Calarsi nel contesto futbolista degli anni Trenta vuole dire imparare a stare a galla in un mondo in cui Gonzalo Higuain si trasferisce a giocare al Genoa invece che alla Juventus (che nella prima metà degli anni Trenta vinse cinque scudetti consecutivi, mentre il Genoa non vinceva un titolo dal 1924 e, sebbene nel 1930 avesse raggiunto il secondo posto dietro all’Ambrosiana-Inter, pochi anni dopo sarebbe addirittura retrocesso). Il Gonzalo Higuain dell’epoca si chiamava Guillermo Antonio Stabile.
Parque Patricio, nel 1905, era uno dei barrios meridionali e popolari di Buenos Aires ed era stato da poco completamente ristrutturato secondo il progetto di un architetto francese, che aveva abbattuto il vecchio mattatoio -nella zona che di notte diveniva un bordello a cielo aperto ma dove, nel frattempo, si alternavano poveri musicisti di strada e avventori dell’ora tarda, che muovendosi al ritmo della luna stavano inventando quella cosa che tutti avrebbero poi chiamato tango- e aveva riempito il quartiere di parchi. Diciannove anni più tardi, le opere pubbliche avevano sostanzialmente recuperato Parque Patricio e tutta l’Argentina stava vivendo un intensa crescita culturale e sociale: Guillermo Stabile, figlio di madre criolla e padre italiano, dopo aver giocato un poco nello Sportivo Metán, esordì finalmente con la prima squadra del Huracan, il club di Parque Patricio, il 30 marzo contro il Boca Juniors. Per essere un’ala destra, aveva la tendenza ad accentrarsi spesso e cercare la porta: la porta lo chiamava, lo sfidava, ed era difficile dire di no. Con l’avanzamento nel ruolo di centravanti, Stabile diventò la nuova stella del calcio argentino, con uno scatto bruciante che gli valse il soprannome di el Filtrador.
Ma, alla fine degli anni Venti, l’Albiceleste aveva degli avanti di altissimo valore che lo relegavano regolarmente in panchina: Manuel Ferreira dell’Estudiantes era un numero 10 di preziosissimo valore nella manovra argentina, mentre Roberto Cherro del Boca era un centrattacco che faceva letteralmente valanghe di gol. Capitò però che, nella seconda partita dei Mondiali 1930, Cherro s’infortunò al ginocchio e Ferreira dovette rientrare al volo a Buenos Aires per dare un esame all’università (all’epoca succedeva anche questo: i calciatori studiavano quasi tutti e un esame valeva ben una partita dei Mondiali); l’entrenador (anzi, los entrenadores: sulla panchina argentina sedevano assieme Francisco Olazar e Juan José Tramutola) lo gettò nella mischia. Stabile fece una tripletta, e nessuno provò più a toglierlo dalla formazione.
Ma quando si dice che era l’Higuain dell’epoca, ci si riferisce al fatto che quel Mondiale lo concluse con 8 reti all’attivo, miglior marcatore del torneo, e subito dopo firmò col Genoa. Il 16 novembre 1930 scese in campo per la prima volta coi Grifoni, contro il Bologna, e fu un’altra tripletta all’esordio: ci aveva preso gusto. Il caso (leggi, gli infortuni) non gli consentì di lasciare il segno e, alla retrocessione del club in serie B nel 1934, passò al Napoli, dove non segnò neppure un gol. Appese gli scarpini al chiodo in Francia, dopo quattro anni con il Red Star Parigi.
Molte storie finiscono qui, quella di Guillermo Stabile no. Tornò in Argentina per allenare il San Lorenzo (anche perché un po’ di esperienza l’aveva già fatta, prima come assistente di Luigi Burlando a Genova, e poi come allenatore-giocatore a Parigi), pochi mesi e la chiamata sulla panchina dell’Albiceleste, la nazionale con la quale avrebbe tanto voluto vincere, ma con cui non vinse mai.
Nel 1939, quando diventò selezionatore, l’Argentina era ferma più o meno allo stesso punto di quando l’aveva lasciata, dopo la finale del ’30: un’eterna incompiuta, la seconda potenza calcistica del Sudamerica dietro all’insormontabile Uruguay che nel giro di due anni gli aveva tolto sia l’oro olimpico che quello mondiale, e che poteva vantare ben sette Copas America contro le sole cinque degli argentini. C’era un furore atavico che pervadeva gli aficionados di Buenos Aires e dintorni, una castrata voglia di riscatto che avrebbe trovato libero sfogo solo grazie a Stabile, l’argentino che fece più gol di tutti in Uruguay, ma che tornò a casa senza la Coppa Rimet.
Dal 1939 al 1958, Stabile ribaltò la storia del calcio sudamericano vincendo sei edizioni della Copa America, di cui tre consecutive, annichilendo gli uruguagi -che nello stesso periodo ne vinsero appena due, venendo scavalcati in testa al palmares- e diventando l’allenatore più vincente della storia della competizione. L’Uruguay entrò in una spirale discendente dalla quale ha impiegato decenni per riprendersi, soprattutto fuori dai confini continentali, mentre l’Argentina si è affermata come una fucina di talenti e di bel gioco, arrivando a contendere al Brasile la supremazia territoriale nel calcio. Vent’anni di successi e spettacolo, due generazioni di talenti argentini fatti esplodere e poi lasciati andare nel mondo (Alfredo Di Stefano, Antonio Angelillo, Omar Sivori). Nello stesso periodo allenò anche Huracan e Racing Club, vincendo con quest’ultimo tre campionati, ma questi sono dettagli. Quando l’Argentina abbandonò senza lode la Svezia dopo il girone mondiale del 1958, a seguito di un pesamte 1-6 subito dalla Cecoslovacchia, la Federazione lo sollevò dall’incarico, ma non importava: Guillermo Stabile aveva già fatto abbastanza, aveva reso finalmente grande l’Argentina.
Fonti
-AA VV, Almanacco illustrato del calcio 2003, Panini
–AA VV, Stabile Guillermo: il grande Filtrador, Storie di calcio
–MALHOTRA Tarutr, Guillermo Stabile: The last of the great Argentine romantics, These Football Times
–MASTROLUCA Alessandro, Guillermo Stabile, i trionfi di Mister Copa America, Fanpage.it
–MEINGATI Giacomo, Guillermo Stabile, “el Filtrador”, Alganews
-SEDDON Peter, The World Cup’s strangest moments, Robson
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