C’era un greco a Tashkent

Dicembre 1975, lo stadio Kaftanzoglio di Salonicco, nella Macedonia greca, era pieno come non mai. Non tanto per festeggiare lo spettacolo di un calcio finalmente libero, dopo la caduta del regime dei colonnelli, ma soprattutto per celebrare il ritorno a casa di Vasilis Hatzipanagis.

Gli Hatzipanagis erano militanti comunisti nella Grecia dei primi anni Quaranta, quella che si liberava dalla dominazione nazifascista solo per precipitare in una guerra civile tra le milizie partigiane del KKE e quelle centriste appoggiate da Stati Uniti e Gran Bretagna. Molti pensano che la guerra fredda iniziò a Berlino, e invece il suo esordio si tenne ad Atene nel 1944: le forze occidentali prevalsero, e i comunisti furono costretti a lasciare il paese per non essere arrestati o uccisi. Si parla di oltre 100mila esuli, molti di essi macedoni, che abbandonarono il paese alla volta dell’Est: l’Albania, la Jugoslavia, l’Unione Sovietica.

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Rifugiati greci in attesa di passare il confine, nel 1949.

La famiglia Hatzipanagis trovò rifugio a Tashkent, una città industriale della regione sovietica dell’Asia Centrale, nella Repubblica dell’Uzbekistan. Lì, nel 1954, nacque loro figlio Vasilis, che solo diciassette anni dopo avrebbe esordito all’ala sinistra nel club locale, il Paxtakor, e si sarebbe subito imposto come uno dei più importanti calciatori dell’intera nazione.

Il Paxtakor era una squadra modesta della periferia dell’impero: stazionava nel medio-basso livello del campionato sovietico, e il suo massimo acuto era stata la finale della coppa nazionale persa nel 1968 contro la Torpedo Mosca di Eduard Streltsov. In quel Paxtakor, giocavano i due calciatori uzbeki più forti della storia, gli attaccanti Gennadi Krasnitsky e Berador Abduraimov. Quest’ultimo era ancora in squadra quando esordì Hatzipanagis, e assieme a lui formò una memorabile coppia d’attacco che permise al Paxtakor di vincere la Pervaja Liga, la seconda divisione del calcio sovietico, nel 1972, e tornare nella massima serie.

Il calcio sovietico aveva regole molto diverse da quello del resto del mondo: non era semplice, per uno che nasceva fuori dalla Russia, ottenere grandi successi coi club. Nell’ottica di mantenere equilibrato il campionato e di garantire a ogni repubblica una propria “rappresentanza” sportiva, spesso i migliori giocatori restavano a giocare in squadre locali, come simboli identitari. Il fuoriclasse azero Anatoli Banişevski aveva trascorso tutta la carriera al Neftyanik Baku, la punta kazaka Sergey Kvočkin aveva fatto lo stesso con il Qaýrat di Almaty, e così anche il grande difensore georgiano Murtaz Khurtsilava con la Dinamo Tbilisi. La gloria era destinata alla Nazionale, in cui Hatzipanagis entrò nel 1975, disputando da protagonista quattro match del percorso di qualificazione per le Olimpiadi di Montreal, e venendo eletto dagli esperti il miglior talento sovietico subito dopo Oleh Blochin della Dinamo Kiev.

Nel frattempo, nel 1974 la Grecia era tornata alla democrazia, dopo sette anni di dittatura militare fascista. Il KKE era di nuovo legale e si respirava un’aria migliore, nel paese. Il calcio non era mai stato particolarmente popolare fino all’ascesa del regime che, come molti suoi simili, aveva deciso di investire nello sport come specchio di una nazione forte e progredita, comprendendo il grande potenziale nazionalistico e di distrazione che si portava appresso. Così, nel 1970 la Grecia aveva mancato per un solo punto la qualificazione ai Mondiali messicani, arrivando dietro la Romania ma davanti a Svizzera e Portogallo, terzo classificato al torneo precedente. E un anno dopo, il Panathinaikos allenato da Ferenc Puskas – e con in campo giocatori come Dimitris Domazos e Antonis Antoniadis – raggiungeva una storica finale di Coppa dei Campioni contro l’Ajax.

Il calcio si era quindi affermato in Grecia come lo sport favorito della dittatura, ed era visto con non poco sospetto dai dissidenti politici. Incurante di ciò, e anche del fatto che il calcio greco fosse ancora enormemente lontano dal livello di quello sovietico, Hatzipanagis decise di tornare a casa con la sua famiglia, e di andare a giocare non per uno dei principali club della regione – come il Panathinaikos, l’AEK Atene o l’Olympiakos, che aveva vinto gli ultimi tre campionati – ma per il modesto Iraklis di Salonicco, la terza squadra della città d’origine dei suoi genitori. Una scelta molto sovietica, senza dubbio.

Konstantin Beskov, allenatore dell’URSS, provò a convincerlo a non partire, ma senza successo: il clamoroso trasferimento di Hatzipanagis all’Iraklis – il primo di un calciatore sovietico nell’Europa occidentale – venne allora dipinto dalla propaganda come una sorta di dono che l’Unione Sovietica faceva ai greci, restituendo loro un incredibile talento fuggito a causa della guerra civile scatenata dagli americani.

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Vasilis Hatzipanagis ha segnato 84 reti in carriera, la maggior parte delle quali con la maglia blu dell’Iraklis Salonicco. Ha disputato quattro partite con la nazionale sovietica, segnando una rete, e poi due con la Grecia.

È grazie al periodo all’Iraklis, durato fino al ritiro nel 1990, che abbiamo qualche foto e video di Hatzipanagis: quella che emerge è la visione di un esterno offensivo molto veloce e tecnico, un assistman di rara eleganza e intelligenza calcistica decisamente sprecato per il contesto che aveva attorno. Forse, non era suo interesse giocare in squadre di maggior blasone, ma allo stesso tempo è vero che, all’epoca, il calcio greco non godeva di tanta fama da spingere club internazionali a investire su giocatori ellenici: esclusi i casi di Dimitrios Daras, Maik Galakos e Fotios Papadopoulos – che assaggiarono la Bundesliga negli anni Settanta, ma erano figli di immigrati – i primi calciatori greci a giocare nei maggiori campionati del continente arriveranno solo nella seconda metà degli anni Novanta, quando nel 1996 Giorgos Donis lasciò il Panathinaikos per il Blackburn e Vassilios Tsiartas passò dall’AEK Atene al Siviglia.

Il suo arrivo a Salonicco fu devastante: praticamente da solo, trascinò l’Iraklis a vincere la Coppa di Grecia, al termine di una leggendaria finale contro l’Olympiakos conclusasi sul 4-4 dopo i tempi supplementari e risolta ai calci di rigore. Il trofeo, l’unico della storia del club di Salonicco, portò l’Iraklis a disputare la Coppa delle Coppe la stagione successiva, dalla quale uscì però al primo turno a causa dei ciprioti dell’APOEL Nicosia.

A dispetto del suo immenso talento, la carriera di Hatzipanagis è stata accompagnata dalla sfortuna. Dopo appena due amichevoli con la maglia della Grecia, la UEFA gli notificò l’impossibilità di continuare a giocare con la nazionale ellenica, avendo già vestito la maglia dell’URSS. Nel 1980, dopo un campionato chiuso all’ottavo posto in classifica e una finale di coppa, l’Iraklis venne retrocesso d’ufficio perché trovato colpevole di una combine; Hatzipanagis rimase, e la stagione seguente il club era nuovamente in prima divisione. Alla promozione sarebbero seguiti altri importanti piazzamenti, tra cui due semifinali di coppa e un terzo posto in campionato, a un solo punto dall’Olympiakos: quell’anno, i posti della Grecia nelle competizioni europee erano stati ridotti di uno, altrimenti quel risultato avrebbe significato l’esordio in Coppa UEFA dell’Iraklis.

L’Europa la rivide solo nel 1990, ormai 36enne e prossimo al ritiro: ancora più che decisivo in Grecia, nonostante non più scattante come un tempo, condusse l’Imitheos al quarto posto, ma ancora un volta dovette arrendersi al primo turno, sconfitto di misura dagli svizzeri del Sion. Nella sua ultima annata in campo, si assicurò di lasciare l’Iraklis con una solida eredità: lui e i suoi compagni giunsero quinti in campionato, e grazie alla defezione dell’AEK furono ammessi ancora una volta in Europa.

Vasilis Hatzipanagis è una chicca per intenditori, il più eccezionale fenomeno del calcio di provincia che sia mai esistito. In Grecia è un eroe, al di fuori di essa è conosciuto solo dai più puri appassionati di estetica calcistica, e nelle ex-repubbliche sovietiche è quasi del tutto dimenticato. È più un eroe romantico che un campione dello sport, ed è probabilmente questa fama che ne ha riscattato la memoria in tempi recenti. Nel suo bizzarro addio al Paxtakor, però, c’è la sliding door decisiva della sua vita: nel 1979, l’aereo su cui viaggiavano i giocatori del club uzbeko si scontrò con un altro velivolo nei cieli sopra l’Ucraina, e ben diciassette componenti della squadra morirono.

 

Fonti

JONES Jason, The forgotten genius of Vasilis Hatzipanagis, a player once likened to Maradona, These Football Times

LOIACONO Andrea, Vasilis Chadzipanagis: il Maradona Greco che ha dovuto combattere con il destino, Io Gioco Pulito

VACATELLO Simone, Vassilis il greco, Rivista Undici

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