Sono i primi di luglio del 2024, e la Francia è in subbuglio. Mentre nella vicina Germania si giocano gli Europei, nel Paese si stanno tenendo le elezioni parlamentari, e al primo turno ci si è ritrovati dentro un incubo: l’estrema destra del Rassemblement National ha preso più di 10,6 milioni di voti, e punta a conquistare la maggioranza dell’Assemblea Nazionale per la prima volta nella sua storia. Con la declinante maggioranza centrista del Presidente Macron costretta a fare una battaglia di retroguardia, le speranze degli antifascisti sono concentrate sul Nouveau Front Populaire di Jean-Luc Mélenchon, che appena prima del secondo turno ha organizzato un grande comizio finale a Parigi. A un certo punto, sul palco sale un signore brasiliano, Raí Souza Vieira de Oliveira, per prendere la parola: “La conosco bene, l’estrema destra: quello che sanno fare meglio è mentire. L’ho conosciuta al potere. L’estrema destra è la fine del mondo, la fine dei diritti umani, dell’umanità. In Brasile abbiamo vissuto un incubo: quattro anni di misoginia, quattro anni di omofobia, pregiudizi, migliaia di morti, deforestazione. L’estrema destra è odio”.
Raí, a Parigi, lo conoscono piuttosto bene. Ci ha vissuto cinque anni, tra il 1993 e il 1998, quando giocava con il Paris Saint-Germain, in un periodo di grande splendore del club della capitale transalpina. La società all’epoca di proprietà dell’emittente Canal+ lo aveva acquistato per 4,6 milioni di dollari dal São Paulo, aggiungendolo a una rosa piena di talento: in porta c’era Bernard Lama, in difesa Paul Le Guen, a centrocampo David Ginola, e in attacco George Weah, che due anni dopo avrebbe conquistato il Pallone d’Oro. Alla sua prima stagione in Francia, Raí aveva conquistato il campionato e raggiunto una finale della Coppa delle Coppe, mentre in quella successiva, agli ordini di Luis Fernández, era stato il capocannoniere della squadra, vincendo una Coppa di Francia e una Coppa di Lega francese, e arrivando fino alle semifinali di Champions League. Nel 1996, dopo le aggiunte di Julio César Dely Valdés, Youri Djorkaeff e Patrice Loko, aveva sollevato la Coppa delle Coppe, tornando ancora un finale nella stagione successiva. Nel frattempo era divenuto pure capitano del PSG, e nella sua ultima annata in Europa aveva messo in bacheca ancora una volta la Coppa di Francia e la Coppa di Lega.
In quei cinque anni era divenuto un idolo assoluto della tifoseria parigina, che proprio in quel periodo iniziava ad ampliarsi e a rinnovarsi: nato come squadra della borghesia conservatrice della capitale, negli anni Novanta il PSG aveva iniziato ad attrarre i giovani delle banlieues. Il tifo tradizionalmente neofascista formatosi tra gli anni Settanta e Ottanta stava iniziando a lasciare spazio a sostenitori provenienti dalle classi lavoratrici e dalle periferie multietniche. In mezzo a tanti campioni che passarono dal PSG in quegli anni, Raí era indubbiamente quello che spiccava di più per leadership e qualità tecniche. Era un trequartista vecchio stampo, non molto veloce ma con un controllo di palla eccezionale, portato alla finalizzazione e con la capacità di inventare giocate sorprendenti da un momento all’altro. La sua carriera era iniziata nella seconda metà degli anni Ottanta con le maglie del Botafogo di Ribeirão Preto e del Ponte Preta, ma era decollata tra il 1987 e il 1993 con quella del São Paulo. Soprattutto dopo l’arrivo in panchina di Telê Santana, nel 1990, Raí si era trasformato da elegante regista offensivo a prolifico realizzatore.
Era divenuto capitano del club paulista, e nel 1991 lo aveva trascinato alla conquista del campionato nazionale, assieme a giocatori come Cafu, Zago, Leonardo e Müller. Sempre a suon di gol e di grandi giocate, era stato protagonista delle successive vittorie della Copa Libertadores (vinta due volte, nel 1992 e nel 1993) e della Coppa Intercontinentale, conquistata nel 1992 con una doppietta al Barcellona allenato da Johan Cruijff. Raí aveva poi nuovamente sconfitto i blaugrana durante la sua esperienza a Parigi, segnando una rete importantissima nel match di ritorno dei quarti di finale della Champions League 1994/95. Le sue prestazioni eccellenti con la maglia numero 10 del São Paulo lo avevano condotto fino alla Seleção, con cui era arrivato secondo alla Copa América del 1991, pur giocando poco. Nel 1994, Carlos Alberto Parreira lo scelse come capitano e numero 10 del Brasile per i Mondiali negli Stati Uniti, segnando su rigore all’esordio contro contro la Russia – anche se poi, nella fase a eliminazione diretta, il ct decise di lasciarlo quasi sempre in panchina, affidando la fascia a Dunga.

A parlare pubblicamente di politica, Raí aveva iniziato soprattutto dopo la fine della sua carriera da giocatore, avvenuta nel 2000 dopo il ritorno al São Paulo. Tuttavia, anche quando giocava non era difficile immaginarsi come la pensasse su certi temi: suo fratello maggiore, più grande di undici anni, era Sócrates, icona della Democracia Corinthiana e conosciuto globalmente per le due idee di sinistra. Loro padre Raimundo era un funzionario pubblico e grande appassionato di filosofia, che aveva già nominato i suoi primi figli come filosofi greci: avrebbe voluto chiamare anche l’ultimo Xenofonte, ma quella volta la moglie Guiomar si era opposta, convincendolo a ripiegare sul più comune Raimundo, poi abbreviato colloquialmente in Raí per differenziarlo dal genitore. Il bambino era nato nel 1965, un anno dopo il colpo di stato che aveva portato i militari al potere in Brasile, e che aveva costretto il signor Vieira a sbarazzarsi della maggior parte dei suoi libri, per non rischiare di finire nei guai con il regime. Raí era cresciuto negli anni della dittatura, ma aveva visto il fratello Sócrates diventare un simbolo della contestazione dei primi anni Ottanta, e all’inizio della propria carriera da calciatore professionista aveva assistito al ritorno della democrazia, nel 1985.
Già nel 1998, assieme al collega e amico Leonardo, aveva creato l’associazione benefica Fundação Gol de Letra, dedicata all’educazione dei giovani brasiliani in condizioni di difficoltà attraverso la pratica sportiva e la diffusione della cultura e del sapere. “Ci sono una biblioteca comunitaria, una cultura del teatro, il cambiamento delle abitudini di lettura. Lì, lo sport non è solo uno strumento per sviluppare il talento, ma un diritto di ogni cittadino” aveva spiegato in un’intervista del 2009 per il Museo da Pessoa di São Paulo. Negli anni successivi, il suo impegno politico e sociale in Brasile era poi divenuto via via più esplicito, ma sempre promuovendo il legame forte e necessario tra questi tre concetti: sport, educazione e democrazia. Non a caso, fu una delle figure del calcio brasiliano a prendere posizione contro l’elezione a Presidente dell’estremista di destra Jair Bolsonaro, nel 2018, e poi a fare campagna in favore del suo avversario Lula alle elezioni di quattro anni dopo.
Nel settembre 2022, prima del voto per le presidenziali, Raí era stato protagonista di un video ufficiale per la campagna del leader socialista brasiliano: “Voto Lula perché amo la vita, perché rispetto la vita, perché rispetto tutti i colori. Voto Lula perché sono antirazzista e antifascista”. Circa un mese dopo, a due settimane dal secondo turno delle elezioni, l’ex-centrocampista del PSG era stato invitato alla cerimonia del Pallone d’Oro per consegnare il primo Sócrates Award, intitolato alla memoria del fratello e assegnato al calciatore che si è maggiormente distinto nel sociale nella stagione precedente. Nel suo discorso introduttivo aveva detto: “Tutti sanno da che parte starebbe oggi Sócrates”, e aveva mostrato al pubblico e alle telecamere una “L” con le dita della mano destra, ovvero il simbolo della campana di Lula. Il 30 ottobre successivo, il candidato del Partido dos Trabalhadores sconfiggeva Bolsonaro e tornava Presidente con oltre 60 milioni di preferenze.
“Non esiste un calcio senza politica. – aveva detto nel 2023 a CNN Esporte – Il calcio può dare un grande contributo alla politica. Dev’essere un esercizio di cittadinanza”. Nel solco tracciato dal fratello maggiore, Raí ha continuato a parlare dello sport come strumento di democrazia e per la difesa dei diritti delle minoranze, schierandosi sempre dalla parte delle comunità marginalizzate. E non ha mai smesso di lavorare su sé stesso e cercare di apprendere nuove cose: nel maggio del 2024 ha infatti concluso con successo un Master in Scienze Pubbliche presso lo SciencesPo, un importante istituto di studi politici con sede a Parigi. “Ho sempre avuto una passione per le scienze sociali e la politica, ma il destino ha voluto che prima avessi una carriera di 18 anni come atleta professionista. – ha raccontato, dopo aver conseguito il diploma – Il mio obiettivo è di stimolare il mio cervello per avere buone idee, scambiare idee con gli altri, imparare”.

Non c’è dunque solo un 59enne ex-calciatore professionista brasiliano, sul palco parigino del Nouveau Front Populaire, ma tutto il pregresso di un uomo che da anni è in lotta contro il fascismo e in favore dei diritti dei più deboli. “Se vogliamo cambiare la nostra realtà e quella delle persone che ci stanno accanto, cambiamola con strategie, progetti, nuove politiche, ma non cambiamo i nostri valori fondamentali. – dice, parlando in un francese emozionato davanti a una piazza gremita, alzando il pugno al cielo come faceva suo fratello – L’estrema destra vuole l’odio; rispondiamo con la passione e l’amore. Dove vogliono la repressione, resistiamo con la libertà. Dove vogliono la censura, la menzogna, l’ignoranza, attacchiamo con la scienza, la mobilitazione, la cooperazione, le arti, la musica, il teatro, la danza. Questa è la Francia, questa è Parigi, questa è l’Africa. Qui ci sono tutti i colori, qui c’è il rispetto per tutti i colori!”.
Quattro giorni dopo, al secondo turno di votazioni del 7 luglio, il Nouveau Front Populaire conquisterà a sorpresa 146 seggi all’Assemblea Nazionale, due in meno dei centristi di Ensemble e 42 in più del Rassemblement National. In parlamento, la coalizione di Mélenchon si ritroverà con una maggioranza relativa di 178 seggi, davanti al partito di Macron (150) e all’estrema destra (142).
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