L’unico calciatore a non fare il saluto nazista

La data era stata fissata per il 14 maggio 1938, e la sede sarebbe stata ovviamente l’Olympiastadion di Berlino, edificato per i sontuosi Giochi Olimpici di due anni prima. Non era la prima volta che l’Inghilterra affrontava la Germania in trasferta, ma di certo sarebbe stata diversa da tutte le altre. Molte cose erano successe, nel paese tedesco, dai tempi dell’ultima amichevole berlinese tra le due squadre, disputatasi il 10 maggio 1930 nel vecchio Deutsches Stadion, il predecessore dell’attuale impianto della Capitale. I tesi rapporti diplomatici tra il governo inglese del conservatore Neville Chamberlain e quello tedesco del Führer Adolf Hitler non facilitavano certo l’organizzazione di una partita di calcio, anche se sarebbe stato assurdo confondere lo sport con la politica. Però il contorno di quell’incontro era chiaro a tutti, e lo fu ancora di più quando Stanley Rous, il presidente della Football Association, avvertì il capitano dell’Inghilterra Eddie Hapgood che dalla squadra ci aspettava che osservasse l’inno tedesco esibendosi nel saluto col braccio teso.

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Al-Jaber, il primo saudita del calcio europeo

L’Arabia Saudita, per i tifosi di calcio europei, era una galoppata, gesto tecnico ideale in un paese rinomato da secoli per i suoi eleganti cavalieri beduini. La galoppata era quella di Saeed Al-Owairan dentro la metà campo del Belgio ai Mondiali del 1994, che era valsa al trequartista dell’Al-Shabab il nomignolo di Maradona del deserto, e che aveva condotto la Nazionale araba a un’incredibile qualificazione agli ottavi di finale del torneo. Ma all’epoca il calcio europeo non era ancora pronto ad accogliere un calciatore arabo, e comunque la legge in Arabia Saudita impediva il trasferimento all’estero dei calciatori, una misura protezionistica che aveva permesso però una forte crescita del calcio locale nei dieci anni precedenti. Qualche anno dopo il regolamento fu derogato, per internazionalizzare il football saudita, ma per l’ultratrentenne Al-Owairan – che nel frattempo non aveva proprio brillato ai Mondiali del 1998 – era troppo tardi. La strada dell’Europa sarebbe allora stata imboccata dal suo erede, Sami Al-Jaber.

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I campioni del mondo del Wolverhampton

Sono loro i veri campioni del mondo dei club. Così, nel 1954, il Daily Mail definiva sprezzante i ragazzi di Stan Cullis, freschi reduci da una fortunata serie di incontri amichevoli contro vari club provenienti da tutto il globo. Per primo, il Wolverhampton aveva sconfitto i tedeschi del Borussia Dortmund, la squadra che poteva vantare tra i pali l’eccellente Heinz Kwiatkowski, che campione del mondo lo era per davvero, anche se per nazionali, avendo fatto da vice a Toni Turek nella conquista della Coppa Rimet pochi mesi prima. Era poi stato il turno del Valencia, e degli argentini del Racing Club de Avellaneda, la cui punta era un allora diciotenne Antonio Valentin Angelillo; quindi, il Real Madrid e Alfredo Di Stefano e Francisco Gento era stato annichilito per 3-0. Anche lo Spartak Mosca di Igor Netto e Nikita Simonjan si era arresa agli inglesi, infine. Continua a leggere “I campioni del mondo del Wolverhampton”