Gli albori del calcio multiculturale europeo

La multiculturalità non è nata oggi, è solo divenuta palese. Il pensiero che le persone di etnia mista siano un fenomeno degli ultimi dieci anni si fonda su una selezione involontaria della realtà storica o sulla sua scarsa conoscenza. Se dovessimo prendere un centinaio o anche più di persone che si ritengono esperte della storia del calcio e domandassimo loro chi sia stato il primo calciatore nero a vestire la maglia di una nazionale europea, la quasi totalità non saprebbe indicarne non solo il nome, ma neppure l’epoca storica.

La risposta è Andrew Watson: padre scozzese e madre originaria di Damerara, nella Guyana britannica – a sua volta discendente dagli schiavi importati lì dall’Africa – esordì con la Scozia il 12 marzo 1881 nell’annuale match contro l’Inghilterra, che quella volta si disputava allo stadio The Oval di Londra e si concluse con un netto 6-1 in favore degli ospiti, di cui Watson indossava la fascia da capitano. Watson, di ruolo difensore, militava all’epoca nel Queen’s Park di Glasgow, e successivamente avrebbe giocato anche in Inghilterra con Swifts, Corinthians e Bootle, prima di ritirarsi nel 1892, a trentasei anni di età.

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Il Queen’s Park di Glasgow nella stagione 1880-1881: Andrew Watson è il primo calciatore sul fondo, da sinistra.

Watson fu un pioniere e visse, giustamente, all’epoca dei pionieri: anticipò di circa un decennio Arthur Wharton – inglese di origine ghanese e primo calciatore nero professionista – anche se dopo di lui la Scozia dovette attendere fino al debutto di Nigel Quashie nel 2004 prima di vedere un altro calciatore non caucasico in nazionale. Nel frattempo, con grande ritardo, l’Inghilterra aveva infranto il tabù prima nel 1971 con Benjamin Odeje, che era sceso in campo solo in una nazionale giovanile, e poi nel 1978 il difensore Viv Anderson del Nottingham Forest aveva indossato per la prima volta la maglia dei Three Lions. Un anno dopo, anche l’Irlanda faceva debuttare un difensore di colore con Chris Hughton del Tottenham, mentre i cugini del Nord avrebbero atteso fino al 1997 con Jeff Whitley, centrocampista di origini zambiane in forza al Manchester City. Ad anticipare tutti, però, era stato a sorpresa il Galles, che già nel 1931 aveva schierato in nazionale il giocatore del Bradford Eddie Parris, figlio di due immigrati giamaicani.

L’esordio di Parris contro l’Irlanda del Nord seguì di qualche mese quello di Raoul Diagne nella Francia: nato nella Guyana francese da un politico coloniale senegalese, Diagne era un difensore di appena ventuno anni militante nel Racing Club di Parigi, con il quale vinse un campionato e tre coppe nazionali negli anni Trenta e avrebbe vestito la maglia blu anche ai Mondiali casalinghi del 1938, divenendo il primo nero a giocare la Coppa del Mondo con una squadra europea. Un anno prima del suo debutto, l’Uruguay aveva vinto la prima edizione del torneo trascinato proprio da un lontano discendente di schiavi africani, José Leandro Andrade. Il primo nero a vincere il Pallone d’Oro europeo fu poi l’attaccante mozambicano naturalizzato portoghese Eusebio, nel 1965, anche se il primo calciatore di colore nel Portogallo era arrivato già nel 1937, e si trattava del centravanti del Benfica Guilherme Espirito Santo, nato a Lisbona ma originario della colonia di São Tomé.

Ma né Parris né Diagne possono fregiarsi del titolo di primi calciatori neri in una nazionale europea del Novecento, e cioè dell’epoca moderna del calcio. Contro ogni aspettativa, quel titolo spetta a Vahap Ozaltay, turco nato in Libano da genitori di origine africana, che fece la sua prima apparizione in nazionale nel 1927, a soli diciannove anni, contro la Bulgaria. Nel giro di pochi anni, Ozaltay si impose come un centrocampista di grande valore con la maglia dell’Altay, venendo notato dai francesi del Racing Club e trasferendosi nel cuore dell’Europa per giocare cinque stagioni al fianco proprio del sopracitato Diagne: con questo trasferimento, divenne il primo calciatore professionista turco e il primo a giocare per un club straniero.

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Vahap Ozaltay negli anni Venti, con la maglia dell’Altay di Izmir. Una volta ritiratosi, divenne allenatore della nazionale militare turca, con cui vinse il titolo mondiale di categoria nel 1954.

Il resto dell’Europa ci ha messo un po’ di più a dare spazio ai cittadini di seconda generazione nelle nazionali di football: il primo figlio delle colonie a vestire la maglia dell’Olanda – prima dell’epoca d’oro inaugurata da Gullit e Rijkaard negli anni Ottanta – fu Humphrey Mijnals, difensore cresciuto nel Robinhood di Paramaribo, in Suriname, per poi affermarsi ad Utrecht e diventare un Orange nel 1960. Il vicino Belgio, invece, ha atteso fino al 1987, con la convocazione dell’attaccante del Lokeren di origine congolese Dimitri Mbuyu. Prima dei belgi, era toccato inaspettatamente all’Austria (nel 1965 con Helmut Koglberger, attaccante del LASK Linz con madre austriaca e padre afro-americano, militare di stanza in Europa alla fine della guerra) e alla Germania (nel 1974 con Erwin Kostedde, anch’egli figlio di una tedesca di un afro-americano, che fu attaccante nel Kickers Offenbach, nel Borussia Dortmund e nel Werder Brema).

Il primo italiano di colore è stato Fabio Liverani, solo nel 2001: prima di lui avevano fatto in tempo a esordire calciatori neri nelle nazionali di Svezia (Jean-Paul Vonderburg del Malmo, nel 1990), Grecia (il “Gullit dei poveri” Daniel Batista Lima, nato a Capo Verde, debuttò nel 1994, all’epoca in cui giocava per l’Olympiakos), Spagna (Donato, arrivato all’Atletico Madrid dal Brasile nel 1988, vestì la maglia roja nel 1994, dopo il trasferimento al Deportivo La Coruña), Norvegia (John Carew, centravanti di origine gambiana passato anche dalla Roma, giocò la prima volta in amichevole contro l’Egitto nel 1998), Ungheria (nel 1999, con l’attaccante del Vasas Thomas Sowunmi, nato in Nigeria da parte africano e madre ungherese), Polonia (il nigeriano Emmanuel Olisadebe, naturalizzato nel 2000 dopo quattro stagioni in forza al Polonia Varsavia, e poi in nazionale durante i Mondiali del 2002) e Svizzera (sempre nel 2000, con il difensore Badile Lubamba, nato in Congo ma cresciuto in terra elvetica, che fu sostituito nello stesso match dal connazionale Blaise Nkufo).

Fonti

COLA Simone, Andrew Watson, la vita del primo calciatore di colore nella storia, L’uomo nel pallone

Guilherme Espirito Santo, un imortal!, A Minha Chama

John Edward (‘Eddie’) Parris, Historycal Roots

 

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