La storia del calcio in Danimarca comincia con un giovane brillante matematico, un inglese che stava per salpare per il Brasile, e dei francesi che ritornavano oltre-Manica con la coda tra le gambe. Una piccola allegoria, per rompere il ghiaccio: i francesi sono quelli delle due differenti selezioni transalpine che la Nazionale danese aveva rocambolescamente regolato (9-0 e 17-1) nelle prime sfide delle Olimpiadi di Londra 1908, dove avrebbe conquistato una medaglia d’argento. L’inglese era Archie Williams, leggenda del Manchester City che qualche anno prima si era trasferito a Copenaghen e che, siccome le Olimpiadi si tenevano nel suo Paese natale, era stato ingaggiato come allenatore della Danimarca per l’occasione; tre anni dopo, avrebbe accettato la proposta del connazionale Oscar Cox di allenare il club che questi aveva appena fondato a Rio de Janeiro, il Fluminense. Il giovane brillante matematico era il centrocampista Harald Bohr, protagonista di quell’argento olimpico e in futuro scienziato di fama mondiale; suo fratello Niels, di ruolo portiere ma non presente in quella Nazionale, nel 1922 avrebbe vinto il Nobel per la fisica. Eppure, questa storia non parla di nessuno di loro.
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