Dalla bandierina del calcio d’angolo si alzò un pallone gentile. Igor Vrablic scelse il tempo giusto, anticipò la difesa, staccò e di testa la spedì verso l’angolino alto della porta. Gol allo scadere: la sirena richiamava tutti i giocatori all’interno delle proprie celle. Il tizio che aveva fatto l’assist gli venne incontro e gli disse: “Però! Sei bravo, te!”. Certo che era bravo, Igor. “Un gol così – replicò – lo avevo fatto all’Honduras, nel 1985. Andammo a giocare i Mondiali, con quel gol, lo sai?”
Quanto avevano investito, gli statunitensi, nel soccer? Quanto in pubblicità, quanto per portare nella loro sfavillante NASL i più grandi (vecchi) calciatori del mondo? E che cosa avevano ottenuto? La nazionale stars’n’stripes traccheggiava nell’inconsistenza calcistica, non era mai nato un vero movimento, e nel 1985 la lega professionistica aveva chiuso per bancarotta. Era dal 1948 che gli Stati Uniti non prendevano parte alle Olimpiadi e dal 1950 che non si vedevano ai Mondiali. Invece, con molti meno dollari e clamore, gli stupidi cugini del nord erano riusciti a compiere l’impresa: il Canada a Messico 1986.
L’assistman era Carl Valentine, sia del primo vantaggio – quello di George Pakos – che del raddoppio firmato da Vrablic nel match decisivo contro i caraibici. Giocava al West Bromwich Albion, ed era probabilmente il calciatore canadese più noto al mondo, anzi forse l’unico noto al mondo. Dietro c’era Bob Lenarduzzi, pilastro della difesa dei Vancouver Whitecaps assieme ai futuri assi del Liverpool Bruce Grobbelaar e Peter Beardsley, e poi dei Los Angeles Aztecs, allenati da Rinus Michels e con in campo Johan Cruijff. Inglese purosangue, invece, era il coach Tony Waiters, ex-portiere del Blackpool degli anni Sessanta con addirittura cinque presenze in nazionale.
Dal canto suo, Vrablic aveva appena vent’anni, quando segnò quello storico gol che portava i Cunacks ai loro primi Mondiali della storia, approfittando dell’allargamento del numero dei partecipanti voluto dal presidente della FIFA Havelange. Alto e slanciato, nato a Bratislava ma emigrato giovanissimo con la famiglia a Waterloo, in Ontario, si era subito messo in mostra come una promettente punta. A diciotto anni aveva fatto il suo esordio in nazionale e firmato un contratto con i Golden Bay Earthquakes di Oakland, California. L’anno seguente, alle Olimpiadi di Los Angeles, aveva fatto furore in coppia d’attacco con Dale Mitchell, conducendo il Canada fino ai quarti di finale, dove cedettero al Brasile solo ai calci di rigore.

Era stato quel torneo ad aprirgli le porte dell’Europa, e il calcio aveva smesso di essere solo una passione giovanile, iniziando a trasformarsi in una vera e propria carriera. Anche se l’Europa gli si presentò sotto le sembianze della provincia belga, in seguito all’ingaggio da parte del RFC Sérésien, piccolo club originario dei dintorni di Liegi.
Ai Mondiali, il Canada esordì contro i campioni d’Europa della Francia di Michel Platini: sembrava dovesse essere un massacro, e invece resistette fino al 79′. Nei minuti iniziali, Vrablic si avventò su un filtrante di un compagno, tagliando a metà l’area francese e dribblando il portiere Joel Bats. Si dovette allargare verso il limite sinistro, si voltò rapidamente e tirò di puro istinto, ma un difensore respinse sulla linea. Il Canada non andò mai più vicino di così al gol, nelle successive due partite, entrambe prevedibilmente perse contro Ungheria e Unione Sovietica.
Ma la prestazione dei nordamericani al loro primo torneo fu più che convincente: giovani e senza esperienza, ma di prospettiva, i Cunacks lasciavano sperare in un futuro brillante. Vrablic, dopo un ottimo Mondiale, ottenne un importante trasferimento ai greci dell’Olympiakos: si stava avviando a divenire il più importante calciatore canadese di tutti i tempi.

Merlion Cup, Singapore. È passato qualche mese dall’eliminazione dal Mondiale, e il Canada sta partecipando a un torneo d’allenamento con squadre minori, tra le quali gode dei favori del pronostico. Una di queste sere, cinque giocatori stanno giocando a carte per i fatti loro: sono Vrablic, i talentuosi Paul James e Dave Norman, e gli esordienti Chris Chueden ed Hector Marinaro. Vengono avvicinati da un uomo dai tratti asiatici, che mostra loro 100mila dollari: se li possono tenere e dividere, basta che perdano la semifinale contro la Corea del Nord. Qualche giorno dopo, il Canada perde a sorpresa 2-0: una vera fortuna, per gli scommettitori più incalliti.
Ma Paul James non si dà pace: ha ventitré anni, gioca in Messico nel piccolo Monterrey, ed è stato cresciuto da persone oneste. Decide all’improvviso di restituire la sua parte ai compagni, pentito. Deve confessarsi con qualcuno, ma non vuole far scoppiare un casino: lo dice allora a Randy Ragan, esperto difensore della nazionale e suo grande amico. E si sente meglio, com’è ovvio. Solo che ora anche Ragan è turbato, e chiede che fare a Bruce Wilson, ex-capitano del Canada ritiratosi subito dopo il Mondiale messicano: è Wilson, a questo punto, che va a parlare con Waiters – che da poco ha lasciato la panchina al suo ex-assistente Bob Bearpark – che a sua volta riferisce tutto alla Federazione. Scoppia lo scandalo.
Igor Vrablic non fa in tempo a terminare la stagione con l’Olympiakos – poi vincitore del campionato – che arriva la squalifica. Il calcio europeo si era già scontrato qualche anno prima con il calcioscommesse: nel 1980, lo scandalo del Totonero aveva travolta la Serie A italiana, coinvolgendo direttamente alcuni dei suoi più illustri giocatori. Nessuno era più disposto a investire su un ragazzo canadese che si era venduto per 20mila dollari. In patria, per contro, Vrablic era passato rapidamente da eroe a reietto, e i già poco blasonati club locali non erano interessati a farsi cattiva pubblicità dando una nuova chance al traditore. Nel 1987, a soli ventidue anni, la carriera sportiva di Igor Vrablic raggiungeva il suo epilogo.

Ma non fu certo un caso di combine a portarlo in carcere, non scherziamo: fu quello che avvenne dopo. Per un po’, Vrablic scomparve dai radar. Tornò a casa sua in Ontario, cercò un lavoro come tutte le persone normali, provò a dimenticare che poteva essere un campione e a far dimenticare che era stato un truffatore. Non si seppe più nulla si di lui fino al 2007, a trent’anni esatti dal suo ritiro, quando il suo nome comparve tra gli arrestati dopo un raid anti-droga della polizia canadese a Waterloo.
Giovane star dello sport, eroe nazionale, truffatore, spacciatore di droga. Il “tradimento” di Igor Vrablic incarna il grande sogno infranto del Canada: il 4 luglio 1988, Henry Kissinger annunciava che i Mondiali del 1994 si sarebbero disputati negli Stati Uniti; a ottobre, il Canada – spaccato in due dallo scandalo – veniva clamorosamente escluso dal torneo di qualificazione in vista di Italia ’90 a opera del modesto Guatemala, lasciando di fatto agli statunitensi il predominio nel soccer nordamericano. Dieci anni dopo, sarebbe stata inaugurata la Hall ofFame del calcio canadese, da cui il nome di Igor Vrablic è finora sempre stato tenuto prudentemente alla larga.
Fonti
–BATEMAN Chris, That day a Toronto striker put Canada in the World Cup, BlogTO
–MASSEY Benjamin, Canadian players convicted in match-fixing scandal, Eighty-Six Forever