Nyers, storia di un apolide immaginario

Gli anni dell’immediato dopoguerra furono quelli in cui il calcio italiano risollevava spiritualmente il Paese e preparava il terreno al boom economico degli anni Cinquanta. Una delle scintille che portarono a quell’esplosione fu, in un certo senso, il ricchissimo acquisto fatto dall’Inter nell’estate del 1948, quando il presidente Masseroni strappava allo Stade Français il suo fuoriclasse, Étienne Nyers. Per riscattare la deludente stagione passata, la società nerazzurra puntava forte sul gioco offensivo del tecnico gallese John Astley e su una serie di importanti acquisti, dato che oltre a Nyers erano arrivati Gino Armano dall’Alessandria e Amedeo Amadei dalla Roma: l’obiettivo era quello di interrimpere il dominio del Grande Torino e imporsi come nuova potenza del calcio italiano. Lo scudetto non arrivò, ma i gol di Nyers aprirono una nuova fase della storia dell’Inter, portandola a pieno titolo nel novero delle grandi della Serie A.

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Herrera, il mago anarchico

Non sapremo mai se lui avvertisse una qualche contraddizione, anche solo un piccolo fastidio, sapendo che stava per andare a lavorare per uno dei più ricchi imprenditori italiani. Possiamo immaginare che avesse ormai da tempo imparato a separare l’esigenza di una carriera felice e di successo dal suo retroterra politico, che infatti rimase sempre piuttosto segreto. Nell’estate del 1960, Helenio Herrera Gavilán atterrava a Milano per andare ad allenare l’Inter, apprestandosi a dare vita a una delle più grandi squadre di tutti i tempi. Sarebbe stata una strada lunga e tortuosa, che l’avrebbe costretto a rivedere molti dei suoi principi di gioco, ma ormai il Mago aveva imparato che la vita è fatta di compromessi. Non male, comunque, per il figlio di un immigrato anarchico in esilio in un altro continente.

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