L’altro Grande Torino

“Entrammo in campo come degli orfani, lasciati soli di fronte alla vita che avevamo appena cominciato.” – Umberto Motto

Il 15 maggio, quella che scende in campo è una squadra di ragazzini. Nessuno di loro ha mai visto un campo di Serie A, ma la loro maglia è quella dei campioni in carica. Nessuno di loro ha cuore di essere sinceramente felice. Unidici giorni prima – undici, come il numero dei giocatori di una squadra di calcio – l’aereo del Grande Torino, che da cinque stagioni dominava il calcio italiano, si era schiantato sulla collina di Superga: nessun sopravvissuto. La Federazione ha assegnato lo scudetto al Torino nonostane manchino ancora quattro giornate alla fine e i punti di vantaggio sull’Inter sono anch’essi solo 4. Ma il presidente granata Ferruccio Novo, queste ultime partite, le vuole giocare. Il 15 maggio 1949, sul prato del Filadelfia di Torino, quella che scende in campo è la squadra giovanile del Grande Torino.

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La formazione del Piccolo Grande Torino.

In panchina siede Oberdan Ussello. È cresciuto letteralmente all’ombra di quello stadio e, giocando all’ala, ha trascorso una vita intera con la maglia granata, lasciandola proprio l’anno prima che il Grande Torino vincesse il suo primo scudetto. Ha trentadue anni e, quando ci pensa, si ricorda di essere poco più vecchio di Valentino Mazzola, di Loik, di Menti o di Grezar, e di essere addirittura più giovane di Guglielmo Gabetto: loro sono tutti morti, lui è ancora vivo. Un dirigente di nome Roberto Copernico – che prima gestiva un negozio di abbigliamento in centro a Torino, molto frequentato dai calciatori – lo era venuto a ripescare in Serie C, alla Biellese con cui aveva appeso gli scarpini al chiodo due anni prima e si era dato alla carriera di allenatore: al Torino serve un allenatore per le ultime partite, dopo la morte a Superga di Erno Erbstein; serve uno che conosca l’ambiente. Il sogno di Ussello si realizzava, ma con un retrogusto amaro.

La partita è iniziata con un abbraccio: l’allenatore della squadra riserve del Genoa, ospite di turno, è andato incontro a Guido Vandone, 19 anni e indosso la maglia numero 1 del portiere. L’uomo si chiama Manlio Bacigalupo, ha 41 anni e ne vanta due come portiere del Torino; suo fratello minore, Valerio, fino a pochi giorni prima indossava la maglia di Vandone. Vittorio Pozzo, commissario tecnico della Nazionale campione del mondo nel 1934 e nel 1938, pronuncia un commosso discorso introduttivo. Il Genoa scende in campo anch’esso con la propria formazione giovanile, come faranno i successivi avversari, e ha rinunciato a vestire la maglia rossoblu, come vogliono i regolamenti, per consentire al Torino di portare quella granata.

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I ragazzi delle giovanili della Sampdoria baciano gli stemmi sulle maglie granata degli avversari del Torino, il 29 maggio 1949.

Il Piccolo Grande Torino vince tutti e quattro i match che mancano alla fine del campionato, meritandosi lo scudetto sul campo. Supera il Genoa 4-0 e, nella partita successiva, anticipata al 22 maggio, batte 3-0 il Palermo e diventa irraggiungibile in testa alla classifica. Sette giorni più tardi, c’è la vittoria per 3-2 in trasferta contro la Sampdoria, mentre l’Inter subisce il pareggio interno contro la Triestina allenata da un giovane Nereo Rocco, perdendo un punto sul Torino. Infine, il 12 giugno, a campionato finito, viene recuperato il match con la Fiorentina che si sarebbe dovuto disputare l’8 maggio, a ridosso della tragedia di Superga: il Torino s’impone per 2-0. Sono dodici i gol messi a segno in quattro partite, contro solo due subiti, entrambi da Mario Pieri della Sampdoria. Giuseppe Marchetto ne ha segnati cinque, a partire dalla doppietta contro il Genoa; lo seguono Antonio Gianmarinaro e Sergio Lussu, il rigorista, con due, e poi Mario Audisio, Andrea Francone e Luigi Giuliano con uno.

Non c’è più stato un altro Grande Torino. Nel corso degli anni Cinquanta, il sogno svanì, e quei giovani talenti si dipersero per l’Italia, senza quasi mai lasciare il segno: Lussu cambiò squadra la stagione seguente, trasferendosi in Serie C alla Carrarese; Vandone passò un’annata senza mai vedere il campo, nel 1950 prese anche lui la via delle serie minori con Savona, Prato e Lecce, ritirandosi a soli 26 anni; nel 1951 se ne andarono Oscar Ferrari – destinazione Biellese, e poi Aosta – e il capitano Umberto Motto, passato all’Alessandria; Pietro Bersia si fece un nome in Serie B con la maglia del Cagliari, che vestì dal 1953 al 1957, e lo stesso ha fatto Lando Macchi, lasciando il Piemonte nel 1954 dopo vari prestiti e accasandosi al Bari, che in cinque stagioni condusse dalla C alla Serie A. Il bomber Giuseppe Marchetto lasciò la squadra nel 1951, senza essere riuscito a confermare i numeri di quel finale di campionato nel 1949: divenne un buon attaccante nel giro della Serie B e, a dieci anni esatti da quello storico scudetto granata, centrò la promozione nella massima serie con la maglia del Palermo. Antonio Gianmarinaro, che era nato a Tunisi e aveva ereditato la maglia numero 10 di Valentino Mazzola, se ne andò nel 1953; girovagò per la Serie B e fu protagonista della promozione del Mantova di Edmondo Fabbri del 1961, e due anni dopo ripetè l’impresa con il Bari. Luigi Giuliano, la migliore promessa del vivaio del Grande Torino, restò in squadra fino al 1954, rappresentandone uno dei migliori elementi; si trasferì alla Roma, club del quale divenne capitano e con cui vinse la Coppa delle Fiere del 1961, un anno prima di ritirarsi dopo l’ennesimo infortunio. Oberdan Usello allenò a più riprese il Torino, ma senza grande successo, mentre Roberto Copernico passò nel 1954 alla guida tecnica della Lazio.

Nel 1950, il Torino arrivò sesto, e negli anni successivi non riuscì mai a piazzarsi oltre; nel 1959, a dieci anni esatti dalla tragedia di Superga, il club retrocedette in Serie B per la prima volta nella sua storia. Ma in quella fine primavera del 1949, un gruppo di ragazzini scese in campo per un tour d’addio dedicato a una squadra che non c’era più. Giocarono e vinsero quello scudetto sul campo e oggi, anche se nessuno se li ricorda più, possono dire di essere stati l’altro Grande Torino, l’ultimo.

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Fonti

COMAZZI Alessandra, “Noi, i ragazzini del pallone che ricostruirono il Grande Torino”, La Stampa

FOTI Giuseppe, I “Ragazzi” delle giovanili che sostituirono il Grande Torino: momentanea struggente illusione, Calcioweb

MASSA Stefano, Quando in un mesto 15 maggio 1949 il primo Torino post-Superga sconfisse il Genoa 4-0, Pianeta Genoa 1893

VINCI Nicolò, Grande Torino, l’omaggio della Sampdoria ai campioni granata, Sampnews24

VINCIGUERRA Roberto, 8 maggio 1949, al “Filadelfia” non si gioca Torino-Fiorentina, Violanews

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