5 canzoni su calcio e politica

Ruud Gullit canta

Di canzoni sul calcio ce ne sono parecchie, diverse riescono anche ad affrontare il pallone da una prospettiva più culturale, forse anche filosofica. La leva calcistica della classe ’68 di Francesco De Gregori (1982), per esempio, non è solo un racconto dai campi giovanili, ma pure un piccolo incoraggiamento a un ragazzo: non aver paura di compiere quei piccoli gesti della vita, perché non è da essi – e dal loro risultato – che si giudica una persona. A suo modo, sebbene molto sottovalutata, La dura legge del gol degli 883 (1997) fa qualcosa di simile: un inno al gioco d’attacco, nella vita oltre che in campo, alla ricerca dello spettacolo e della fantasia anche a discapito del risultato. Possiamo avere successo o meno, l’importante è divertirsi e dare il massimo. Di nuovo, Una vita da mediano di Luciano Ligabue (1999) parla degli outsider, di chi nella vita fatica per gli altri ma non riceve alcun credito.

Poche sono quelle canzoni che invece provano ad andare dalla filosofia alla politica vera e propria. Ci si avvicina un po’ La coscienza di Zeman di Antonello Venditti (1999), che elegge l’allenatore boemo – all’epoca alla Roma – a simbolo di una lotta dal basso contro il potere del calcio. Una battaglia ideale, forse pure vana, ma che va combattuta lo stesso (“Il sogno è ancora intatto e tu lo sai / Il sogno non si avvera quasi mai”). Gli echi delle idee di Venditti sono ben evidenti nel testo, e il periodo in cui nasce la canzone permette magari di tracciare un parallelo tra la crisi della sinistra istituzionale e dei suoi ideali con la ricerca di un nuovo eroe popolare che ne incarni i valori, che è appunto Zdeněk Zeman. D’altronde, la stessa cosa aveva fatto in precedenza Manu Chao e la sua Mano Negra con Santa Maradona (1994) e poi, ancora di più, da solista con La vida tombola (2007), un altro brano che celebra Diego Armando Maradona, in particolare per la sua lotta contro il potere tentacolare della FIFA.

Ma quanti brani possono essere davvero considerati canzoni di calcio e politica? Non tanto quelli che idealizzano figure e personaggi del mondo del pallone, ma che usano questo sport come strumento per delle canzoni di protesta, la cui lunga tradizione rappresenta uno dei temi più importanti della musica del Novecento. La canzone di protesta raggiunge la sua piena maturità, probabilmente, nei primi decenni del secolo scorso negli Stati Uniti, grazie ad autori come Pete Seeger e Woody Guthrie, la cui This land is your land (1940) è forse il brano simbolo di questo genere. Ebbene, le interconnessioni di questo tipo tra calcio e musica sono molto rare, ma qualcosa esiste. Come fatto qualche tempo fa con il cinema, quello che segue è un piccolo – e assolutamente non esaustivo – elenco di canzoni su calcio e politica.

Talco – St. Pauli (2008)

Ho riflettuto a lungo sull’inserire o meno questa canzone nell’elenco, dopo la presa di posizione degli Ultras Sankt Pauli sul conflitto a Gaza iniziato nel 2023, che sostanzialmente ad oggi non è ancora cambiata. Se il gruppo principale e anche i nomi più importanti della dirigenza del club di Amburgo sono graniticamente pro-Israele (seppure, se non altro, almeno non pro-Netanyahu), la base dei sostenitori ha assunto via via posizioni sempre più esplicitamente vicine alla Palestina. E allora il brano dei Talco, band ska-punk originaria di Marghera, parla in realtà di questi ultimi, vero spirito di un club che negli anni ha sostenuto diverse cause che altrove non trovano praticamente nessuno spazio: per i rifugiati e i migranti, per le donne e la comunità LGBTQ+, per la causa femminista in Iran, per i curdi del Rojava, contro il rigurgito nazifascista che sta ammorbando la nostra epoca.

“Sull’orlo di una strada, una gara di follia, contro il sipario amaro della xenofobia. Canti lastricati di coscienza e d’avvenir, nel baluardo lieto degli spalti a St. Pauli.”

Revelation Time ft. Ruud Gullit – South Africa (1988)

Non parla proprio di calcio, ma tra i coristi del brano i Revelation Time hanno voluto invitare Ruud Gullit, attaccante all’epoca al Milan, vincitore del Pallone d’Oro del 1987 e molto attivo nel sostenere la lotta contro l’apartheid in Sudafrica. Quando France Football gli aveva assegnato il premio come miglior calciatore in Europa, Gullit aveva detto di volerlo dedicare a Nelson Mandela, leader della causa dei neri sudafricani, da anni imprigionato per il suo attivismo politico contro il National Party boero. Quella presa di posizione si inseriva in un contesto di crescenti pressioni verso il governo di Pretoria, che avrebbero infine portato alla caduta del regime dell’apartheid e alla liberazione di Mandela.

“Li combatti, li perseguiti, li imprigioni, li giudichi e li uccidi con delle leggi che tu hai creato. Tutto il tuo denaro, denaro insanguinato, un giorno sarà inutile.”

Paul Kelly – A Bastard Like Me (2019)

Un’altra canzone politica che sembra c’entrare nulla col calcio, e invece riserva delle sorprese. Il brano è una confessione in prima persona di Charlie Perkins, importantissimo attivista aborigeno australiano della seconda metà del Novecento, poco conosciuto in Europa ma decisamente uno degli attivisti per i diritti civili più influenti e infaticabili del secolo scorso. Nato in povertà, costretto a sudarsi l’esistenza fin da quando imparò a camminare, divenne uno dei primi aborigeni a ottenere una laurea, e dedicò tutta la sua vita alla politica e alla difesa dei diritti del suo popolo. Negli anni giovanili, però, fu anche un calciatore, dato che il soccer era l’unico sport in Australia che poteva essere praticato facilmente da immigrati e nativi. Ebbe una buona carriera tra gli anni Cinquanta e Sessanta, e viaggiò anche in Inghilterra, dove nel 1957 militò brevemente anche nella squadra riserve dell’Everton. Per il mondo del calcio dovrebbe essere un onore poter vantare un uomo della caratura di Perkins nella propria storia.

“Fareste meglio a stare attenti a un bastardo come me. Ho combattuto fino alla fine, combatto ogni giorno. Non lo potete fermare, un bastardo come me.”

Ed Miller – Blood Upon the Grass (2004)

Nel 1977 la Federcalcio scozzese decise di organizzare una tournée in Sudamerica, in preparazione di Mondiali in Argentina dell’anno successivo: tra gli incontri fissati ce n’era anche uno allo stadio Nacional di Santiago contro il Cile, là dove quattro anni prima i militari avevano riunito, torturato e ucciso un numero incalcolabile di oppositori politici. In Scozia nacque un grande movimento di protesta contro la partita, che cercò di fare pressioni sulle istituzioni e sui giocatori perché non giocassero. La contestazione, purtroppo, non ebbe un esito positivo, ma se non altro permise di portare all’attenzione generale i crimini del regime di Pinochet. E permise anche di produrre una canzone eccezionale: Blood Upon the Grass, scritta e cantata da un insegnante e musicista dilettante, Adam McNaughtan. La versione originale, per la verità, è più parlata che cantata; decisamente migliore, dal punto di vista musicale, è la cover del 2004 del cantante folk scozzese Ed Miller.

“Víctor Jara suonava la chitarra mentre lo conducevano sul campo, così gli ruppero tutte le dita in modo che non potessero più suonare. Eppure ha continuato a cantare canzoni di libertà, canzoni di pace. E anche se lo hanno fucilato il suo messaggio resiste.”

Toquinho – Corinthians do Meu Coração (1982)

Toquinho è uno dei mostri sacri della bossa nova, la musica tradizionale brasiliana, e la sua carriera artistica è stata pesantemente segnata dal regime militare in Brasile. Negli anni Settanta fu infatti costretto a lasciare il suo paese e rifugiarsi in Italia, dove conquistò grande fama collaborando con artisti locali, come Sergio Endrigo e Ornella Vanoni. Nativo di São Paulo, nei primi anni Ottanta venne affascinato dall’esperimento della Democrazia Corinthiana, il progetto politico-sportivo portato avanti dal Corinthians, che si configurava come una chiara forma di contestazione al regime, a quei tempi in crisi. Toquinho tornò in Brasile e incontrò Sócrates, centrocampista e volto della Democrazia Corinthiana: insieme scrissero le parole di un brano che celebrava il club paulista, a cui poi il cantante aggiunse una propria partitura musicale.

“Essere tifoso del Corinthians significa andare oltre l’essere o non essere il primo. Essere tifoso del Corinthians significa anche essere un po’ più brasiliano.”

Bonus Track: Giorgio Nieloud – Campi di provincia (2025)

Giorgio Nieloud l’ho conosciuto nei giorni scorsi a Torino, durante una presentazione del mio libro Il calcio è politica a Comala: è un giovane cantante molto legato agli ambienti dell’attivismo di sinistra e del vivace calcio popolare torinese. Al termine della presentazione che abbiamo fatto insieme, ha cantanto alcuni suoi pezzi, tra cui anche questo, che parla appunto dello spirito del calcio amatoriale e popolare, un fenomeno di incredibile successo in Italia e che non ha solo rivitalizzato la vecchia tradizione politica delle tifoserie italiane (da tempo in declino) ma anche lo stesso attivismo politico. Quando l’ho ascoltata la prima volta, il mio elenco delle cinque canzoni su calcio e politica era già concluso, ma Campi di provincia meritava lo stesso di essere inclusa.

“E anche stavolta salta quel bel weekend al mare, perché la domenica c’è il calcio popolare. Ma non si perde mai, non si perde mai, nei campi di provincia non si perde mai!”

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