“Un veto politico”. Così lo ha definito uno che di interferenze tra calcio e politica se ne intende parecchio, Recep Erdoğan. Parlando all’Università Atatürk di Erzurum a fine dicembre, il Presidente turco ha sostenuto che il Portogallo avrebbe tenuto in panchina Cristiano Ronaldo ai Mondiali in Qatar per la sua vicinanza alla causa palestinese. Non ha aggiunto altro, per cui non sappiamo da chi sarebbe venuto questo veto e perché avrebbe colpito il solo Ronaldo, mentre i giocatori marocchini hanno potuto mostrare la bandiera palestinese innumerevoli volte senza la minima ripercussione. E così questa sembra la solita sparata di un politico autoritario ma visceralmente appassionato di calcio, un mondo che però lo ha spesso respinto. Eppure a molti è suonato più di un campanello: Ronaldo, in effetti, sta notoriamente dalla parte dei palestinesi. Vero?
La storia di Cristiano Ronaldo e della Palestina circola da tempo online, soprattutto nel giro della sinistra. Il sottoscritto, per esempio, l’ha sentita la prima volta circa dieci anni fa: una conoscente mi segnalò un comunicato pro-Palestina firmato da diversi calciatori professionisti, praticamente tutti arabi o africani, se non fosse stato per la presenza anche di Cristiano Ronaldo, all’epoca attaccante del Real Madrid. Col senno di poi, il suo nome in mezzo a tutti quelli mi sembrò abbastanza strano: era l’unico europeo, anzi l’unico occidentale, e sebbene fosse da anni un giocatore famosissimo a livello globale non avevo mai sentito di sue esplicite prese di posizione per la Palestina (o, in generale, su tematiche politiche). A ripensarci, il sito che riportava il comunicato e le firme non faceva parte di nessuna organizzazione riconosciuta od organo d’informazione ufficiale. Ma si sa che spesso le notizie sulla situazione in Palestina circolano su misconosciuti siti di controinformazione gestiti da attivisti, per cui non ci diedi troppo peso all’epoca. Ma è ovvio che, in questo modo, prendono a circolare facilmente notizie non verificate: la mala-informazione fa spesso più danno alle cause della propaganda avversa.
Oggi, di quel comunicato non riesco più a scovare traccia, ma le notizie del supporto di Ronaldo alla causa palestinese popolano internet con una certa assiduità. Basta una ricerca veloce su Google per accorgersi che anche siti più noti e qualificati hanno riportato questa storia o qualcosa del genere. A vederla così, dunque, potremmo dire che è verosimile, ma basta scendere un attimo nella cantina delle fonti per scoprire che è vuota e molto polverosa. La fonte più vecchia che ho rintracciato a proposito di questa storia risale al settembre 2013 (quindi, più o meno all’epoca in cui m’imbattei nel famoso comunicato), quando il profilo Twitter della società di scommesse ODDSbible rivelò che Ronaldo aveva donato 1,4 milioni di euro ai bambini palestinesi. Da dove provenisse la notizia originale, oggi è difficile stabilirlo, ma il tweet non ebbe grande successo, tanto che oggi vanta poco più di 300 like e meno di 1.000 condivisioni. Eppure, in qualche modo la notizia prese a circolare.
Sei anni dopo, AFP realizzò un fact-checking della storia, smentendola completamente. È interessante notare che, secondo l’agenzia di stampa, la notizia era divenuta virale sui social network a fine maggio 2019: c’è tutta una parte sommersa, in questi iceberg, che è sfuggita pure a essa. Era partita da una pagina Facebook in lingua araba ed era arrivata in Spagna e Francia; da qui, l’emittente venezuelana Telesur ci aveva dedicato un articolo in lingua inglese, nel quale citava la pagina Facebook di una ong nigeriana, e infine era approdata su Russia Today, che l’aveva diffusa globalmente (e questo racconta bene il potere dei media russi prima della guerra in Ucraina). AFP aveva contattato Gestifute, l’agenzia che gestisce gli affari di Cristiano Ronaldo, che aveva confermato che la vicenda era falsa, “proprio come altre storie pubblicate su Ronaldo” aggiungeva l’ufficio stampa.

Potrebbe già bastare così, a dire la verità. Ma il fatto è che la leggenda di Ronaldo e della Palestina ha ormai assunto uno status quasi letterario, con una varietà di fonti e notizie diverse che paiono i varii capitoli di un romanzo. Tutti ovviamente falsi, è chiaro. Di questa narrazione è un ottimo esempio un articolo firmato da Marco Barone sul suo blog su Calciomercato.com, nel maggio 2019, che riprende proprio la bufala lanciata da Telesur. Oltre alla storia della donazione da 1,4 milioni di euro (qui tradotta in 1,5 milioni di dollari), l’articolo cita altre prove a supporto della tesi palestinese: quando nel 2012 Ronaldo mise all’asta la Scarpa d’Oro per raccogliere fondi per i palestinesi sotto i bombardamenti israeliani; quando nel 2013 si rifiutò di scambiare la propria maglia coi giocatori d’Israele, dopo un incontro tra le rispettive nazionali per le qualificazioni ai Mondiali in Brasile; quando nel 2016 ha accolto nel centro di formazione del Real Madrid Ahmad Daubasha, bambino palestinese di 5 anni sopravvissuto alle violenze israeliane.
Andiamo con ordine. La questione della Scarpa d’Oro era già considerata falsa nel novembre del 2012, come riporta Sportskeeda, e infatti se andate nel museo di CR7 a Madeira il trofeo sta proprio lì. La vicenda è talmente assurda che, secondo alcuni siti, la Scarpa d’Oro sarebbe stata venduta ottenendo il famoso ricavato di 1,4 milioni di euro donato poi alla causa palestinese. È invece vero che nel marzo 2013 Cristiano Ronaldo non volle scambiare la propria maglia coi giocatori di Israele, ma la motivazione era probabilmente tutt’altro che politica. La partita era finita 3-3 con una rimomnta clamorosa degli israeliani, che aveva lasciato i portoghesi con l’amaro in bocca, Ronaldo compreso. Tant’è vero che, se fosse stato un problema dare la sua maglia ai calciatori israeliani, non si capisce perché nel 2019 CR7 non abbia avuto le stesse remore a darla a Israel Katz, influente ministro in quota Likud. È vera la storia dell’incontro del 2016 al Bernabéu con il bambino palestinese Ahmad, sopravvissuto a un attacco israeliano in Cisgiordania, ma il suo viaggio a Madrid fu organizzato dal Real, dato che il bambino era tifoso dei Blancos, e diversi giocatori della squadra lo incontrarono di persona, non solo Ronaldo.
Ma tutto ciò non ha fermato la massiccia circolazione di altre storie di questo tipo. Nel maggio 2021, dopo un nuovo violento attacco israeliano nella Striscia di Gaza, ne sono uscite altre due diverse. La prima racconta di un videomessaggio in cui Ronaldo dichiara la sua vicinanza al popolo palestinese. Insomma, stavolta non sono più notizie riportate da terzi: c’è proprio un video. E una foto, perché la seconda storia consiste proprio in un’immagine inequivocabile, in cui il portoghese regge un cartello con sopra scritto “Todos con Palestine”. Partiamo dalla prima: è un video di una ventina di secondi, in cui Ronaldo dice che “Non c’è bisogno di essere musulmani per sostenere la Palestina, basta essere umani”. Ma la frase è riportata nel testo del post, e il video è solo uno screenshot dell’originale. Che infatti vede CR7 mandare un messaggio di solidarietà ai bambini siriani, in qualità di ambasciatore di Save the Children. Anche la foto è un falso, e si potrebbe capire anche solo guardando bene l’immagine e rendendosi conto che Ronaldo è troppo giovane: risale infatti al 2011, dieci anni prima, quando il portoghese mostrò un cartello con scritto “Todos por Lorca”, in riferimento alla cittadina spagnola duramente colpita da un terremoto.
Ma se qualcuno vuole proprio una bella foto sul tema Cristiano Ronaldo e Palestina può guardare quella scattata nel 2010 assieme all’allora Presidente israeliano Shimon Peres, venuto in visita al centro d’allenamento del Real Madrid (che per certi versi fa il paio con l’incontro, avvenuto nella stessa location, con il piccolo Ahmad). Se invece vogliamo un video, potrebbe andare bene quello di uno spot televisivo israeliano del 2016, al quale l’attaccante ex Juventus si prestò volentieri, scatenando molte proteste sui social da parte degli utenti pro-Palestina. Nel giugno 2022, l’emittente televisiva France 24 ha fatto un debunking in diretta di un servizio della tv di stato iraniana, smentendo ben sette false notizie che “dimostravano” il supporto alla causa palestinese da parte di Ronaldo. Si tratta ovviamente delle stesse cose di cui si è scritto qui sopra, e che continuano imperterrite a circolare.

È questo solo un articolo di debunking su un calciatore famoso e la politica? Forse sì, ma forse se ne può trarre anche una lezione più ampia. Ad esempio sul potere dell’informazione, anzi dell’informazione “alternativa”, nata con nobili intenti ma oggi sempre più spesso divisa tra siti disposti a pubblicare qualunque cosa porti click (e quindi soldi) e altri controllati da governi non propriamente democratici o comunque interessati a sostenere un certo tipo di propaganda, a prescindere dalla realtà dei fatti. Si è visto sopra come questa leggenda sia partita bene o male da testate come Russia Today per arrivare fino alla tv pubblica dell’Iran. E, se è vero che gran parte del pubblico occidentale medio non ha mai saputo nulla dei presunti legami tra Cristiano Ronaldo e la Palestina, per una nicchia di sinistra e interessata al conflitto in Medio Oriente questa vicenda è spesso divenuta una verità conclamata. Siamo tutti d’accordo che le idee politiche di un calciatore non siano un fatto così socialmente rilevante, ma questa piccola storia fa capire come certe notizie circolino e arrivino a determinate persone. E una volta che la bufala smette di essere il calciatore e inizia a essere qualcosa di più serio, ecco che cominciano i problemi.