Nell’estate del 1975 Pelé sbarcava negli Stati Uniti con l’ambizione di cambiare per sempre la storia del calcio. Pochi anni prima era stata costituita una nuova lega professionistica in Nord America, che stava rapidamente crescendo: la primavera precedente, i San José Earthquakes avevano debuttato davanti a 18.000 spettatori, più di quanti ne attraevano gli Oakland Athletics, vincitori delle ultime World Series di baseball. L’acquisto di Pelé da parte dei New York Cosmos doveva suggellare questa crescita: la Warner Communication, che possedeva il club newyorkese, aveva offerto al campione brasiliano un contratto record da 4,5 milioni di dollari per tre anni, che era circa il doppio del monte ingaggi di tutte le altre squadre della NASL. Ma per portare a termine questa operazione ci era voluto molto più del denaro: era servito addirittura l’intervento del Segretario di Stato Henry Kissinger.
Heinz Alfred Kissinger, detto Henry, era un uomo di 52 anni di origini ebraiche e tedesche, immigrato con la famiglia negli Stati Uniti quand’era ancora un adolescente per sfuggire alle persecuzioni naziste. Cresciuto a New York, si era rapidamente integrato nella società americana, svolgendo una proficua attività accademica ad Harvard e arrivando a essere professore di Affari Internazionali fin dai primi anni Sessanta. Attraverso l’amicizia con il miliardario Nelson Rockefeller, Kissinger iniziò a collaborare con l’amministrazione Eisenhower come consulente per gli esteri. La sua competenza in merito fu talmente apprezzata che, da quel momento in avanti, divenne una figura di riferimento per le politiche internazionali di tutti i governi successivi, sia quelli democratici (Kennedy e Johnson) che quelli repubblicani (Nixon e Ford). Era stato durante queste ultime amministrazioni, a partire dal 1969, che aveva però ottenuto ruoli politici di primo piano, venendo prima nominato Consigliere per la sicurezza nazionale, e poi, dal 1973, Segretario di Stato.
Se c’era una cosa in cui però Kissinger non si era affatto americanizzato era stato lo sport. Da ragazzo, in Germania, aveva giocato a calcio nelle giovanili della squadra della sua città, il Greuther Fürth, e anche negli Stati Uniti continuava a seguire il calcio europeo, sostenendo in particolare il Bayern Monaco, per via delle sue origini bavaresi. Nel 1973, a margine di un incontro diplomatico a Mosca con il leader sovietico Leonid Brezhnev, i due discussero anche dell’ala destra brasiliana Garrincha, di cui erano entrambi dei fan. L’anno seguente, Kissinger aveva stretto un’alleanza informale con il Presidente brasiliano Ernesto Geisel, per aumentare l’influenza statunitense in Sudamerica. L’accordo si concretizzò anche in ambito sportivo: in primo luogo, Kissinger offrì il proprio supporto a João Havelange per l’elezione a presidente della FIFA quello stesso anno, e poi trattò con il governo brasiliano perché consentisse a Pelé di firmare per la prima volta un contratto con un club straniero, trasferendosi a New York.
L’arrivo della 34enne stella brasiliana ai Cosmos spalancò la porta all’invasione dei campioni internazionali nella NASL, rendendo il campionato nordamericano il più ricco e chiacchierato al mondo nella seconda metà degli anni Settanta. Il ruolo che aveva avuto Kissinger era stato talmente importante che, dopo la fine della sua esperienza come Segretario di Stato e il ritiro dalla politica nel 1977, ricevette la proposta del commissioner della NASL Phil Woosnam di entrare nel board dirigenziale del campionato. Il 28 marzo 1978, Kissinger venne invitato a partecipare a una riunione dell’associazione, ma il suo assistente Jack Covey si affrettò a smentire al New York Times un coinvolgimento ufficiale dell’ex-Segretario di Stato nel calcio americano. Tuttavia, nell’ottobre successivo la NASL annunciava che Kissinger era stato eletto presidente del consiglio di amministrazione.

L’ingresso di Kissinger nella NASL aveva un valore strategico enorme: Pelé si era ritirato l’anno prima, ma la lega aveva continuato a crescere a livello di spettatori, e l’arrivo di una figura dirigenziale della fama dell’ex-Segretario di Stato rappresentava un ulteriore passo avanti per la popolarità e le ambizioni della NASL. Le abilità diplomatiche di Kissinger e i suoi contatti internazionali dovevano servire soprattutto ad aumentare il credito internazionale del campionato nordamericano: la NASL era conosciuta per pagare un sacco di soldi a grandi campioni sul viale del tramonto, ma anche poco apprezzata in seno alla FIFA per via di alcune modifiche unilaterali ai regolamenti. Ad esempio, la linea di validità del fuorigioco era stata avanzata, rispetto al posizionamento ufficiale a metà campo, e le partite che terminavano in pareggio vedevano una sessione di pseudo-rigori simili a quelli dell’hockey, volta a stabilire quale delle due squadre avesse vinto il match.
Ma la nomina di Kissinger aveva anche un’altra motivazione più profonda: doveva servire a persuadere la FIFA ad assegnare la Coppa del Mondo agli Stati Uniti e al Canada. “Credo che il Mondiale qui avrebbe per il calcio lo stesso effetto che l’overtime tra Colts e Giants del 1958 ha avuto per il football” confessava nel settembre 1980 al Washington Post. Il riferimento era a un leggendario match per il titolo della NFL tra i Baltimore Colts e i New York Giants, giocatosi davanti a oltre 64.000 persone allo Yankee Stadium (più molte altre in collegamento tv sulla NBC): i Colts vinsero 23-17 ai tempi supplementari grazie alla regola della sudden death (una sorta di golden goal del football americano), con un touchdown decisivo di Lino “Alan” Ameche. L’impatto del match sull’opinione pubblica fu tale da segnare l’ascesa del football tra gli sport più popolari in Nord America, iniziando a rivaleggiare con il baseball. Kissinger credeva però che il calcio potesse arrivare a raggiungere gli stessi risultati, a patto che il sistema riuscisse a superare uno dei suoi grandi punti deboli: la scarsa produzione di giocatori autoctoni.
Già dopo la sua nomina a presidente della NASL aveva detto che servivano più giocatori americani nel campionato, e ciò era funzionale al progetto di ottenere l’assegnazione del Mondiale. Gli Stati Uniti avevano infatti una selezione nazionale di infimo livello: non partecipavano alla fase finale della Coppa del Mondo dal 1950, e addirittura non riuscivano a qualificarsi al Campionato CONCACAF dal 1963. Il confronto anche solo con il Canada era abbastanza impietoso: i vicini erano stabilmente presenti al torneo continentale dal 1976, quando avevano conquistato il quarto posto (ripetuto poi nel 1981). All’inizio degli anni Ottanta stava ormai emergendo la convinzione che la Colombia avrebbe dovuto rinunciare a organizzare il Mondiale del 1986, e l’obiettivo di Kissinger era quello di convincere Havelange ad assegnare il torneo al Nord America. In verità, però, a dispetto dell’aiuto che l’allora Segretario di Stato aveva dato al dirigente brasiliano nella sua elezione alla FIFA, Havelange non aveva grande simpatia per Kissinger – che anzi sospettava per qualche ragione di aver influito sull’eliminazione della Seleção nel 1974 a vantaggio dell’Olanda – e non gradì affatto le sue pressioni sul Mondiale colombiano.
A ciò si aggiungeva la ben nota questione delle regole speciali della NASL. Kissinger conveniva con la FIFA sulla questione dei rigori in stile hockey – i cosiddetti shootout – ma si diceva favorevole all’avanzamento della linea del fuorigioco, lamentandosi che le partite degli Europei del 1980 erano state molto noiose e con pochi gol. Era però perfettamente consapevole che la lega nordamericana aveva ancora grossi limiti, in particolare la scarsa conoscenza delle regole da parte del pubblico e l’instabilità delle franchigie, che spesso si spostavano da una città a un’altra in cerca di maggiori garanzie commerciali. Kissinger era un maestro delle relazioni diplomatiche, ma era molto meno competente riguardo la gestione aziendale: il vero problema che gli stava sfuggendo era che la NASL stava annaspando nei debiti, ormai arrivati a una cifra complessiva di 30 milioni di dollari.
Il 1980 fu in realtà il canto del cigno del campionato nordamericano: nella stagione successiva il pubblico medio scese leggemente rispetto ai 14.440 spettatori dell’anno precedente, ma nel frattempo la lega aveva perso tre club, ritiratisi per problemi finanziari. Alla festa per il Soccer Bowl (cioè, la finale per il titolo) del settembre 1981, Kissinger non si presentò neppure, quando un anno prima era stato uno degli ospiti più graditi dell’evento. La catastrofe era nell’aria, e infatti nella stagione seguente altre sette squadre avevano deciso di fare un passo indietro dalla lega. L’assegnazione del Mondiale del 1986 diventava fondamentale per garantire la sopravvivenza di un torneo di calcio professionistico negli Stati Uniti, ma il rischio concreto era che al momento del calcio d’inizio della Coppa non ci sarebbe forse neppure più stato un campionato.

Il 20 maggio 1983, durante il Congresso della FIFA a Stoccolma, il Mondiale del 1986 venne ufficialmente assegnato al Messico in sostituzione della Colombia, bocciando la proposta statunitense. In quel momento, la NASL era solamente il fantasma di ciò che era stata nel momento in cui Kissinger ne era divenuto presidente: erano rimaste appena 12 squadre, e la presenza media sugli spalti era di poco superiore alle 13.000 persone a partita, in continua discesa. L’annata 1984 – che avrebbe visto un’ulteriore riduzione a 9 squadre e a meno di 11.000 spettatori di media – sarebbe stata l’ultima della storia del campionato.
Kissinger si rese probabilmente conto, allora, che gestire una lega sportiva era molto differente dal gestire le relazioni internazionali di una potenza com’erano gli Stati Uniti. La sua esperienza alla presidenza della NASL fu disastrosa, anche se la sua figura era sempre stata più quella di un garante spirituale piuttosto che un vero e proprio dirigente: le responsabilità dell’ex-attaccante gallese Phil Woosnam, in qualità di commissioner, erano state decisamente maggiori. Si può inoltre dire che, da presidente del board della NASL, Henry Kissinger fece comunque molti meno danni rispetto a quelli fatti nella sua formalmente ben più rispettabile carriera politica. In quasi vent’anni di lavoro diplomatico per i governi americani, aveva plasmato una politica estera brutalmente aggressiva in America Latina, appoggiando i golpe militari in Cile e in Argentina, e i successivi regimi criminali. C’era il suo zampino anche dietro all’occupazione militare indonesiana di Timor Est, che causò oltre 100.000 morti nel paese asiatico.
Se non altro, almeno nel calcio Kissinger riuscì infine a riscattarsi. Grazie al suo incessante impegno diplomatico riuscì a recuperare il rapporto con Havelange, e infine nel 1988 convinse la FIFA ad assegnare agli Stati Uniti l’organizzazione di un Mondiale, fissato per il 1994. Questo avvenne dietro la promessa della costituzione di una nuova lega di calcio professionistica in Nord America, che avrebbe dovuto imparare dai nefasti errori della NASL.
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Fonti
–FEINSTEIN John, Kissinger Seeks Cup, The Washington Post
–Sport: A $4.5 Million Gamble, Time Magazine
–ZURICK Maura, Henry Kissinger, Pelé and the Deal that Changed American Soccer: “My God!”, Newsweek
Diavolo d’un Kissinger!
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