrimo rivale del Galatasaray, propone di rinviare il derby di campionato previsto per il 29 novembre, per consentire ai cugini di preparsi al meglio per battere la Juventus. Ci sono proteste sotto l’ambasciata italiana ad Ankara e il consolato a Istanbul, vengono bruciate bandiere tricolori e intonati cori contro gli italiani. A guidare le manifestazioni ci sono i Bozkurtlar, “Lupi Grigi”, un movimento di ultradestra che, sebbene sia accusato di diversi attentati terroristici di stampo nazionalista, è ampiamente tollerato dal governo turco. I giornalisti italiani rimuovono gli adesivi delle loro emittenti e si sincerano di parlare solo in inglese per non essere identificati. “I titoli dei giornali di oggi sono terribili” commenta a La Repubblica, affranto, il console generale Roberto Pietrosanti.
“È solo una partita, le misure di sicurezza saranno rafforzate” assicura il centrocampista rumeno Gheorghe Hagi, che pochi anni prima giocava al Brescia e adesso è la stella del Galatasaray. Dal canto loro, i turchi sono una squadra di tutto rispetto: hanno vinto gli ultimi due campionati e sono ormai una presenza fissa ai gironi di Champions League. Li allena Fatih Terim, l’uomo che nel 1996 ha qualificato la Turchia agli Europei per la prima volta nella storia, e in campo ci sono alcuni dei migliori calciatori turchi in attività: Bülent Korkmaz, Okan Buruk, Tugay Kerimoğlu, Ümit Davala, Arif Erdem e anche l’ex-Torino Hakan Şükür. E poi gli stranieri, ovviamente: oltre al già citato Hagi, il connazionale Gheorghe Popescu (che ha giocato con PSV Eindhoven, Tottenham e Barcellona) in difesa, e tra i pali il portiere del Brasile, ex di Parma e Reggiana, Cláudio Taffarel. Il Galatasaray guida il girone di Champions League, che comprende anche Athletic Bilbao e Rosenborg, ha fatto 2-2 a Torino all’andata, e in casa non perde praticamente mai.
Zinédine Zidane e Angelo Di Livio guidano la protesta pubblica dei giocatori della Juventus, che minacciano di non andare in Turchia. “Ho visto in tv le bandiere italiane bruciate in Turchia, ho visto le facce di quella gente arrabbiata. Paura è la parola giusta” dichiara il francese, secondo cui con una settimana di tempo in più la situazione può solamente peggiorare. “Non si rischia la vita per il calcio” aggiunge l’italiano, che sottolinea che tutto lo spogliatoio è d’accordo. E infatti contro la trasferta si esprimono anche Deschamps, Peruzzi, Pessotto e Iuliano. In Turchia il clima resta teso, con i media che gettano benzina sul fuoco. Il governo prova a stemperare gli animi, e assicura che 20.000 poliziotti garantiranno il sicuro e regolare svolgimento della partita. Il Galatasaray, che alla fine ha accettato il rinvio, manda Terim a Torino per tranquillizzare Lippi e i dirigenti della Juventus. “Sappiamo bene che non è stata la Juve ad accogliere Öcalan, non è stato un loro errore: nessuno di noi odia la Juve” spiega ai giornalisti italiani. Nel frattempo, il 29 novembre, i campioni d’Italia vengono umiliati dal Bologna di Mazzone per 3-0.
Diversi problemi si ammucchiano tra le mani di Lippi. La sua squadra è a fine ciclo, e la tensione dovuta alla partita di Istanbul non fa che complicare ulteriormente le cose. Soprattutto perché la società ha deciso di giocare, mentre i giocatori non vogliono: rifiutarsi significherebbe partita persa a tavolino ed eliminazione dal torneo, con conseguenze economiche spiacevoli. I giocatori della Juventus riescono a spuntare almeno un piano “toccata e fuga”: preparazione a Torino, viaggio il mercoledì per giocare la partita, e ritorno in Italia la sera stessa. Nel frattempo, attorno al club bianconero, si muove la diplomazia: D’Alema va ad Ankara per incontrare il Presidente Demirel e cercare di trovare una soluzione per il caso Öcalan, mentre la Ministra dello Sport Giovanna Melandri e il Ministro del Commercio con l’estero Piero Fassino (tifoso bianconero) decidono di andare allo stadio Ali Sami Yen per assistere all’incontro. A oltre 2.000 km di distanza, in una villa blindata alla periferia di Roma circondata da agenti della Digos, anche Abdullah Öcalan (tifoso del Galatasaray) segue la partita attraverso la tv satellitare turca. I cronisti dicono che il match è brutto, “Forse è l’unica volta che mi trovo d’accordo con loro” commenta il leader curdo.

La partita finisce 1-1, con il vantaggio siglato da Amoruso a 20 minuti dalla fine, e il pareggio in extremis di Suat. Un match che non decide nulla, che rimanda il discorso qualificazione al prossimo turno: in questo, Galatasaray-Juventus rispecchia perfettamente l’impasse politica del caso Öcalan. La permanenza del fondatore del PKK in Italia dura in tutto 65 giorni: a fine anno, D’Alema rivela che l’unica soluzione possibile è che il militante curdo lasci l’Italia, ma aggiunge che l’espulsione dal paese è impraticabile per ragioni giuridiche. Il 16 gennaio 1999, Öcalan quindi accetta di lasciare l’Italia per trasferirsi a Nairobi, in Kenya, spiegando in una lettera che si tratta di una sua decisione volontaria. Non ci crede nessuno, però: appare chiaro a chiunque che il governo italiano, non sapendo prendere una decisione netta sulla questione, lo abbia forzato ad andarsene, per diventare un problema di qualcun altro.
Due settimane dopo, a inizio febbraio, Marcello Lippi rassegna le sue dimissioni da allenatore della Juventus. Alla fine, i bianconeri sono riusciti a scavalcare il Galatasaray all’ultima giornata dei gironi di Champions League, ma in campionato la crisi si è invece acuita: il tecnico viareggino lascia la squadra dopo il pesante 4-2 interno subito dal Parma di Malesani, che condanna la Juve alla nona posizione in classifica. Pochi giorni dopo, il 15 febbraio, Öcalan viene catturato a Nairobi dagli agenti turchi, mentre si sposta dall’ambasciata greca all’aeroporto. In Turchia lo aspetta, ad aprile, un processo per tradimento e attentato all’unità dello stato, che si conclude con una scontata condanna a morte. Ma anche il paese anatolico ha i suoi problemi interni: il Primo Ministro socialdemocratico Bülent Ecevit sta cercando di ottenere l’ingresso nell’Unione Europea, e per questo sta da tempo lavorando all’abolizione della pena capitale. L’esecuzione di Öcalan viene dunque rimandata, e il prigioniero è destinato a İmralı, l’isola-prigione nel Mar di Marmara predisposta appositamente per lui.
Tutta la vicenda lascia strascichi più o meno significativi. La Juventus assume l’ex-tecnico del Parma Carlo Ancelotti e cerca di aprire un nuovo ciclo vincente, ma chiuderà la stagione in maniera deludente, solo settima in classifica, senza trofei per la prima volta in cinque anni. Il Galatasaray, pur eliminato, ha dimostrato di essere una squadra molto competitiva a livello internazionale, e nelle prossime due stagioni conquisterà una Coppa UEFA e una Supercoppa europea. Per il governo D’Alema, invece, il caso Öcalan segna, dopo appena un mese in carica, l’inizio delle frizioni nella sinistra italiana: a marzo, la decisione di affiancare la NATO nella guerra in Kosovo (il primo conflitto a cui l’Italia partecipa attivamente dalla nascita della Repubblica) diventa un punto di rottura tra le forze più centriste e quelle più radicali dell’esecutivo. Il 4 ottobre 1999, quando ormai il caso Öcalan non interessa più a nessuno, il Tribunale civile di Roma concede l’asilo politico al leader curdo, con beffardo tempismo.
Fonti
–CROSETTI Maurizio, Rinviata la partita della paura, La Repubblica
–D’OTTAVI Marco, Juventus, Galatasaray e ventimila poliziotti, L’Ultimo Uomo
–GRECO Federico Angelo, La patata bollente: Öcalan e la partita della Juventus, Calcio Romantico
La gestione del caso Ocalan è stata davvero fallimentare, si è scelto di non decidere con le ovvie conseguenze, che il militante curdo sconta ancora oggi.
P.S.: per quella curiosa storia dei corsi e ricorsi storici, ho letto che Hakan Şükür, che giocava in quel Galatasaray e che è stato uno dei più forti giocatori turchi di tutti i tempi, è oppositore di quel formidabile nemico dei turchi che è Erdogan, e che per questo ha dovuto lasciare la Turchia. Pare che faccia il tassista a New York.
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Esatto: Hakan Şükür è un oppositore di Erdogan e ha dovuto lasciare la Turchia. Avevo raccontato la sua storia qui: https://www.rivistaundici.com/2019/10/14/hakan-sukur-erdogan/
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Ed io ne ero venuto a conoscenza proprio da lì, tanto per dire ancora di corsi e ricorsi :-).
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