Quando Neil Lennon si ritirò dalla Nazionale a causa del settarismo

“È davvero un peccato che finisca tutto così” commentò Neil Lennon, parlando al telefono con Jim Stokes, giornalista della BBC in Irlanda del Nord, dalla propria casa a Lurgan. Era la tarda serata di giovedì 22 agosto 2002, e si era appena conclusa l’amichevole tra la selezione di Belfast e quella di Cipro. Lennon avrebbe dovuto giocare e, per la prima volta, indossare la fascia da capitano, dopo essere ormai da qualche anno il calciatore nordirlandese più conosciuto e importante in circolazione. Ma appena era stato annunciato che il ct Sammy McIlroy lo aveva scelto come capitano, gli uffici di Belfast della BBC avevano ricevuto una telefonata anonima di un uomo che minacciava di assassinarlo se non avesse rinunciato alla fascia. Informato dalla polizia, secondo cui la chiamata era stata fatta dal gruppo paramilitare Loyalist Volunteer Force, il centrocampista aveva deciso di non scendere proprio in campo contro Cipro. Poco dopo, parlando con Stokes, aveva aggiunto che non avrebbe mai più vestito la maglia dell’Irlanda del Nord.

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Belfast 1958: Come si viene eliminati da un Mondiale

C’era un clima più teso del previsto, attorno alla partita. Non solo perché ci si giocava l’accesso al Mondiale – che, tutto sommato, era abbastanza alla portata degli Azzurri, primi nel girone – ma per come si era arrivati a quella partita. Si doveva giocare a inizio dicembre, ma la nebbia dell’inverno britannico aveva bloccato a Londra l’arbitro Zsolt: l’Italia si era opposta alla decisione di ricorrere a un direttore di gara nordirlandese, e l’ipotesi di rinvio di 24 ore era impossibile a causa dell’imminente giornata di First Division inglese, da disputarsi tre giorni dopo. Così, Irlanda del Nord – Italia era stata ricalendarizzata per il 15 gennaio 1958; particolare che aveva permesso agli ospiti di arrivare al match nelle migliori condizioni possibili, avendo già giocato in casa col Portogallo, vincendo e conquistando la testa del gruppo 8. Stava per iniziare così il disastro di Belfast.

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L’ultimo dribbling di George Best

Cosa ci sia venuto a fare, lì sulle rosse spiagge di Brisbane, uno come lui non lo sa nessuno. Nel XIX secolo, erano in tanti a venire fin laggiù dalla vecchia Gran Bretagna, tutti con quella faccia sporca, la barba incolta e i capelli lunghi come lui: prigionieri della principale colonia penale del Pacifico. Ma del recluso gli mancava l’atteggiamento, anzi era opinione comune – in Europa più che in Australia, dove era ben poco conosciuto – che George Best fosse lì per il motivo opposto, che fosse lì in cerca di libertà. Continua a leggere “L’ultimo dribbling di George Best”