Siamo nel marzo del 2000 quando va in onda sulla tv tedesca il documentario Tod dem Verräter di Heribert Schwan. Il suo titolo, in italiano, significa “Morte del traditore”: l’opera punta a far luce su un’oscura e dimenticata vicenda di diciassette anni prima, che aveva riguardato il tragico destino di un calciatore di nome Lutz Eigendorf. Non un giocatore di pallone qualsiasi, però: Eigendorf era stato la stella della Dynamo Berlino, la squadra simbolo della Germania Est, fino a che nel 1979 non era fuggito clandestinamente nell’Ovest capitalista. Nel 1983 era morto, ubriaco, in un incidente d’auto; ma adesso Schwan rivela che le cose non andarono affatto così. Eigendorf era stato drogato da degli agenti della Stasi, il potente servizio segreto di Berlino Est, e mandato a schiantarsi con la propria auto. Una vendetta politica contro un campione che aveva osato tradire il suo paese.
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Sparwasser oltre Sparwasser
Jürgen Sparwasser è un nome che travalica se stesso. Travalica il suo curriculum e, a ben vedere, travalica perfino quello stesso gol che lo ha reso famoso – uno tra quattordici segnati in nazionale, e tra oltre un centinaio in carriera. Sparwasser è un mito, per un’intera generazione, è stato l’incarnazione del Davide comunista che batteva il Golia capitalista: l’autore del gol con cui la Germania Est sconfiggeva la Germania Ovest nella sua prima (e unica, avremmo scoperto poi) partecipazione ai Mondiali. In quel momento, davanti a un pallone che rotolava in rete alle spalle di Sepp Maier, il trionfo del socialismo sembrava più concreto che mai. Mito, però, deriva dal greco mŷthos, che significa “narrazione, favola”, e lascia intendere che ci sia poco di vero, sotto di esso.
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