Nel febbraio del 1965, la televisione australiana e anche diversi giornali nazionali puntarono gli occhi su Moree, una cittadina della zona settentrionale del Nuovo Galles del Sud improvvisamente scossa da dei violenti scontri. Un gruppo di una trentina di studenti dell’Università di Sydney era arrivato in città, aveva raccolto alcuni ragazzi aborigeni della zona e aveva deciso di accompagnarli alla piscina locale: con un unico problema, ovvero che le leggi consentivano l’accesso solamente ai bianchi, e la brava gente di Moree aveva tutta l’intenzione di farle rispettare. L’attenzione del paese si concentra sui ragazzi che hanno organizzato la protesta: sono parte dell’associazione Student Action for Aborigines e stanno attraversando lo stato a bordo di un autobus per raccogliere informazioni e denunciare la segregazione razziale in Australia. A guidarli c’è un ex-calciatore di 29 anni, di nome Charlie Perkins.
Continua a leggere “Charlie Perkins, da calciatore a difensore dei diritti degli aborigeni”Tag: Oceania
Karembeu, la silenziosa protesta di un figlio delle colonie
La Francia degli anni Novanta è black-blanc-beur, una miscellanea di colori e culture che il Presidente della Repubblica Jacques Chirac indica come il vero grande punto di forza del paese, non solo nel calcio. L’estrema destra emergente di Jean-Marie Le Pen dice che sono tutti stranieri a cui è stata data la cittadinanza, ma in realtà ognuno di loro è cresciuto nella Francia continentale. Qualcuno, fuori dal paese, pensa che non sia giusto che i Bleus siano avvantaggiati dal fatto di poter utilizzare giocatori che provengono dalle colonie, ma pure questo non è vero: ci sono tanti giocatori di origini africane o caraibiche, ma nessuno è cresciuto sotto la colonizzazione francese. Nessuno tranne Christian Karembeu, un centrocampista di fatica, poco appariscente in campo, che finisce per diventare il ribelle per eccellenza del calcio francese. E lo attraverso il silenzio.
Continua a leggere “Karembeu, la silenziosa protesta di un figlio delle colonie”Un aborigeno ai Mondiali
La strada tra Peakhurst e Berlino Ovest sembrava spropositata. Calcare il campo dell’Olympiastadion faceva tremare le gambe, e quello stadio semivuoto (anche se quasi 15.000 presenti non erano certo meno del pubblico con cui erano soliti confrontarsi in Australia) amplificava ulteriormente quella sensazione abbacinante. A 23 anni, quello era il suo momento: lo aveva inseguito a lungo, aveva messo da parte il rugby – prendendosi non pochi insulti, per questo – per poter esser un calciatore squattrinato che adesso stava giocando il Mondiale. Harry Williams sentiva di far parte di una squadra di pionieri: i primi Socceroos a giocare la Coppa del Mondo. Avevano perso le prime due partite, in cui lui non era sceso in campo, e per la terza gara del girone contro il Cile speravano almeno in un pareggio. Una stoica resistenza contro i giocolieri sudamericani, che avevano bisogno di una vittoria per passare il turno. A una decina di minuti dalla fine, il ct Rašić aveva tolto Colin Curran per inserire un giocatore fresco ed energico come Williams, subito dopo che Ray Richards si era preso il secondo giallo, assestando un brutto colpo alle speranze australiane.
Continua a leggere “Un aborigeno ai Mondiali”Il saluto di Mark Bosnich
Ci sono occasioni che non ci si può lasciar sfuggire. Diventare un giocatore del Manchester United, fresco vincitore della Champions League, è una di queste, e il prestigio di questa chiamata è accresciuto dal fatto che i Red Devils ti vogliono per ereditare la storica maglia di Peter Schmeichel. Il danese, a 36 anni, ha deciso di trasferirsi in Portogallo allo Sporting Lisbona, e il suo trono è rimasto vacante. Mark Bosnich, 27 anni, è l’uomo scelto per prenderne il posto: un evento storico non solo per lui ma anche per tutto il misconosciuto calcio australiano. Viene da sette stagioni di buon livello all’Aston Villa, dopo che proprio lo United lo aveva portato in Inghilterra, ma il suo acquisto suscita alcuni malumori nella tifoseria. Su Bosnich, infatti, grava il sospetto di simpatie naziste.
Continua a leggere “Il saluto di Mark Bosnich”Abbattere il nazionalismo del calcio
La recente notizia della convocazione nell’Italia di Mateo Retegui (ma anche quella di Bruno Zapelli nell’U21) apre il campo a un riflessione sul senso dell’identità nazionale nel calcio di oggi, che può ovviamente interessare anche il mondo extra-campo. Il caso Retegui ha ovviamente generato le solite trite discussioni sugli oriundi, che fanno emergere come le nefaste scorie del nazionalismo ottocentesco continuino a infettare le nostre menti, sempre a rischio di evolversi verso conseguenze ben più drammatiche della polemica sportiva. Forse sarebbe ora di consegnare definitivamente al passato il naziolismo e tutti i suoi figli, e il calcio può essere un punto di partenza.
Continua a leggere “Abbattere il nazionalismo del calcio”Un torneo di calcio in piena guerra del Vietnam
“È una situazione totalmente sicura, non c’è nulla da temere. Inoltre, è una grande opportunità per tutti noi.” Probabilmente la scusa fu questa, detta in poche parole. Non è la prima volta che i calciatori australiani – non certo i più famosi al mondo – partivano per una tournée all’estero, ma sicuramente questa era la più assurda che la Federazione avesse organizzato. Il Friendly Nations Tournament sarebbe durato dal 4 al 14 novembre 1967, mettendo a confronto i Socceroos con altre sette selezioni, nella “splendida” location di Saigon. Sì, proprio Saigon.
Continua a leggere “Un torneo di calcio in piena guerra del Vietnam”Non è facile parlare di calcio, in questi giorni
Ma forse ve ne siete accorti da soli. La pandemia ha generato una situazione nuova, drammatica ma, ancora di più, irreale: il calcio – e poi tutto lo sport – si è fermato, e così l’intero paese, l’Europa, il mondo. Viviamo un eterno presente sotto la tirannia di un’unica attualità possibile: il coronavirus.
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Gli immigrati che portarono l’Australia ai Mondiali
Un tempo, l’Australia era nota come il Nuovissimo Mondo: un’isola sconfinata posta ai più remoti confini del pianeta, e ancora sostanzialmente disabitata; dopo essere stata per anni la colonia penale della Gran Bretagna, si evolse nella terra di rifugio di molti poveri e diseredati della Vecchia Europa, in cerca di una nuova America. Furono loro a condurre i Socceroos al primo Mondiale della storia dell’Oceania. Continua a leggere “Gli immigrati che portarono l’Australia ai Mondiali”
L’ultimo dribbling di George Best
Cosa ci sia venuto a fare, lì sulle rosse spiagge di Brisbane, uno come lui non lo sa nessuno. Nel XIX secolo, erano in tanti a venire fin laggiù dalla vecchia Gran Bretagna, tutti con quella faccia sporca, la barba incolta e i capelli lunghi come lui: prigionieri della principale colonia penale del Pacifico. Ma del recluso gli mancava l’atteggiamento, anzi era opinione comune – in Europa più che in Australia, dove era ben poco conosciuto – che George Best fosse lì per il motivo opposto, che fosse lì in cerca di libertà. Continua a leggere “L’ultimo dribbling di George Best”
Oltre i sette scudetti consecutivi
“Abbiamo superato la più grande Juventus di tutti i tempi.” – John Elkann
I cicli sono destinati a finire, prima o poi. È solo che quel prima o poi è abbastanza opinabile, come dimostra la Juventus, che continua a non dare segni di cedimento nella sua rotta verso quello che sarebbe l’ottavo titolo consecutivo. Nei grandi campionati europei, nessuna squadra era mai stata così dominante, per meriti suoi o demeriti altrui. Nell’attesa che gli avversari storici dei bianconeri riescano a svegliarsi dal loro torpore e a restituire un po’ di alternanza in vetta alla Serie A, possiamo pensare a quei pochi cicli più lunghi – per il momento – di quello attuale della Juve. Continua a leggere “Oltre i sette scudetti consecutivi”