In Egitto non esiste nessuno celebre quanto Mohamed Aboutrika. Ha 38 anni e si è ritirato da quattro, ma le sue gesta in campo con la maglia numero 22 dell’Al Ahly e con quella della Nazionale lo hanno reso un idolo assoluto. Con i Diavoli Rossi del Cairo ha conquistato sette campionati, due coppe nazionali, cinque Champions League e ha ottenuto uno storico terzo posto al Mondiale per Club del 2006. È stato premiato come Calciatore egiziano dell’anno per quattro volte consecutive, tra il 2005 e il 2008; altre quattro volte è stato riconosciuto come miglior calciatore africano tra quelli che giocano nel continente, e nel 2008 ha ricevuto il titolo di Calciatore africano dell’anno della BBC. È stato tra i pochi giocatori al mondo ad aver vinto almeno una volta il titolo di capocannoniere di un campionato nazionale, della massima competizione continentale e del Mondiale per Club. Ecco perché sono tutti sconvolti, quando, nel 2017, il suo nome viene incluso ufficialmente in una lista di fiancheggiatori di un gruppo terrorista.
Si chiamano Fratelli Musulmani, ed esistono da quasi un secolo. Il loro obiettivo è sempre stato quello di trasformare l’Egitto in una teocrazia musulmana, opponendosi in maniera anche violenta prima alla dominazione britannica, poi alla monarchia, e infine alla Repubblica dominata dai militari. Messo fuorilegge nel paese, il movimento ha continuato a prosperare all’estero, soprattutto grazie al sostegno economico dell’Arabia Saudita, crescendo d’importanza nel mondo musulmano conservatore, fino a che nel 2011 non è stato nuovamente legalizzato in patria, in seguito alla caduta del regime di Mubarak. Nel 2012, i Fratelli Musulmani avevano sostenuto la candidatura di Mohamed Morsi a Presidente dell’Egitto, arrivando così a conquistare il potere, ma già un mese dopo le proteste contro il nuovo corso autoritario avevano messo in crisi il governo. Nel luglio 2013, un colpo di stato militare ha deposto Morsi e, con l’ascesa a Presidente del generale Abdel Fattah al-Sisi, i Fratelli Musulmani sono stati condannati come gruppo terrorista. Centinaia di suoi militanti sono stati in seguito arrestati e condannati a morte.
L’accusa di aver finanziato i Fratelli Musulmani non è proprio una novità, per ABoutrika: già nel 2015, all’inizio della repressione contro il movimento, il governo aveva posto sotto sequestro i suoi conti bancari e le quote di una società di cui era co-proprietario, l’Asshab Tours Company. Le autorità avevano appurato che l’altro socio dell’azienda, Anas Mohamed Omar El-Kady, era un membro dei Fratelli Musulmani, e che i fondi della compagnia venivano usati per sostenere il gruppo. Aboutrika aveva negato ogni collegamento con il movimento, e spiegato che El-Kady aveva ceduto le sue quote due anni prima. Dopo una lunga battaglia legale e due appelli rigettati, l’ex calciatore era infine stato assolto dalle accuse nel giugno del 2016. Eppure, meno di un anno dopo il suo nome è tornato nel mirino del regime di Al-Sisi, che evidentemente non ha mai dimenticato il sostegno esplicito che Aboutrika aveva dato nel 2012 a Morsi. Una mossa che già a quel tempo aveva fatto molto discutere tifosi ed elettori egiziani, incrinando per la prima volta la sua immagine di eroe nazionale.
Sebbene fino a quel momento non si fosse mai apertamente espresso in merito alla politica locale (cosa particolarmente rischiosa, ai tempi di Mubarak), Mohamed Aboutrika era diventato un idolo popolare anche per certe sue prese di posizione e iniziative esterne al triangolo verde. Nel 2005 aveva iniziato a collaborare con il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo, partecipando a degli eventi benefici contro la fame nel mondo. Durante la Coppa d’Africa del 2008 aveva celebrato un gol mostrando una maglietta di solidarietà con la popolazione di Gaza, in quel momento sottoposta a un blocco da parte di Israele. Poi, con la Primavera araba, il suo impegno politico si era fatto più esplicito. Nel settembre 2012 si era rifiutato di tornare a giocare nella finale della Coppa d’Egitto, dopo la lunga sospensione dovuta alla rivoluzione popolare contro Mubarak, dichiarando la propria solidarietà con i tifosi dell’Al Ahly, gli Ultras Ahlawy, banditi dagli stadi in seguito alla strage di Port Said. Si trattava di un episodio del febbraio precedente, quando i tifosi dell’Al Ahly erano stati aggrediti e massacrati da quelli dell’Al Masry di Port Said: 74 persone erano state uccise e oltre 500 ferite, con il benestare più o meno esplicito della polizia e dei militari, intenzionati a punire i tifosi del Cairo per il loro ruolo nelle proteste contro Mubarak.

Il calcio è uno strumento politico molto efficace, in Egitto. Al-Sisi vede in Aboutrika un avversario, sia per le sue simpatie di opposizione sia in termini di celebrità. Anche per questo motivo il regime ha scelto di puntare su un altro cavallo, il 25enne attaccante della Roma Mohamed Salah. Non è un idolo locale come Aboutrika, che ha trascorso praticamente tutta la carriera in uno dei club più prestigiosi del paese, ma potrebbe diventare la più grande star internazionale del calcio egiziano, forse il più noto calciatore arabo della storia. Salah ha trascorso pochi anni in Egitto, sportivamente parlando: è cresciuto in una squadra di secondo piano, l’Al Mokawloon, ma già a 20 anni si è trasferito in Europa per vestire la maglia del Basilea. A differenza dell’ex fantasista dell’Al Ahly, non si è mai espresso sulla politica nazionale, ma dal 2016 ha iniziato a fare cospicue donazioni alla fondazione umanitaria Tahta Masr Fund: non si tratta di un gesto del tutto neutro, dato che il fondo è controllato dal governo ed è stato istituito nel 2014 proprio da al-Sisi.
In compenso, dopo la risoluzione del primo caso giuridico che lo ha visto accusato, Aboutrika ha deciso di lasciare l’Egitto, partendo per una sorta di esilio volontario in Qatar, dove ha iniziato a lavorare come commentatore televisivo giusto pochi giorni prima delle nuove accuse. Una decisione che non ha fatto che confermare i sospetti che già avevano verso di lui i suoi detrattori: il Qatar è ritenuto il principale finanziatore dei Fratelli Musulmani, dopo che nel 2015 anche l’Arabia Saudita ha inserito il movimento tra i gruppi terroristi. A quello che un tempo era conosciuto come il Principe dei cuori, però, non mancano i sostenitori, per i quali le accuse hanno solo consolidato la sua fama di eroe popolare: da grande calciatore a simbolo dell’opposizione al regime di Al-Sisi. Uno dei primi a prenderne le difese è stato Ahmed Hossam “Mido”, allenatore ed ex attaccante egiziano con una carriera altalenante in Europa ma uno status comunque di star nel paese natale: “Posso testimoniare davanti ad Allah che Aboutrika è una delle migliori persone con cui abbia mai avuto a che fare nella mia vita, un uomo gentile e indulgente con tutti.” ha scritto su Twitter, chiedendosi se il governo avesse effettivamente delle prove dei suoi legami con i terroristi.
La fama positiva di cui gode Aboutrika va oltre il suo passato da calciatore, ma allo stesso tempo non è popolare solo tra la parte più conservatrice e religiosa della popolazione egiziana. Il suo background è decisamente insolito, per un calciatore: innanzitutto è uno dei pochi atleti di alto profilo ad avere una laurea, conseguita quando era ancora in attività. Per potersi concentrare sugli studi in Filosofia, ha trascorso i suoi anni da giovane calciatore nel Tersana di Giza, il quartiere in cui ha sede l’università, che è una squadra di secondo piano nel panorama nazionale. A quei tempi, arrivò addirittura a rifiutare un corposo aumento di stipendio, dopo che a un suo compagno meno talentuoso era stato offerto un nuovo contratto a cifre sensibilmente più basse. Un calciatore-filosofo, con una buona proprietà linguistica, che si interessa di beneficenza e dimostra di avere una coscienza politica e sociale: tutte caratteristiche che gli sono valsi l’apprezzamento anche da parte dell’opposizione liberale al governo di Al-Sisi.
E ovviamente anche dai tifosi di calcio più ostili verso il potere. A Port Said, Aboutrika si era visto morire tra le braccia di un quattordicenne sostenitore dell’Al Ahly; in seguito, aveva partecipato personalmente a diversi funerali delle vittime, e in un’occasione si era pure rifiutato di incontrare il generale Mohammad Tantawi, Ministro della Difesa all’epoca della strage. Nel 2013, durante la sua breve esperienza ad Abu Dhabi con il Baniyas, aveva scelto di vestire la maglia numero 72, in ricordo del numero di sostenitori dell’Al Ahly uccisi a Port Said (le altre due vittime erano state un poliziotto e un tifoso dell’Al Masry). Nello stesso anno, tornato in Egitto per chiudere la carriera con i suoi Diavoli Rossi, aveva conquistato un’ultima Champions League africana, ma aveva poi rifiutato la medaglia che gli sarebbe dovuta essere consegnata dal Ministro dello Sport Taher Abu Zaid. L’ennesimo segno evidente di dissenso nei confronti dei militari: non stupisce allora che il regime abbia deciso di prenderlo di mira, cercando di comprometterne la credibilità.

Per anni, Aboutrika non potrà più mettere piede in Egitto, per non rischiare il sequestro del passaporto e, quindi, una sostanziale prigionia nel proprio paese, con conseguente impossibilità di riprendere il proprio lavoro per l’emittente qatariota beIN Sports. Fuori dal mondo arabo, il suo caso resterà in gran parte sconosciuto, e l’ex campione egiziano finirà per far discutere per ben altri motivi, tutt’altro che edificanti. Divenuto uno dei testimonial principali del Mondiale del 2022 in Qatar, nonostante le polemiche sulle violazioni dei diritti umani nel paese del Golfo, nel novembre del 2021 criticherà anche la campagna contro l’omofobia della Premier League, definendo l’omosessualità “un’ideologia pericolosa” e “non compatibile con l’Islam”, e chiedendo a beIN Sports di non dare visbilità a nessuna iniziativa in favore della comunità LGBTQ+ durante le dirette del campionato inglese.
Nel frattempo, le autorità egiziane non sono mai riuscite a provare alcuna connessione diretta tra Mohamed Aboutrika e i Fratelli Musulmani. Nel maggio del 2024, la Corte di Cassazione ha finalmente stabilito che l’inserimento del suo nome nella lista dei fiancheggiatori del terrorismo era stato immotivato, ordinandone la rimozione. Assieme all’ex attaccante dell’Al Ahy, altre 1.500 persone circa sono state escluse dall’elenco e sollevate da ogni accusa. Nel dicembre precedente, Al-Sisi era stato riconfermato Presidente con quasi il 90% dei voti, dopo aver fatto approvare un emendamento alla Costituzione che gli ha permesso di candidarsi per un terzo mandato.
Fonti
–AARONS Ed, Egypt legend Mohamed Aboutrika denies supporting Muslim Brotherhood, The Guardian
–FORLANI Lorenzo, Il principe dei cuori, Ultimo Uomo
–Mohamed Aboutrika’s name added to Egypt ‘terror list’, Al Jazeera