Da Rovigo all’Europa: la dimenticata storia della riapertura delle frontiere in Serie A

Nel 1973, un’avvocata di nome Wilma Viscardini presenta alle autorità competenti di Rovigo, una cittadina di 50.000 abitanti nel Veneto, una denuncia contro Mario Mantero, imprenditore locale e presidente della squadra di calcio cittadina, all’epoca militante in Serie D. Mantero deve dei soldi a Gaetano Donà, un signore padovano – peraltro marito di Viscardini – che lavora a Bruxelles presso il Segretariato generale della Comunità Economica Europea. È una faccenda di poco conto, ovviamente, ma quando tre anni dopo il giudice si ritroverà a dover prendere una decisione, si renderà conto che la questione è ben più grande delle sue competenze, e dovrà chiedere l’intervento della Corte di Giustizia Europea. Da questa quisquilia, si innescherà un effetto domino che cambierà per sempre la storia del calcio in Italia.

Sono anni di grande cambiamento, in Serie A. Nel 1965, la Lega Calcio e la FIGC hanno deciso di bloccare il trasferimento di giocatori stranieri dall’estero, e di fatto questo ha complicato il rinnovamento di Inter e Milan, le due dominatrici del campionato e del calcio europeo degli anni Sessanta. Mentre le milanesi entrano in un periodo di magra, è la Juventus, forte di un ottimo settore giovanile e di una posizione di forza nel mercato interno dei calciatori, a emergere come la nuova squadra di punta della Serie A. Ma la chiusura delle frontiere ha lasciato diversi presidenti di club insoddisfatti: tra le grandi squadre, gli stranieri erano garanzia di competitività internazinale; tra le piccole, invece, il loro acquisto era il modo migliore per scalare le gerarchie del calcio in poco tempo. Una pratica dispendiosa, ma che consentiva a imprenditori ambiziosi di guadagnare in fretta grande popolarità e visibilità, e di conseguenza maggiori opportunità di affari extra-sportivi.

È per questo che, nella primavera del 1973, il presidente del Rovigo Mario Mantero decide di provare a rompere il divieto della FIGC. Venuto in contatto con Gaetano Donà, gli chiede aiuto per pubblicare un’inserzione su un quotidiano sportivo belga, segnalando che il Rovigo, nella quarta serie italiana (all’epoca semiprofessionistica), è alla ricerca di giocatori stranieri da ingaggiare. La scelta del Belgio è probabilmente dettata dalla moda del momento: nell’estate precedente, i Diables Rouges hanno raggiunto un ottimo terzo posto agli Europei casalinghi, dopo essere già tornati ai Mondiali nel 1970. L’anno prima, lo Standard Liegi è andato vicinissimo a eliminare l’Inter ai quarti di finale della Coppa dei Campioni, venendo superato solo per via della regola dei gol in trasferta. Si tratta di un calcio in crescita e molto promettente. Così, il 19 aprile il quotidiano Sportif pubblica l’inserzione di Mantero, a cui presto iniziano a pervenire alcune candidature da parte di calciatori belgi che gradirebbero un’opportunità in Italia.

Un approfondimento in podcast sul complicato rapporto tra il calcio italiano e gli stranieri.

A quel punto, però, probabilmente Mantero si è confrontato con i suoi legali, e ha capito che l’operazione non ha alcun senso. Le regole sono chiare: questi trasferimenti sono vietati, e non vale la pena intavolare trattative, spendendo anche un po’ di soldi, per ingaggiare giocatori che tanto non potranno scendere in campo. Scelta legittima, se non fosse che, dato che il progetto è subito naufragato, l’imprenditore veneto non intende nemmeno rendere a Donà le 31.000 lire dell’inserzione sulla stampa belga. Per Mantero, Donà ha agito prematuramente, considerando che le regole impediscono l’acquisto di calciatori stranieri in Italia, e pertanto non gli deve nulla. Ma il padovano non ci sta, e caso vuole che sua moglie sia una nota avvocata: anzi, una delle avvocate per eccellenza.

Wilma Viscardini ha conosciuto Gaetano Donà giovanissima, e i due si sono subito innamorati. Lui, di mentalità progressista, è stato la persona che l’ha convinta a studiare Giurisprudenza, intorno alla metà degli anni Cinquanta, in un’epoca in cui era impensabile o quasi che una donna potesse intraprendere una simile carriera. Invece, Viscardini ha trovato nel diritto la sua strada: è diventata la prima donna a ottenere la qualifica di avvocata nella città di Rovigo, ed è poi stata una specie di pioniera nello studio del diritto comunitario. Negli anni successivi è diventata assistente di Diritto delle Comunità Europee presso l’Università di Padova, nonché la prima donna a essere assunta al Servizio Giuridico della Commissione Europea. È lei che assume la difesa del marito nel caso contro Mantero, e la imposta su un principio molto astuto: la motivazione del presidente del Rovigo per non pagare l’inserzione si basa su un presupposto sbagliato. Le regole contro l’ingaggio dei giocatori stranieri in Italia sono infatti, secondo Viscardini, del tutto illegittime, perché contrastano con il principio della libera circolazione dei lavoratori nei paesi membri della CEE.

Quando, il 7 febbraio 1976, la questione arriva sul tavolo di un giudice di Rovigo, questi non può che riconoscere che il punto sollevato da Viscardini è sensato. Nessuno, fino a questo momento, si è mai espresso sullo status di lavoratori dei calciatori professionisti, ma di fatto è difficile negare che lo siano: può un’associazione privata come la FIGC sottrarsi al rispetto delle norme comunitarie che lo Stato italiano ha sottoscritto? Il giudice gira il quesito dalla Corte di Giustizia Europea, e il tema arriva sulle pagine della stampa sportiva nazionale. La Federcalcio si dice tranquilla, e conferma che le frontiere resteranno chiuse, ma nel frattempo avvia una propria indagine per appurare se la causa Donà-Mantero non sia stata alimentata ad arte da qualche club intenzionato a sovvertire i regolamenti. I sospetti di molti cadono sulla Juventus: nel 1973/74, i bianconeri sono stati eliminati al primo turno della Coppa dei Campioni dalla Dinamo Dresda, mentre in questa stagione hanno superato a fatica il CSKA Sofia, per poi venire agilmente eliminati dal Borussia Mönchengladbach. Hanno pochi rivali in Serie A, ma non riescono a fare il salto di qualità fuori dai confini nazionali.

Lo juventino Roberto Bettega in gol contro la Roma all’Olimpico, nel gennaio 1976, sotto gli occhi del compagno di squadra Sergio Gori e del rivale Giancarlo De Sisti: un’istantanea di un campionato con soli giocatori italiani.

La Juve è consapevole di non potersi confrontare alla pari con club che possono ingaggiare giocatori più forti e praticamente senza limitazioni. Non è una convinzione sbagliata: il calcio italiano è in crisi a livello internazionale, e in questa stagione viene segnata dalle eliminazioni di Roma e Milan in Coppa UEFA a opera del Club Brugge, e della Fiorentina in Coppa delle Coppe contro lo sconosciuto BSG Sachsenring Zwickau. Il presidente bianconero Giampiero Boniperti e il direttore generale Pietro Giuliano hanno deciso di tentare una follia, e a gennaio hanno fatto un viaggio ad Aiguafreda, una cittadina vicino Barcellona dove risiede la stella blaugrana Johan Cruijff. Ha quasi 29 anni, è uno dei più forti calciatori al mondo e ha un contratto in scadenza a fine stagione. Costa troppo? In realtà no: la chiusura delle frontiere ha avuto come conseguenza un vertiginoso aumento del costo dei giocatori italiani. L’estate prima, il Napoli ha comprato il bomber del Bologna Beppe Savoldi per 2 miliardi di lire, una cifra molto più alta di quella che potrebbe essere spesa per Cruijff.

Così, nel gennaio del 1976 è improvvisamente scoppiata la febbre degli stranieri, dopo undici anni di feroce autarchia. In un’intervista rilasciata in quei giorni a Antonio Tavarozzi della Stampa, Cruijff lascia intendere che non gli dispiacerebbe giocare in Serie A, e allora via con le speculazioni: oltre al Profeta olandese, chi altro potrebbe arrivare dall’estero? I giornali riportano a cadenza regolare nuove indiscrezioni di mercato: l’Inter sta seguendo Grzegorz Lato, il Milan Jupp Heynckes, il Napoli Roberto Rivelino, il Bologna Willy van der Kuijlen. Ma intanto il veto per gli stranieri resta, e anzi viene riconfermato dalla maggioranza dei club di Serie A e B in una riunione federale del 14 febbraio. Ecco perché la FIGC ritiene che qualche dirigente scontento possa aver fatto scoppiare un caso nella remota Rovigo, così da arrivare a un pronunciamento europeo sulla riapertura delle frontiere senza doverci mettere la faccia. Un sospetto che, però, si rivela del tutto infondato.

Lo confermano i coniugi Donà, interpellati a marzo dal Corriere della Sera. Sono due europeisti convinti, pensano che i principi liberali su cui si basa la CEE siano giusti e sacrosanti, e che debbano valere per tutti, anche per gli sportivi professionisti. “Abbiamo contribuito a costruire l’Europa unita e questa unione passa anche per il mondo del calcio” dichiara Wilma Viscardini ai giornalisti. La loro è una battaglia politica ed egualitaria, che pochi riescono a capire in un mondo come quello del pallone, dominato dagli interessi economici. Per Donà e Viscardini, è invece una questione di principio, che va ben oltre quelle 31.000 lire che Mantero deve loro. E d’altronde il patron del Rovigo, per conto suo, non ha più alcun interesse nell’acquisto di calciatori stranieri, in questo momento: l’anno prima la sua squadra ha perso lo spareggio salvezza col Legnago, ed è scivolata in Promozione Veneta, cioè nel calcio dilettantistico a tutti gli effetti.

Da sinistra: Wilma Viscardini, Mario Mantero, Sergio Campana (presidente dell’Assocalciatori) e Gaetano Donà. Anni dopo, Mantero sostenne con la stampa locale che avevano voluto creare il caso apposta per cambiare le regole sui calciatori stranieri in Italia.

Il 14 luglio 1976, la Corte di Giustizia Europea si riunisce in Lussemburgo per giudicare il caso di Rovigo. In realtà, fin da subito ci sono pochi dubbi riguardo a come si pronunceranno i giudici: esiste infatti un precedente della stessa corte che ha fatto giurisprudenza, in merito ai rapporti tra sport professionistico e diritto comunitario. Nel 1974, i giudici europei si sono espressi sul caso dei signori Walrave e Koch, due allenatori olandesi di ciclismo su pista specializzati nelle gare di mezzofondo (i cosiddetti stayers): ingaggiati da alcuni atleti spagnoli, erano stati bloccati dall’Unione Ciclistica Internazionale poiché le regole imponevano ai ciclisti di essere allenati solo da persone della stessa nazionalità. La Corte di Giustizia Europea aveva ritenuto questa decisione contraria al diritto comunitario e alla libera circolazione dei lavoratori professionisti tra i paesi membri, e lo stesso principio va dunque applicato anche al calcio italiano. Per farla breve, la norma della FIGC sulla chiusura delle frontiere è illegittima.

La sentenza causa grosse polemiche in Italia, coinvolgendo anche la politica, in particolare con i socialisti e i comunisti fortemente contrari alla riapertura. La FIGC contesta che una liberalizzazione del mercato dei calciatori finirà con il costringere i club a indebitarsi per acquistare nuovi campioni, ma come si è visto l’autarchia è stata economicamente fallimentare, facendo impennare i prezzi dei giocatori locali e causando una calo della competitività internazionale delle squadre. Di sicuro, comunque, Cruijff a Torino non ci verrà: a giugno, prima del pronunciamento della Corte, l’olandese ha rinnovato il suo contratto col Barcellona per altri due anni. In realtà, nessuno straniero arriverà in Serie A nell’estate del 1976 o in quella successiva. Le istituzioni del calcio italiano si arroccheranno sulle loro posizioni e su un dibattito sulle modalità della riapertura, che avrà come risultato solo quello di rimandare la decisione definitiva. Nel febbraio del 1978, toccherà di nuovo alla CEE intervenire, definendo in maniera chiara e inequivocabile l’eliminazione di qualsiasi restrizione alla libera circolazione dei calciatori tra i paesi membri. Le varie federazioni nazionali avranno tempo per adeguarsi alle norme comunitarie fino al termine della stagione 1979/80. La FIGC sarà infine costretta, anche dalle pressioni del governo, a rinunciare alle sue regole xenofobe: inizierà così una nuova era.

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Fonti

BOCCI Maria Grazia, Wilma Viscardini: «Io da euro-avvocato ho fatto giocare Platini», Il Gazzettino

FRISOLI Pino, Cruijff, quando nel 1976 la Juventus arrivò a un passo dal suo ingaggio, La Tv per sport

MOLINARI Alberto, Il ritorno dei calciatori stranieri in Italia: la riapertura delle frontiere calcistiche (1976-1980), Rivista di Diritto Sportivo

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