La protesta solitaria della Lazio contro il regime franchista

Cinque colpi di fucile risuonano in tre diversi angoli della Spagna, in una mattina di fine settembre. A Hoyo de Manzanares, piccola località rurale a nord di Madrid, la Guardia Civil fucila tre ragazzi – José Luis Sánchez-Bravo, José Humberto Baena Alonso e Ramón García Sanz – membri dell’organizzazione comunista Frente Revolucionario Antifascista y Patriota. Contemporaneamente, presso il cimitero di Cerdanyola, altra cittadina ma a nord di Barcellona, i proiettili abbattono Juan Paredes Manot, detto Txiki, militante di ETA. Un suo compagno, Ángel Otaegui Echeverría, veniva fucilato nello stesso momento in un carcere di Villalón, piccola località a nord di Valladolid. Nell’Europa del 1975, la Spagna fascista è l’unico paese in cui ancora si eseguono condanne a morte contro gli oppositori politici. La notizia suscita sdegno in tutto il mondo, nelle organizzazioni di sinistra e non solo, fino ad arrivare a Roma, nella sede di un club di calcio.

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Come la Lazio è diventata la squadra dei fascisti

Il 6 gennaio 2005, Paolo Di Canio celebrava la vittoria della sua Lazio nel derby contro la Roma salutando la curva con il braccio teso. Il gesto era quello del cosiddetto saluto romano (che di romano non ha assolutamente nulla, ma questa sarebbe un’altra storia), segno identificativo dell’estrema destra italiana fin dagli anni Venti. Nonostante il coro di polemiche che seguì quel gesto, nessuno si sorprese veramente, nemmeno quando il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi lo difese dicendo: “Non è fascista, lo fa solo per i tifosi”. La Lazio, infatti, è storicamente considerata la squadra fascista per eccellenza.

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Il razzismo che il calcio continua a tollerare

Kalidou Koulibaly ha sbagliato ad applaudire l’arbitro Mazzoleni. Ma quell’applauso ha un contesto ben chiaro, che non si limita ai cori razzisti che lo hanno accompagnato fin dal primo minuto, e che non sono bastati – in barba alle regole e alle promesse di Lega e Federcalcio – a provocare la sospensione di Inter-Napoli. Il contesto è quello di un paese in cui il razzismo è sempre stato tollerato, e oggi è addirittura al governo. Continua a leggere “Il razzismo che il calcio continua a tollerare”