Attentato allo stadio Colombes

C’erano oltre 43.000 persone allo Stade de Colombes di Parigi, quel giorno, per assistere a una storica finale di Coppa di Francia: due Cenerentole a confronto, da un lato il semisconosciuto Angers e dall’altro l’emergente Tolosa, che solo due stagioni prima era arrivato inaspettatamente secondo in campionato alle spalle della corazzata Stade Reims. Tra la folla sugli spalti c’era anche René Coty, il Presidente della Repubblica, che aveva al suo fianco Ali Chekkal, uno dei più noti politici algerini dell’epoca. Altri due algerini, stavolta in campo, si resero protagonisti dell’incontro: Abdelhamid Bouchouk segnò il gol del 3-0, dopo appena mezz’ora, in favore del Tolosa, mentre Said Brahimi chiuse il conto poco prima del novantesimo, fissando il risultato finale sul 6-3 in favore dei biancorossi. Era un momento storico per una squadra dalle interessanti prospettive tecniche, ma l’incontro avrebbe purtroppo finito per essere ricordato solo per quanto avvenuto dopo il fischio finale. All’uscita dallo stadio, un colpo di pistola infranse l’aria parigina. Un corpo sanguinante ricadde sul marciapiede. La gente urlava, correva, si spintonava. Erano da poco passate le 5.00 del pomeriggio del 26 maggio 1957.

Il corpo per terra era quello di Ali Chekkal, che dopo aver salutato il Presidente Coty – già salito in auto per tornare all’Eliseo – si era fermato subito oltre l’uscita dello stadio per parlare con il capo della polizia André Roche. Tra la folla si era fatto largo un ragazzo nordafricano, senza che nessuno si fosse accorto che aveva gli occhi fissi su Chekkal e la mano destra nella tasca della giacca, là dove stringeva un revolver. Il proiettile aveva perforato prima la tasca e poi il polmone destro del politico. Gli agenti di polizia erano piombati addosso al ragazzo, la cui fuga era stata ostacolata da un tifoso, mentre Chekkal agonizzava a terra: nonostante il pronto soccorso e il rapido trasferimento in ambulanza all’ospedale di Nanterre, la vittima sarebbe stata dichiarata morta per le 17.15. L’assassino era invece stato condotto in commissariato. Aveva detto alla polizia di chiamarsi Mohammed Ben Sadok, aveva 27 anni e faceva l’operaio, ma soprattutto era un sostenitore del Front de Libération National algerino. Nessuno aveva grandi dubbi sul motivo del suo gesto, ma il ragazzo ci aveva tenuto a dire di aver voluto uccidere “l’ultimo amico musulmano dei francesi”.

Alla fine del 1954, il FLN aveva annunciato l’inizio di un’insurrezione armata per cacciare i francesi dall’Algeria. L’Assemblée Nationale aveva reagito stabilendo che non era possibile trattare con dei terroristi che attentavano alla pace interna nel paese, aprendo così del tutto le porte alla guerra. La Francia aveva appena perso un altro conflitto coloniale in Indocina, e non era disposta a lasciare andare anche l’Algeria. Dal canto suo, il FLN era un’organismo politico e militare che non solo applicava la strategia della guerriglia per affrontare il meglio armato esercito regolare europeo, ma aveva esteso il conflitto anche all’uso sistemico degli attentati dinamitardi. Il 30 settembre 1956, tre militanti donne del FLN avevano fatto esplodere delle bombe ad Algeri in due caffé cittadini, causando tre morti e una cinquantina di feriti, mentre una terza era rimasta inesplosa a un terminal di Air France all’aeroporto. La repressione francese fu durissima, e l’escalation di violenza attirò l’interesse di tutto il mondo sulla questione algerina, senza che però si riuscisse a raggiungere un accordo per il cessate il fuoco. Nel febbraio del 1957, altri due attentati del FLN negli stadi di Algeri avevano causato 11 morti e decine di feriti, portando direttamente la guerra nei campi di calcio.

L’idea di trasportare il conflitto direttamente sul suolo europeo era ovviamente un salto di qualità e di ambizioni, per il FLN, il cui tempismo non poteva essere più appropriato. In quel momento, la presidenza di Coty andava perdendo popolarità di giorno in giorno a causa dell’incapacità di contenere la crisi algerina. Alle elezioni legislative del 1956, le forze conservatrici avevano perso, anche se per pochi voti, il controllo dell’Assemblée Nationale in favore del Fronte Repubblicano di Pierre Mendès France, che sosteneva la via del negoziato con gli indipendentisti nordafricani. Il Presidente Coty si era opposto all’idea di nominare Mendès France capo del governo, costringendo la coalizione a ripiegare sul più moderato Guy Mollet, e questa decisione aveva avuto come principale conseguenza la formazione di un esecutivo destinato a durare poco: cedendo alle pressioni dei coloni pieds-noirs, ostili alla trattativa con il FLN, Mollet aveva creato fortissime delusioni nell’elettorato di sinistra e anche nel suo stesso governo, che era infine caduto il 21 maggio 1957, cinque giorni prima della finale di Coppa di Francia.

L’assassinio di Ali Chekkal, raffigurato in un’illustrazione dell’epoca.

Il calcio, ben lontano dall’essere un semplice strumento di distrazione per le masse e tantomeno un veicolo di fraternità tra i popoli, si ritrovò a recitare la parte del luogo perfetto per le rivendicazioni politiche algerine. E d’altronde non poteva essere altrimenti, dato che il football era divenuto negli anni uno dei terreni su cui gli indipendentisti avevano costruito la propria identità nazionale: non era un caso che uno dei leader del FLN, Ferhat Abbas, era stato il presidente dell’USM Sétif, mentre un altro importante politico nazionalista, Ahmed Ben Bella, aveva addirittura vestito la maglia dell’Olympique Marsiglia nella stagione 1939/40. Davanti al folto pubblico della finale della coppa nazionale, disputatasi proprio nella capitale francese, il FLN mise in scena il più spettacolare atto politico della guerra fino a quel momento, andando a colpire uno dei simboli della supposta unità nazionale rivendicata dal potere transalpino. Ali Chekkal, ex-vicepresidente dell’Assemblée Algérienne, era un politico musulmano da sempre sostenitore del colonialismo e della subordinazione dell’Algeria alla Francia, ciò che negli occhi di Ben Sadok e dei suoi compagni di lotta era indiscutibilmente un traditore della causa nazionalista.

Inizialmente, Ben Sadok aveva assicurato di aver agito su propria iniziativa e di non avere legami con alcun gruppo politico, ma nel corso del lungo interrogatorio notturno aveva infine confessato di fare parte del FLN e di essere stato scelto per compiere l’attentato tra un gruppo di nordafricani residenti a Parigi. Le accuse contro di lui erano incontrovertibili, e per la legislazione dell’epoca era passibile di una condanna alla pena di morte, motivo per cui la sua difesa dovette organizzare una grande compagna a suo vantaggio, per ottenere un giudizio meno gravoso. In tribunale, a deporre in favore del giovane algerino, intervenne addirittura Jean-Paul Sartre, che pur non supportando le azioni del FLN contro i civili disse di comprendere il senso di rabbia che provavano i giovani come Ben Sadok, che della Francia avevano conosciuto solo il volto sanguinario. Lo scrittore e filosofo insistette che l’assassinio di Ali Chekkal non andava considerato come un atto di terrorismo contro la popolazione francese, ma come un omicidio politico mirato.

Il processo Ben Sadok si trasformò fin da subito in un caso mediatico, separando da un lato gli intransigenti sostenitori della repressione in Algeria e dall’altro coloro che invece condannavano le violenze francesi nell’Africa del Nord. La vicenda del giovane attentatore magrebino era emblematica di una situazione sociale che da tempo la Francia aveva preferito nascondere sotto il tappeto: primogenito di quattro figli, Ben Sadok proveniva da una famiglia operaia di Bône (il padre era un portuale), era stato uno studente diligente e talentuoso, anche se aveva dovuto specializzarsi in un istituto professionale, orientandosi fin da subito a una carriera lavorativa rapida quanto modesta piuttosto che poter proseguire gli studi. I suoi conoscenti lo descrivevano come un ragazzo molto intelligente, che s’interessava di politica e, a dispetto dell’umile istruzione, leggeva autori come Lamartine, Stendhal, Hugo, fino ovviamente a Sartre e Camus. La dura politica e le controverse elezioni regionali algerine, manipolate dalle forze coloniali per estromettere dal potere i nazionalisti, avevano forgiato il suo animo antifrancese. Come lui stesso raccontò al processo, era stato un emarginato: dopo l’incrementarsi della repressione nel 1945, quando aveva appena 15 anni, tutti i suoi amici francesi smisero di parlargli a causa della crescita delle tensioni razziste nella colonia. Ben Sadok trovò rifugio allora nell’associazione degli scout musulmani, dove iniziò a riflettere sulle divisioni etniche nel suo paese e sul problema del colonialismo.

Proprio per questo motivo il giudice decise infine di riconoscergli delle circostanze attenuanti, condannandolo solamente al carcere a vita. L’assassinio di Ali Chekkal aveva intanto finito per monopolizzare il dibattito pubblico francese nella seconda metà dell’anno 1957, facendo passare in secondo piano i risultati sportivi. Poco si era parlato del successo del Tolosa, così come del primo storico trionfo in campionato del Saint-Étienne, trascinato dalle reti di due ragazzi provenienti proprio dalle colonie, il camerunense Eugène N’Jo Léa e l’algerino Rachid Mekhloufi. Il calcio era ormai divenuto terreno di scontro, e la conferma si ebbe la primavera successiva, quando il FLN decise di organizzare una propria selezione da mandare in giro per il mondo a fare da portabandiera della propria causa nazionale. Alcuni dei migliori calciatori del campionato transalpino decisero di aderire al progetto, di fatto disertando e venendo considerati nemici dello stato: tra di essi c’era Mekhloufi, così come i due eroi della finale di coppa dello stadio Colombes, Bouchouk e Brahimi.

L’episodio del podcast di Pallonate in Faccia dedicato alla Guerra d’Algeria.

La mancata esecuzione di Ben Sadok fu solo uno dei tanti motivi che esasperarono sempre di più i pieds-noirs, che nel maggio 1958 arrivarono a sostenere un colpo di stato militare in Algeria. Questo evento segnò la fine dell’ormai compromessa presidenza di René Coty: il Presidente della Repubblica, che oltre alla guerra stava perdendo il controllo del paese, si dimise passando il potere al generale De Gaulle, che sedò il putsch e riformò la Costituzione, aprendo un percorso che avrebbe portato alla firma della pace e all’indipendenza dell’Algeria, nel 1962. Il passaggio quasi sotto silenzio della conquista della Coppa di Francia da parte del Tolosa si rivelerà, pochi anni dopo, ancora più amaro di quanto chiunque avrebbe potuto immaginare: nel 1967, dopo una lunga militanza in prima divisione, il club venne travolto dai debiti, e decise così di trasferirsi a Saint-Ouen, a pochi chilometri dallo stadio Colombes, fondendosi con il Red Star. Il Tolosa scomparve così dalla storia del calcio; tre anni dopo nacque l’Union Sportive Toulouse, che nel 1979 avrebbe assunto la vecchia denominazione della squadra biancorossa, ma senza rilevarne il titolo sportivo e quindi nemmeno il retaggio e quell’unico trofeo, adottando peraltro una maglia bianco-viola. Ma questa è un’altra storia.

Fonti

L’auteur de l’attentat, un nord-africain déclare qu’il a voulu tuer le dernier ami musulman des Français, Le Monde

Ben Sadok, assassin d’Ali Chekkal est condamné aux travaux forcés à perpétuité, Le Monde

BOURGAULT Jean, CORMANN Grégory, «Je ne connais pas Ben Sadok». Quelques remarques sur le témoignage de Sartre au procès Ben Sadok, Genesis

L’ouverture du procés Ben Sadok, Le Monde

1 commento su “Attentato allo stadio Colombes”

  1. La storia di Sadok ricorda molto da vicino quella, drammatica, dei “radicalizzati” che negli anni scorsi hanno compiuto attentati in giro per l’Europa: emarginati dimenticati da tutti. E questo mi fa chiedere se la Francia sia davvero mai riuscita a fare i conti col suo passato (passato? I fatti del Mali, e prima ancora quelli della Libia, sembrerebbero dimostrare il contrario) coloniale.

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