Jairzinho riceve un superbo filtrante, finta e scatto, e il marcatore resta lì dietro, scartato come un birillo. Palla in mezzo, che attraversa volando tutta l’area di rigore e si schianta contro la dura zucca di Pelè. Il pallone si trasforma in un razzo-missile, scagliato verso un angolino remoto dello specchio della porta; prima di varcare la linea bianca e abbracciare la rete, rimbalza violentemente sull’erba verde e calda di un pomeriggio di sole messicano, e alla potenza aggiunge l’imprevedibilità. Tutto il mondo urla gol; un uomo solo dice no. E, da solo, zittisce il mondo intero.
Ancora oggi c’è chi analizza quella parata e si chiede come sia stata possibile, quasi si trattasse di un miracolo e non di un gesto tecnico. La cocciutaggine di Gordon Banks era maturata in un contesto tutt’altro che religioso, gli aveva insegnato a essere duro e inflessibile, e a come farsi valere. Ricordava i morsi della fame durante il razionamento del cibo a causa della guerra, sebbene fosse un bambino; ricordava il miserevole sobborgo di Tinsley, a nord-est di Sheffield, dove era cresciuto; ricordava la fatica di tirare avanti, e i soldi che entravano solo dal centro di scommesse clandestino che aveva messo in piedi suo padre una volta trasferiti nella vicina Catcliffe. Erano talmente poveri che a quindici anni dovette mollare gli studi e andare a lavorare in una miniera di carbone, che alla fine fu la sua fortuna: si irrobustì, fece amicizie che lo portarono a diventare il portiere di una squadra amatoriale e a giocare delle partite di un campionato della working-class inglese, dove alla fine fu notato dagli osservatori del Chesterfield.
Una cosa non può essere negata: fu felice di andarsene dallo Yorkshire. Troppi brutti ricordi; uno avrebbe finito per alimentare quella sua voglia di riscatto e quella testardaggine fino a esplodere nel celebre Brasile – Inghilterra di Guadalajara, inchiodando il suo nome alla storia del calcio. Una rabbia che nasce dall’impotenza, quell’atroce sensazione di credersi inutile, ininfluente, senza alcun peso: e che alla fine ti fa gridare coi guantoni il più clamoroso “no” che il mondo del calcio ricordi, perché urlato in faccia al suo re, Edson Arantes do Nascimento, in arte Pelè. L’impotenza che aveva avvertito anni prima, quando suo fratello, già affetto da una grave disabilità, fu aggredito da degli scommettitori imbufaliti e massacrato di botte, fino alla morte.
Si concentra tutto lì, nelle sue parate: l’epica assoluta dell’estremo difensore, il ruolo più solitario del calcio. Perché la bacheca dei trofei di Gordon Banks è quasi vuota: ci sono appena due Coppe di Lega, una con il Leicester e una con lo Stoke City, e poi quel Mondiale vinto quasi per caso, con il gol fantasma di Geoff Hurst nella finale con la Germania, e che resterà l’unico titolo iridato degli un tempo Maestri inglesi. Nessuno scudetto, nessun titolo internazionale di club, nemmeno una presenza in Coppa dei Campioni. Addirittura, all’apice della carriera – subito dopo il Mondiale del 1966 – fu cacciato dal Leicester, che aveva deciso di puntare sull’emergente Peter Shilton; Gordon Banks aveva 29 anni e non se ne fece alcun problema. Tipico degli inglesi di un tempo: giocavano per il gusto di giocare, non per quello di vincere i titoli.

Banks si tira su da terra, con la lentezza di un portiere che ha appena subito il gol del raddoppio avversario. Il primo sguardo che incontra è quello del suo capitano, Bobby Moore, che gli viene incontro incredulo e lo abbraccia, e Banks non capisce. Gli dice che è stato pazzesco, che l’ha parata, e Banks non ci crede. Si volta e vede il pallone alle sue spalle, ma non nella rete, disperso tra i cartelloni pubblicitari. Pelè ha la faccia di un killer, gli occhi che gridano vendetta; poi gli si fa incontro pure lui, e gli tende la mano. Quel che è appena successo va al di là del risultato, che resterà favorevole ai verdeoro; è il corrispettivo per un estremo difensore di ciò che per un attaccante può essere la spietata serpentina che Maradona, sedici anni più tardi, infliggerà sempre all’Inghilterra sempre in Messico.
Il coronamento perfetto di una intera carriera. Due anni più tardi, di ritorno da una seduta di fisioterapia, Banks perse il controllo dell’auto e finì in un fosso. Sopravvisse, ma riportò dei danni alla vista: la sua avventura nel mondo del calcio finiva lì, fatte salve alcune successive apparizioni poco più che amatoriali nel campionato statunitense. Lasciò il numero 1 dell’Inghilterra sulle sue spalle di Peter Shilton, che nel 1974 ereditò anche la sua maglia allo Stoke City.
Fonte
–AVANTI Paolo, History Books: quando Pelè odiò Gordon Banks, La Gazzetta dello Sport
–Banks Gordon, la cassaforte della regina, Storie di Calcio
-BANKS Gordon, SCOTT Les, Banksy: My Autobiography, Penguin Books
–CAROTENUTO Angelo, Banks e la parata del secolo, La Repubblica
–DOYLE Paul, On Second Toughts: Gordon Banks’s ‘greatest save of all time’, The Guardian
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