Messi al Como: Il grande abbaglio

Estate 2002. Un signore argentino si presenta sulle sponde del lago di Como – località di villeggiatura preferita dei ricchi di mezzo mondo – assieme al figlio adolescente. A vederlo, il ragazzo, pare tutto tranne che un calciatore, così piccolo e tracagnotto. Il talento c’è, è evidente – dice lo staff delle giovanili del club locale – ma con una simile struttura fisica non diventerà mai un giocatore decisivo. E così, il Como scarta Lionel Messi.

Una storia del genere, a leggerla così, non potrebbe che essere bollata come una stupidaggine, se a rivelarla non fosse stato il presidente stesso del Como, otto anni più tardi. “Troppo gracile” spiega al tg sportivo di Sky Enrico Preziosi. E poi c’erano altre questioni, legate al trasferimento dell’intera famiglia in Italia, al trovare un lavoro per i genitori del ragazzo e altro ancora. Troppo, per un piccolo club come il Como, che all’epoca aveva incredibilmente raggiunto la Serie A dopo una clamorosa sequenza di promozioni dirette.

La notizia, dai microfoni di Sky arriva sulla carta stampata e diventa di dominio pubblico. Una storia resa ancora più incredibile da quello che successe poi: la prima stagione in A del Como si rivelò fin da subito un incubo, e la cacciata dell’allenatore Loris Dominissini – sostituito da Eugenio Fascetti – non servì a evitare la diciassettesima posizione in classifica e l’immediato ritorno in Serie B. Nella stagione successiva, Preziosi cedette la società, che precipitò inesorabilmente fino alla Serie C2, e sotto Natale del 2004 dichiarò fallimento. “A vederlo adesso si può dire che avremmo sistemato i bilanci per trent’anni” rimuginò poi Preziosi.

Eppure, molto di questa vicenda non torna. La famiglia Messi s’era trasferita a Barcellona nel 2000 da Rosario, dopo che il club blaugrana aveva accettato, su suggerimento di Carles Rexach, di ingaggiare il piccolo Leo e pagargli le costose cure per l’ipopituitarismo: che senso avrebbe avuto lasciare una delle più importanti squadre al mondo, che gli aveva addirittura pagato le spese mediche, per un piccolo club italiano che si era appena appena affacciato sul palcoscenico del calcio che conta?

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Messi a marzo 2001, dopo la firma del suo primo contratto ufficiale e l’esordio nel Barcelona Infantil B.

Nessuno si fa questa domanda, nella stampa italiana: la storia raccontata da Preziosi è troppo bella. In un colpo solo, delinea una stupenda favola e uno sliding-doors d’antologia, che restituisce dignità ai tifosi comaschi dopo la deludente fine del loro club. L’eroe della storia si chiama Renato Favero, un osservatore specializzato nel calcio argentino che all’epoca lavorava per il Como e stava seguendo Leo Messi fin dai campi di Rosario. E se c’è un eroe, allora, ci dev’essere anche un cattivo: “Molto spesso sono i direttori sportivi che si occupano dei ragazzi giovani, che decidono di ingaggiarlo o no. Non è per scaricare la colpa, ma è stato così” sostiene l’ex-presidente. Il direttore sportivo in questione era Carmine Gentile, ex-difensore dell’Atalanta.

Ma si può veramente credere alle parole di Enrico Preziosi? Campano trapiantato in Brianza, dove nel 1979 fonda l’azienda Giochi Preziosi, ha iniziato il suo rapporto col calcio nel 1993, quando acquistò il Saronno e lo trascinò dai dilettanti a sfiorare la promozione in B. Poi, abbandonò il club, d’improvviso così come l’aveva rilevato: il Saronno crollò, retrocesse e infine fallì, a causa dei buchi di bilancio lasciati dalla sua gestione. La stessa vicenda verificatasi poi a Como. Per il fallimento del club lariano, nel 2009 patteggerà per il reato di bancarotta fraudolenta. In ormai ventisei anni di esperienza nel calcio, Preziosi non si è fatto mancare una condanna per frode sportiva nel 2011, una per evasione fiscale nel 2013, ed è attualmente sotto indagine per doping amministrativo.

È Massimo Moscardi il primo – forse l’unico – a provare a fare un po’ di giornalismo. Lavora per il Corriere di Como, e come prima cosa decide di andare a chiedere alla dirigenza del Barcellona di questo possibile affare Messi-Como. La risposta, ovviamente, è negativa: alla società catalana non risulta che Leo Messi o qualsiasi suo rappresentante legale siano mai stati a Como per alcun provino.

Il secondo punto dell’inchiesta porta a Carmine Gentile e al suo collega dell’epoca Antonio Imborgia: noi non ne abbiamo mai saputo nulla, dicono, e pure piuttosto irritati. “È arrivato nel 2000 al Barcellona. Come faceva a venire al Como per un test?” ribadiscono. Moscardi chiede a tutti, contatta gli ex-dipendenti del club, i tifosi più accaniti, ma nessuno ricorda di aver mai visto la Pulce a Orsenigo, dove ha sede il centro d’allenamento del Como; nessuno ricorda di aver mai avuto alcuna documentazione a lui inerente, nemmeno le prenotazioni degli alberghi per quelle due leggendarie settimane che dovette passare sulle sponde del lago.

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Oltre a Saronno, Como e Genoa, Preziosi ha trattato, senza successo, gli acquisti di Bari e Avellino, entrambi nell’estate del 2018.

“Si è pensato di non prenderlo anche per quell’approccio che noi abbiamo, con un po’ di disinteresse a seguire i ragazzi giovani” aveva detto a SkySport24 Enrico Preziosi, nel 2010. Per lui, oltre a essere stato un errore di un paio di dirigenti – implicitamente responsabili anche della sua successiva decisione di vendere la società e, quindi, del conseguente fallimento del Como – era stato un problema causato dalla superficialità del sistema calcio italiano. Un sistema che, fin dai suoi esordi, Preziosi aveva duramente accusato per la corruzione imperante, al punto da aver messo in commercio un gioco da tavolo che prendeva in giro le magagne del calcio italiano. Ironico che fosse proprio lui a dirlo, un bancarottiere seriale, un truffatore che, pochi anni dopo, avrebbe portato il Genoa sulla soglia della Serie A per poi fargli ottenere un’immediata retrocessione d’ufficio di due categorie per illecito sportivo.

La leggenda di Messi al Como è naufragata, nell’indifferenza della stampa sportiva, nel 2014, quando proprio Preziosi chiarì al Corriere della Sera che Messi gli era stato segnalato da Favero, ma non era mai venuto a Como né c’erano mai stati contatti: “Non me la sentii di scommettere 50mila dollari per un ragazzo giovane e un po’ gracile.” La colpa – se di colpa si vuol parlare – fu sua, quindi, e sua soltanto.

Nessuno restituirà al Como i sogni perduti, nessuno li restituirà al Saronno. Dove Preziosi è passato, ha lasciato macerie: una favola che coinvolgesse il più forte calciatore del mondo poteva essere un modo per lavare via qualche macchia dalla tovaglia della Storia. Se non altro, nel 2004, quando era da poco divenuto presidente del Genoa, decise di dare ascolto ai consigli di Favero e acquistò un promettente ragazzo argentino di nome Diego Milito. Ma questa è un’altra storia.

 

Fonte

“Messi? Poteva venire al Como”, La Repubblica

MOSCARDI Massimo, Leo Messi e il Como. La verità di Preziosi, Corriere di Como

PISTOLESI Alessandro, Mercato, Messi-Como, CR7-Parma: i 5 affari che avrebbero cambiato la storia del calcio, La Gazzetta dello Sport

 

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