Storia di un esodo: l’Olanda

Anche se se ne parla molto di rado, la grande storia del calcio olandese non nasce con il totaalvoetbal degli anni Settanta, e nemmeno con la prima finale di Coppa dei Campioni raggiunta dall’Ajax nel 1969. In epoca di calcio decisamente non-totale, i Paesi Bassi erano già riusciti a ottenere alcuni importanti risultati internazionali, concentrati nei primi tre decenni del Novecento. Ma solo diverso tempo dopo i loro campioni si sarebbero riversati nei principali campionati europei.

Figli putativi degli inglesi, per ragioni di vicinanza geografica ma anche politiche ed economiche (i porti di Amsterdam e Rotterdam rappresentavano, assieme a quello di Anversa, i principali collegamenti del Regno Unito con continente), l’Olanda si afferma come una delle principali potenze del calcio mondiale proprio grazie ai tecnici provenienti da oltre mare. È Edgar Chadwick, ex-nazionale inglese e bandiera dell’Everton, a guidare gli Oranje ai bronzi olimpici del 1908 e 1912, con vittorie su Svezia, Austria e Finlandia; Fred Warburton è l’allenatore della terza medaglia di bronzo nel 1920, a cui succede l’ex-punta del Blackburn (e allenatore del Bayern Monaco) Billy Townley. Toccherà poi a Bob Glendenning guidare i Paesi Bassi ai Mondiali del 1934 e 1938.

Sono anni che portano trofei al calcio olandese, ma non ai suoi giocatori. In un mercato calcistico ancora agli albori, è raro vedere calciatori abbandonare i ricchi e fiorenti Paesi Bassi per giocare altrove in Europa. Chi lo fa, lo fa per ragioni di studio, come Willem Hesselink: tra i fondatori, nel 1892, del Vitesse, Hesselink si trasferisce nel 1903 a Monaco di Baviera per iscriversi alla locale università e studiare filosofia e chimica; in parallelo, prende a giocare come attaccante nel Bayern, e in breve ne diventa il giocatore più rappresentativo, restandovi fino alla laurea del 1905. Proprio in quell’anno, François Menno Knoote arriva a Milano per studiare canto al Conservatorio, e viene aggregato al Milan come portiere, pur giocando appena due partite.

Le cose iniziano lentamente a cambiare negli anni Trenta. Nel 1930, il 20enne portiere dell’Ajax Gerrit Keizer lascia Amsterdam per trasferirsi nel Regno Unito, probabilmente su suggerimento del suo allenatore Jack Reynolds. Lì, dopo qualche match col piccolo Margate FC, viene notato da Herbert Chapman, che subito lo porta all’Arsenal. Keizer diventa in breve tempo uno dei migliori portieri in Inghilterra, vincendo il titolo nazionale del 1931 e guadagnandosi il soprannome di Olandese Volante, che si porterà appresso nelle successive esperienze con Charlton Athletic e Queen’s Park Rangers. Nel 1937, anche la punta Beb Bakhuys, all’epoca la stella della Nazionale, si trasferisce a giocare all’estero, firmando un contratto con il Metz; lo scoppio della guerra interrompe però la sua carriera quando ha appena 30 anni: viene catturato e mandato in un campo di lavoro a Lipsia, e solo a conflitto finito riuscirà a tornare in Francia e giocare un’ultima stagione col Metz.

Gerrit Keizer in azione con l’Arsenal nel 1930.

La guerra segna anche la carriera di Bram Appel, giovane punta che, catturato dai nazisti, finisce a lavorare a Berlino. Notate le sue doti col pallone, viene inserito nella rosa dell’Hertha; sopravvissuto al conflitto, Appel torna in patria, per giocare con ADO Den Haag e Sittard, diventando il pioniere del nuovo corso olandese. Nel 1947, il ruolo di ct degli Oranje è stato affidato a Jesse Carver, leggenda del Blackburn degli anni Trenta e ora allenatore dalle idee rivoluzionarie. È lui che porta i Paesi Bassi al torneo olimpico del 1948, prima competizione internazionale del calcio post-bellico: al primo turno, la Nazionale elimina a sorpresa l’Irlanda, e successivamente sfiora l’impresa contro il Regno Unito, perdendo 4-3 ai supplementari.

Appel è il grande protagonista di quel match, segnando una doppietta. Nel 1949 è il primo calciatore del suo paese a scegliere la via del professionismo, ancora vietato nei Paesi Bassi, e viene ingaggiato dallo Stade Reims. Diventa così il principale terminale offensivo di una squadra fortissima, allenata da Albert Batteaux e con in campo un genio come Raymond Kopa. Soprattutto, Bram Appel apre la strada dell’espatrio ai suoi connazionali, che ora capiscono che si può vivere di calcio.

L’altro eroe dell’Olanda olimpica del 1948 è la 26enne mezzala Faas Wilkes, eccezionale poeta del dribbling che, sempre nel 1949, viene ingaggiato dall’Inter. In breve, si conquista l’amore dei tifosi nerazzurri, che lo rinominano la Monna Lisa di Rotterdam. Tra Francia e Italia impazza ormai la febbre olandese, quasi vent’anni prima della rivoluzione del totaalvoetbal: il Bordeaux compra il poderoso centravanti Bertus de Harder, che con 21 reti trascina subito i Marines et Blancs alla vittoria del loro primo storico scudetto; la Juventus, che non vince il campionato dal 1935, si affida al profeta Jesse Carver, che imposta un’inedita difesa a zona e conquista subito il campionato dopo 14 anni di digiuno.

Gli olandesi sono una delle mode del calcio europeo dei primissimi anni Cinquanta, assieme agli scandinavi. Nel 1950, la Serie A aggiunge alle proprie stelle il mediano del Blauw-Wit Wim Lakenberg, ingaggiato dalla Pro Patria, mentre alla Fiorentina arriva il centravanti André Roosenburg, che sarà autore di 20 reti in 55 partite in viola. Nel frattempo, nella Division 1 francese approdano l’ala mancina del Feyenoord Arie de Vroet, prima al Le Havre e poi al Rouen; il centrocampista Rinus Schaap, prima al Tolosa e poi al Racing Club de Paris (percorso inverso per Joop Stoffelen, che dall’Ajax passa ai parigini, per poi trasferirsi al Tolosa); dal NAC Breda arriva Kees Rijvers, che gioca con Saint-Étienne e Stade Français, e coi Verdi vince pure un campionato e una Coppa di Francia. Nel 1952, tocca a Bart Carlier, che prima si accorda coi tedeschi del Colonia, e poi raggiunge i connazionali in Francia, giocando con Strasburgo e Monaco, dove tra il 1958 e il 1964 vincerà due titoli nazionali, una Coppa e una Supercoppa di Francia.

Le figurine di Bram Appel (a sinistra) e Bart Carlier (a destra) nei loro finali di carriera al Fortuna ’54, il primo alla fine degli anni Cinquanta e il secondo nei primi anni Sessanta.

Il 1952 è anche l’anno che segna la fine dell’esperienza interista di Faas Wilkes. Con l’arrivo in panchina di Alfredo Foni, l’olandese è ritenuto troppo solista e indisciplinato tatticamente per le nuove strategia della squadra, e viene ceduto al Torino, dove però non gioca quasi mai a causa di un brutto infortunio. Così, un anno dopo si trasferisce in Spagna per giocare nel Valencia, che porterà a conquistare la coppa nazionale, affermandosi nuovamente nel cuore dei tifosi per il suo incredibile estro.

Gli anni Sessanta segnano il declino della moda oranje del decennio precedente: la Nazionale è praticamente scomparsa dal calcio internazionale e i club, nonostante il passaggio al professionismo, non sono competitivi. Jesse Carver, dopo varie e poco fortunate esperienza tra Torino, Roma, Inter, Lazio e Genoa, emigra a Cipro, mentre i vecchi campioni tornano lemntamente a chiudere la carriera in patria. Appel, dopo aver sfiorato uno scudetto a Losanna, chiude la carriera nel 1960 nel Fortuna ’54, club destinato a diventare il simbolo del tramonto di un’epoca: dopo l’addio dell’ex-Stade Reims, vedrà concludersi le carriere di Wilkes e Carlier.

Il calcio olandese scomparve dagli scenari internazionali, soffocato da una Nazionale che non riusciva più a essere competitiva. Nel 1969 l’Ajax raggiunse la finale della Coppa dei Campioni e segnò l’inizio di una nuova epoca; quando nel 1973 Johan Cruijff firmò col Barcellona, gli Oranje tornarono lentamente a popolare i maggiori campionati europei (in Italia sarebbero arrivati solo dopo la riaperture delle frontiere, con l’arrivo nel 1980 di Ruud Krol al Napoli). In realtà, a riaprire la via dell’estero per i calciatori olandesi non fu veramente il Profeta, ma il più modesto centravanti Dick van Dijk: capocannoniere dell’Eredivisie del 1969 con il Twente e poi giocatore di secondo piano all’Ajax, nel 1972 approdò in Francia nel Nizza, dove in due stagioni segnò 30 reti. Purtroppo, la sua storia è più vicina a quella dei pionieri dimenticati che lo precedettero, piuttosto che a quella della generazione d’oro degli anni Settanta.

Fonti

HOLTER Chris, Da Knoote a Zirkzee: ecco la lista completa dei calciatori olandesi che hanno giocato in Italia, Calcio Olandese

WILKES Faas: l’olandese volante, Storie di Calcio

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