Il Panathinaikos, i colonnelli e la finale di Coppa dei Campioni

Gli jugoslavi lasciavano il campo coi volti cupi, ancora chiedendosi cosa fosse successo. La Stella Rossa era uno squadrone, tra i pali vantava uno come Ratomir Dujković, a centrocampo Jovan Aćimović, in attacco il veterano Stevan Ostojić accanto all’astro nascente Zoran Filipović, in panchina il maestro Miljan Miljanić. Quella semifinale doveva essere una pura formalità, contro una squadra sconosciuta, il Panathinaikos di Atene, che infatti era stato regolato a Belgrado per 4-1. Ma in Grecia la Stella Rossa era inspiegabilmente franata, perdendo 3-0, travolta da un incontenibile centravanti di nome Antōnīs Antōniadīs, signor Nessuno fino a pochi mesi prima e ora capocannoniere della Coppa dei Campioni con 10 reti: erano otto anni, dai tempi di José Altafini nel 1963, che un giocatore non segnava così tanti gol nella competizione. Un ulteriore motivo di vanto, in un paese stretto nella morsa di una feroce dittatura fascista, che aveva avuto la meglio sui rivali balcanici comunisti.

In Grecia, il calcio non era uno sport particolarmente di successo, e il regime dei colonnelli, salito al potere con un colpo di stato nel 1967, ci aveva messo un po’ per iniziare a sostenerlo: molto più interesse c’era attorno al basket, specialmente dopo la conquista della Coppa delle Coppe da parte dell’AEK Atene nel 1968. Per il Panathinaikos, l’arrivo dei militari era stato una sorta di shock: il presidente del club, Loukas Panourgias, un ex-calciatore e avvocato tendenzialmente antifascista, venne rimosso dall’incarico, ma soprattutto venne cacciato l’allenatore, lo jugoslavo Stjepan Bobek. Bobek era arrivato alla guida dei verdi quattro anni prima, lasciando per la prima volta i paesi del Patto di Varsavia, e ad Atene aveva lanciato una rivoluzione basata su un gioco moderno e offensivo e su giocatori giovani come il portiere Takīs Oikonomopoulos. Quegli anni avevano posto le basi per la costruzione di una squadra che a livello tattico e organizzativo non aveva eguali nell’allora ancora amatoriale calcio greco.

L’eredità di Bobek si era però rivelata molto difficile da raccogliere: sul subito era stato chiamato l’ex-Benfica Béla Guttmann, ma la sua stagione era stata deludente, e si era deciso di affidare la panchina a un greco, Lakis Petropoulos, che aveva condotto i verdi a due scudetti e una coppa nazionale, ma aveva anche fatto una magra figura in Europa. Così, nel 1970 la società aveva ingaggiato Ferenc Puskás, grandissimo nome del calcio giocato negli anni Cinquanta tanto quanto allenatore di scarso successo nel decennio successivo: al momento del suo arrivo ad Atene, l’ungherese era reduce dalla retrocessione in terza serie spagnola con l’Alavés. Ma Puskás rappresentava il nome perfetto per la giunta militare: una famosissima stella del calcio globale, politicamente associato alla destra, prima per la sua fuga da regime comunista di Budapest e poi per la sua carriera nel Real Madrid, club simbolo della dittatura franchista.

Il Panathinaikos presto iniziò ad affermarsi come l’emulo ellenico dei Blancos, soprattutto grazie all’intercessione del Segretario Generale allo Sport, il tenente colonnello Costas Aslanidis, che fu il principale sostenitore del calcio in seno alla giunta. Oltre ad aver aperto la possibilità di fare partecipare il campione nazionale cipriota al campionato greco, Aslanidis firmò una legge che di fatto bloccava i trasferimenti dei giocatori, ma alla regola furono fatte alcune eccezioni, e le più importanti avevano riguardato proprio il Pana. Nel 1968, infatti, il club aveva potuto liberamente acquistare due dei giocatori che si sarebbero rivelati fondamentali nell’exploit europeo del 1971: l’eccellente mezzala del Fostiras Kōstas Eleutherakīs e il promettente attaccante dello Skoda Xanthī Antōnīs Antōniadīs. Questa vicinanza del regime al club ateniese favorì la maturazione di tendenze di estrema destra all’interno del Gate 13, il gruppo ultras del Panathinaikos formatosi già nel 1966, primo nella storia greca, e che specialmente dopo il ritorno alla democrazia avrebbe visto sorgere al suo interno sottogruppi neonazisti.

Un contrasto durante Panathinaikos – Stella Rossa, il 28 aprile 1971 ad Atene.

La campagna nella Coppa dei Campioni 1970-1971 diede fin da subito la sensazione che la stagione sarebbe potuta essere buona. Dopo la comoda vittoria sui lussemburghesi del Jeuness Esch, il Panathinaikos di Puskás ottenne un’importante vittoria sullo Slovan Bratislava, che solo due anni prima aveva conquistato la Coppa delle Coppe in finale col Barcellona. Poi, i greci eliminarono addirittura i campioni d’Inghilterra dell’Everton, dove giocavano il campione del mondo Alan Ball e il bomber Joe Royle. Infine, ci fu l’impresa contro la Stella Rossa, che portava con sé forti connotati politici oltre che sportivi. Aslanidis celebrò la vittoria sugli jugoslavi comunisti come un evento di importanza nazionale, e alla fine della partita Despina Papadopoulos, moglie del Primo Ministro e capo della giunta militare Geōrgios Papadopoulos, andò ad abbracciare uno per uno i giocatori del Pana.

Il clamore e l’eccitazione attorno alle imprese dei calciatori che il regime aveva elevato a eroi nazionali era inimmaginabile, anche se gli esperti sapevano che la finale di Wembley contro la corazzata Ajax sarebbe stata decisamente proibitiva. Pochi giorni prima della finale, la sensuale attrice Zeta Apostolou annunciò ai media che avrebbe offerto a Takīs Oikonomopoulos un fine settimana a Creta in sua compagnia, se non avesse subito gol dagli olandesi. Le fece subito eco addirittura Zoe Laskari, ex-Miss Grecia e semifinalista a Miss Universo, nonché attrice di punta della compagnia cinematografica Finos Film: la sua promessa, in caso di trionfo, fu quella di un bacio a tutti i giocatori. A completare questo insolito tridente, arrivò infine l’amata cantante Zozo Sapountzaki, che invitò tutta la squadra a passare un fine settimana a casa sua.

Queste dichiarazioni sollevarono un forte scandalo: la Grecia del 1971 era un paese profondamente conservatore e religioso – valori alimentati dalla dittatura dei colonnelli – e in cui la liberalizzazione sessuale del Sessantotto non c’era mai stata. Ma le profferte delle tre star locali non sortirono altro effetto: il 2 giugno 1971, a Londra, l’Ajax sistemò il Panathinaikos per 2-0, conquistando la sua prima Coppa dei Campioni. Non fu veramente la fine della gloria, per i greci: a dicembre, quando i Lancieri si rifiutarono di prendere parte alla Coppa Intercontinentale, memori dei disordini avvenuti un anno prima in Sudamerica tra Estudiantes e Feyenoord, la squadra di Atene venne chiamata a rappresentare l’Europa. Davanti a loro, gli uruguayani del Nacional, forti di fenomeni come Luis Cubilla e Luis Artime: in Grecia la partita terminò sull’1-1, mentre nel ritorno di Montevideo i padroni di casa si imposero 2-1, mettendo a quel punto la parola fine al periodo d’oro del Pana.

Ma forse non fu davvero una favola. Molti anni dopo, Despina Papadopoulos avrebbe raccontato alla tv greca uno strano retroscena dietro l’impresa di Atene contro la Stella Rossa: appena prima dell’inizio della partita, rivelò al presidente del club Dimitrios Chamosfakitis le sue preoccupazioni riguardo la qualificazione alla finale. A quel punto, suo marito il colonnello Papadopoulos la rassicurò dicendole: “Pensi davvero che lasceremmo al caso una questione di importanza nazionale?”. Il Primo Ministro le confessò in quel momento che la partita era già stata combinata con le autorità jugoslave, e perfino l’ambasciatore balcanico avrebbe confermato alla donna la combine. Sulla stessa linea, è un altro commento a posteriori, quello del centrocampista della Stella Rossa Mile Novković, secondo cui lui e i suoi compagni erano stati drogati durante l’intervallo tramite della limonata offerta dai greci: “Bevemmo tranquillamente la limonata, e quella è l’ultima cosa che ricordo della partita. Ricordo solo che ridevamo e cantavamo sull’aereo del ritorno”.

Antōnīs Antōniadīs in azione contro Barry Hulshoff dell’Ajax. Il greco ha segnato 243 gol in 22 anni di carriera, per la maggior parte con la maglia del Panathinaikos, vestita dal 1968 al 1978.

Impresa sportiva o truffa a scopo di propaganda politica? Probabilmente non lo si saprà mai con certezza. L’impresa del Panathinaikos ebbe poco seguito in termini sportivi, e anche se Puskás riuscì l’anno seguente a riportare i verdi di Atene alla conquista del titolo nazionale, le successive avventure europee si conclusero prematuramente e senza motivo di lode (solo nella stagione 1977-1978 il Pana riuscì a vincere di nuovo un partita internazionale, battendo 4-0 in casa i maltesi del Floriana nel primo turno della Coppa dei Campioni). Nel frattempo, la giunta dei colonnelli era caduta, nel 1974, e la Grecia aveva ripreso il proprio cammino verso la democrazia.

Il cambio al potere rappresentò un’altra inversione di rotta per il Panathinaikos: alla presidenza arrivò l’ex-centrocampista Apostolos Nikolaïdīs, che sarebbe stato la più importante figura sportiva del post-dittatura (nello stesso anno fu nominato anche a capo del Comitato Olimpico), mentre Puskás decise di cambiare aria e tornare in Spagna da Franco, dove avrebbe allenato il Real Murcia e ottenuto una retrocessione in seconda divisione. Il ruolo di allenatore fu ripreso, simbolicamente, da Bobek, che rimase in carica fino alla fine della stagione. Da lì in avanti, il Pana avrebbe avuto cinque allenatori provenienti da paesi del blocco comunista, e fu proprio sotto la guida di uno di questi – il polacco Jacek Gmoch – che nel 1985 andò vicino a un’altra clamorosa finale di Coppa dei Campioni: i greci eliminarono in serie Feyenoord, Linfield e Göteborg, prima di arrendersi in semifinale contro il Liverpool. In campo c’erano l’argentino Juan Ramón Rocha, il difensore jugoslavo Velimir Zajec e il fenomenale regista Dīmītrīs Saravakos, ma questa è un’altra storia.

Fonti

DRAGOJEVIC T., “I’m positive the match was fixed”, Red-Volution

LOGOTHETIS Georgios, MATSARIDIS Apostolos, KAIMAKAKIS Vasileios, The panem et circenses policy of the Regime of the Colonels in Greek sport, 1967-1974, History and Cultural Aspects of Sport

MCCRACKEN Craig, An indecent proposal to Panathinaikos in 1971, The Versed

RANIERI Giuseppe, MORETTI Matthias, Grecia: come l’estrema destra si è insediata sugli spalti, Sport Popolare

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