Il volo di Ali Gagarin

“Per primo volai, e ancora adesso io volo.” – Claudio Baglioni

Samuel imparava a tirare calci a un pallone tra le polverose strade di Nkon, ma quella che aveva indosso non era la maglia di Roger Milla, non era nemmeno quella di François Oman-Biyik. Era una maglia blu con il numero 9, di un paese straniero, che a Samuel era stata regalata qualche anno prima, quando a Yaoundé era arrivato l’Al-Hilal di Omdurman, dal Sudan, per un incontro di Coppa dei Campioni. Prima di finire nelle mani del piccolo Samuel, quella maglia era stata sulle spalle di un vecchio attaccante dal fisico asciutto e ancora agile, che tutti chiamavano Gagarin.

Difficile dire quanto ci sia di vero in questa storia, che lega la fine della carriera di uno dei più eccezionali e sconosciuti campioni del calcio africano all’inizio di quella di uno dei suoi più noti fuoriclasse, Samuel Eto’o: si racconta che sarebbe successo quando il camerunense aveva appena sei anni, nel 1987, anno in cui Gagarin aveva già spento 38 candeline, e secondo le poche fonti consultabili si era già ritirato da poco meno di un decennio. Ma è una storia significativa, quella di un passaggio di consegne tra due giovani fenomeni cresciuti laddove il calcio è ancora mistero e magia, e non già del tutto storia, come da noi in Europa.

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1970: la Coppa d’Africa torna in Sudan.

Hajdar Hassan Haj Al-Sidig era diventato Ali Gagarin nel 1966 o giù di lì, quando appena diciassettenne si era imposto come uno dei punti di riferimento dell’Al-Hilal, squadra principe della sua città, che meno di un secolo prima era stata la capitale del primo effimero Sudan indipendente del Mahdi Muhammad Ahmad, proprio in faccia alla capitale coloniale Karthoum. Un’ascesa fulminea, quella del ragazzino sudanese, che lo aveva portato giovanissimo all’apice del calcio nazionale proprio come aveva fatto, cinque anni prima, il cosmonauta Jurij Gagarin, il primo uomo nello spazio. Esattamente trent’anni dopo Ali, il quindicenne Samuel Eto’o entrava nelle giovanili del Real Madrid e a diciassette esordiva in prima squadra; quindi, a diciannove, diventava attaccante titolare del Mallorca.

Ali Gagarin era cresciuto in una nazione in guerra. Quand’era ancora bambino, l’assemblea costituente che stava guidando il paese fuori dall’epoca coloniale era stata sciolta, dopo che i nord-sudanesi avevano proposto una svolta islamista osteggiata dal Sud; nel corso degli anni, nel conflitto emerse una terza fazione, quella militare filo-sovietica di Ja’far Al-Nimeyri, che nel 1969 prese il potere con un colpo di stato. Un anno dopo, con la guerra civile non ancora placatasi, il Sudan ospitava la Coppa d’Africa, con otto partecipanti e due soli stadi, a Karthoum e nella vicina Wad Madani, tra le poche zone sicure del paese. La coppa tornava alle sorgenti del Nilo dopo tredici anni, quando era stata disputata la prima storica edizione della Coppa d’Africa vinta dai rivali sportivi e politici dell’Egitto.

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Rifugiati del Darfur giocano a calcio durante il Ramadan nel luglio 2014, nel campo profughi di Al-Fashir, nel Darfur settentrionale.

Fu il torneo che rivelò Laurent Pokou, la punta ivoriana che pochi anni dopo sarebbe divenuta un pilastro dello Stade Rennais. Ma il primo gol del torneo, il 6 febbraio 1970, lo segnò Ali Gagarin, all’epoca ventunenne, all’Etiopia; dopo di lui, al tabellino dei marcatori si aggiunsero i compagni di squadra Hasabu El-Sagheer e Nasr El-Deen Abbas, meglio noto come Jaxa, trequartista e leader del Sudan. Dieci giorni dopo, dopo aver eliminato tra gli altri pure l’Egitto, superando per 1-0 il favorito Ghana il Sudan sollevava la sua prima e unica Coppa d’Africa. Innalzato in trionfo dai suoi compagni, stringendo tra le mani il trofeo, Ali Gagarin guardò il suo paese dall’alto e, una volta tanto, gli sembrò di vederlo unito e in festa, proprio come il suo omonimo russo, un decennio prima, aveva guardato la Terra dallo spazio senza riconoscere confini o guerre.

Pochi anni dopo, il conflitto terminò e al Sud fu concessa una parziale autonomia, ma gli accordi di pace non fermarono le tensioni sociali, che nel 1983 portarono a un’altra guerra civile e, tra carestie e colpi di stato continui, il Sudan non si è più rialzato, travolto negli anni Duemila anche dalla crisi umanitaria nel Darfur. Lo ritroviamo qui, Ali Gagarin, invecchiato ma sempre con gli inconfondibili baffetti, a cercare di organizzare una selezione di calcio degli sfollati dalla guerra, da far competere in un piccolo campionato e contro la nazionale sudanese, per dare un minimo di speranza a chi ha perso tutto. Perché il Sudan, Gagarin, se lo ricorda ancora come le vide quasi cinquant’anni fa dall’alto, unito e in festa.

 

Fonti

COLOMBINI Alessandro, Ali Gagarin, sguardo al cielo e palla in rete, Minuto Settantotto

-GABRIELLI Fabrizio, Sforbiciate, Piano B

Gagarin asks Darfur’s displaced to play for place in team, Radio Dabanga

ELMAHI Mouayad, Sudanese Football, Positionspiel

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