Noi siamo la Francia

Il 6 maggio la Francia sceglierà il suo nuovo presidente, e per la seconda volta nella storia al ballottaggio concorrerà un candidato di estrema destra: l’ascesa di Marine Le Pen è il segno di un paese (e di un’Europa intera) che sta virando verso il razzismo, laddove la coesione sociale tra bianchi e neri vige da sempre e la sfida dell’integrazione sembrava essere stata vinta. La Francia che ha ottenuto grandi successi nel calcio (e non solo, ovviamente: ma questo è soprattutto un blog sul calcio) grazie a “compatrioti acquisiti” è stata dimenticata in favore di una retorica razzista: niente scuole pubbliche per gli stranieri, nuove tasse sui lavoratori non francesi, chiusura dei confini nazionali, e tutto il resto del copione.

È risaputo che “senza gli stranieri, la Francia non avrebbe mai vinto i Mondiali del 1998”, anche se questa frase è sempre stata usata da chi tifava per le altre nazionali: in Francia si è sempre rivendicata con orgoglio quella bellissima formazione multiculturale capace di annichilire il Brasile di Ronaldo in finale. Un ghanese (Marcel Desailly), un senegalese (Patrick Vieira), un polinesiano (Christian Kerembeu), tutti di nascita; tre giocatori caraibici (uno di nascita, Lilian Thuram, due nati in Francia, Bernard Diomède e Thierry Henry), due sudamericani (David Trezeguet e Bernard Lama), un armeno (Youri Djorkaeff, già figlio di un nazionale francese ai Mondiali del 1966, Jean) e un algerino (Zinedine Zidane). E non è un caso se oggi il giocatore più rappresentativo di quella squadra, Zidane, abbia detto chiaramente che i francesi devono fare il massimo per evitare una vittoria del Front National.

Eppure la storia della Francia calcisticamente cosmopolita non si può ridurre a un torneo di quasi vent’anni fa: da sempre terra di immigrazione, grazie alle numerose colonie e alla propria stabilità economica e politica, la Francia ha attirato nel corso di tutta la sua storia gente da ogni parte d’Europa e del mondo. Le prime nazionali francesi annoveravano diversi giocatori di origine italiana (Ernest Liberati, nato in Algeria; Laurent Di Lorto; Mario Zatelli, anche lui nato in Algeria e cresciuto in Marocco) o polacca (Ignace Kowalczyk, César Povolny, per poi arrivare nel dopoguerra a César Ruminski, Guillaume Bieganski, Lèon Glovacki e ovviamente Raymond Kopa). Poi, però, ci sono stati gli africani: i neri e i magrebini che, prima di Desailly e Zidane, avevano scritto alcune pagine della storia del calcio transalpino vestendo anche la maglia della nazionale. Loro sono la Francia, che piaccia o meno alla famiglia Le Pen e ai loro simpatizzanti.

In principio fu un difensore dalla pelle scura

RACING CLUB PARIS

Quando si parla dei calciatori franco-africani, alla maggior parte dei tifosi con un po’ di memoria storica viene in mente Jean Tigana, mediano maliano che fu la colonna del centrocampo di Lione, Bordeaux e Marsiglia negli anni Ottanta, protagonista di due ottimi Mondiali e del primo titolo continentale vinto dalla Francia. Eppure Tigana arrivò quasi cinquant’anni dopo il primo nero in maglia bleu: nel 1931, il senegalese Raoul Diagne scese in campo per la Francia in un’amichevole contro la Cecoslovacchia. Aveva 21 anni, suo padre era deputato del Senegal all’Assemblée Nationale e ministro delle Colonie (infatti Raoul era nato in Guyana). Alto e robusto, era nato terzino destro ma non si faceva problemi a giocare anche a centrocampo, fino addirittura a fare l’ala; quando André Tassin -portiere del Racing Club de France, dove giocava Diagne- dovette restare fuori quattro mesi per un infortunio, lui prese il suo posto tra i pali, rivelando insospettabili doti come portiere che gli torneranno utili in seguito, quando sarà chiamato a sostituire anche il fenomenale Rudi Hiden, in sciopero per un mancato aumento di contratto.

Con il Racing Club de Paris vinse un campionato e tre coppe di Francia, l’ultima pochi giorni prima dell’invasione tedesca del 1940, e disputò 18 partite con la nazionale, prendendo parte al Mondiale casalingo del 1938. Ancora oggi, in Senegal, è considerato il precursore del calcio nazionale.

 

Quando non c’era Zidane

abxdelaziz ben tifour

Prima che Zinedine Zidane piazzasse l’Algeria sulla mappa del calcio coloniale francese ci fu Abdelaziz Ben Tifour. In realtà, prima ancora ci fu Abdelkader Ben Bouali, terzino sinistro campione di Francia nel 1937 e vincitore della coppa nazionale l’anno seguente con l’Olympique Marsiglia, che disputò un’amichevole in maglia blu contro l’Irlanda e fu riserva ai Mondiali del 1938, ma il calcio franco-algerino inizia a contare qualcosa solo con Ben Tifour, e non solo per meriti prettamente sportivi.

Cresciuto calcisticamente in Tunisia assieme al fratello Mustapha, Ben Tifour arrivò in Francia poco dopo la fine della guerra, diventando uno dei protagonisti del grande Nizza degli anni Cinquanta, vincendo due campionati e una Coppa di Francia, e prendendo parte ai Mondiali del 1954 con la nazionale francese. Ma ciò che ha permesso a Ben Tifour di imprimere il suo nome nella storia del calcio fu la decisione, presa nel 1958, di abbandonare il calcio europeo -all’epoca militava nel Monaco- per formare una nazionale provvisoria dell’Algeria con cui girare il mondo disputando varie amichevoli a sostegno della causa indipendentista, mentre in patria infuriava la guerra. La nazionale del Fronte del Libération Nationale Algérien disputò tra le 58 e le 83 partite (a seconda di chi calcola) fino all’indipendenza algerina del 1962, riusciendo a sconfiggere avversari molto quotati come Ungheria, Romania, Cecoslovacchia, Jugoslavia e Unione Sovietica.

Ben Tifour fu prima capitano e poi allenatore-giocatore della selezione, e negli anni Sessanta fu tra i membri della squadra che, invece di tornare al calcio professionistoco in Francia, rimasero in patria. Fu allenatore di club fino al 1970, quando morì in un incidente d’auto. Il calcio algerino è nato con lui.

 

I ragazzi di Casablanca

LePerleNoire

Casablanca non è solo il nome di un (bellissimo) film, ma anche il luogo che ha dato i natali ad alcuni dei più importanti calciatori della storia della nazionale francese. Il più noto è sicuramente Just Fontaine, l’attaccante di Nizza e Stade Reims che nel 1958 stabilì il record di reti segnate da un singolo giocatore in una sola edizione dei Mondiali. Per una stagione a Nizza e per sette partite con la Francia, suo compagno di squadra fu un marocchino puro sangue come Abderrahman Mahjoub, già nazionale francese ai Mondiali del 1954. Tuttavia, il più grande calciatore franco-marocchino di tutti i tempi fu il trequartista Larbi Ben Barek.

Nato orfano nella capitale magrebina, Ben Barek s’impose fin da giovanissimo in patria, arrivando nel 1938 a trasferirsi all’Olympique Marsiglia; allo scoppio della guerra, fece ritorno a Casablanca, per rimettere piede in Francia solo nel 1945 con la maglia dello Stade Français allenato da Helenio Herrera: tra i due nacque una sodalizio talmente forte che l’allenatore argentino, una volta trasferitosi all’Atletico Madrid, convinse la società spagnola a spendere la cifra record di 17 milioni di franchi per aggiungerlo alla rosa, rendendolo il perno di una squadra fenomenale capace di vincere ben due campionati.

Larbi Ben Barek, però, è il giocatore con la più lunga carriera con la nazionale francese: sedici anni di militanza, tra il 1938 al 1954; solo 17 partite con tre reti segnate, che sarebbero potute essere molte di più senza una guerra in mezzo e la decisione di non convocarlo più fino al suo ritorno in Francia a Marsiglia nel 1953. Il 4 dicembre 1938, quando esordì in nazionale a Napoli contro l’Italia di Benito Mussolini venendo coperto di fischi, Ben Barek reagì cantando più forte che poteva La Marseillaise, ricevendo il supporto di tutti i tifosi transalpini. Lo fece perché si sentiva francese pur sapendo di essere marocchino, lo fece perché quei razzisti capaci unicamente di odiare e insultare erano solo degli idioti. Allora come oggi.

 

Fonti

AA VV, Da Diagne a Pogba: 85 anni di Francia multirazziale, Rivista Undici

AA VV, L’equipe de France, robuste machine mais peu rapide, Paris-soir

AA VV, Raoul Diagne marque l’histoire, Fédération Française de Football

AFFOLTI Stefano, Ben Barek, la Perla Nera marocchina che ispirò Pelé, Gente di calcio

BELAYACHI Djamel, L’équipe du FLN, la plus belle aventure du football algérien, Afrik-Foot

DJELLIT Nabil, Ben Barek, l’idole de Pelé, France Football

KSSIS-MARTOV Nicolas, Raoul Diagne: l’homme à tout faire du Racing, SoFoot.com

LEWINO Frédéric, DOS SANTON Gwendoline, 15 février 1931. Le prmeier footballeur noir en équipe de France est fils de ministre. Scandal… , Le Point

 

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