Il rifiuto di Carrascosa

Una domenica di gennaio del 1978 Jorge Carrascosa raggiunse César Luis Menotti per dargli una notizia che il ct dell’Argentina avrebbe preferito non ricevere, specialmente in quel momento. Il Flaco stava riflettendo sulla squadra che avrebbe dovuto portare, qualche mese più tardi, ai Mondiali casalinghi, che l’Argentina doveva assolutamente vincere: primo, perché lo esigevano i tifosi, ancora in attesa del primo trionfo mondiale dell’Albiceleste; e secondo, perché questo era ciò che voleva il regime militare al potere dal marzo del 1976. Di fede comunista, e non proprio segreta, Menotti si trovava sotto grandi pressioni sportive, politiche e anche morali, e tra le poche certezze che aveva c’era Carrascosa come terzino sinistro. Invece, quel giorno il Lobo lo raggiunse alle terme di Punta Magotes, a Mar del Plata, per dirgli che non voleva più giocare in Nazionale.

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Fratello, dove sei?

Mancavano meno di venti minuti: Ardiles gli diede la palla e si buttò in area, pronto a chiudere l’uno-due. Invece Leopoldo Luque stoppò secco di destro, e la palla fece un saltello; quando alzò la testa, i difensori erano ancora troppo lontani: peggio per loro. Un rimbalzo, e poi premette il grilletto del suo piede. Baratelli volò come se l’avessero sparato da un cannone, e toccò terra stordito dal boato del Monumental: Argentina 2 – Francia 1. Con quella vittoria, l’Albiceleste era certa del passaggio del turno, anche se restava da decidere se sarebbe stata prima o seconda nel girone, nella terza sfida con l’Italia. Festeggiarono, e la mattina dopo Luque ricevette la visita dei famigliari – per sapere se si era fatto male seriamente al braccio durante la partita, pensò. Il padre e lo zio si avvicinarono scuri in volto. “Leo, il Chaco ha avuto un incidente e s’è ammazzato”.

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1978, boicottare un Mondiale

“L’Argentina si è trasformata in un mattatoio. Tecnica delle sparizioni: non ci sono prigionieri di cui qualcuno possa chiedere il rilascio, né martiri di cui doversi preoccupare. Tutti i giorni qualcuno viene ucciso senza processo o condanna.”

Eduardo Galeano, su Lotta Continua, 16 maggio 1978
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