Pagato 127 milioni di pesetas, nel 1979 Laurie Cunningham divenne l’acquisto più costoso della storia del Real Madrid e il primo calciatore britannico dei Blancos. I tifosi spagnoli lo avevano visto da vicino la stagione precedente, quando si era reso protagonista di due ottime partite contro il Valencia in Coppa UEFA con la maglia del West Bromwich Albion, segnando anche la rete del momentaneo vantaggio inglese al Mestalla nella gara di andata. Cunningham aveva 23 anni ed era riconosciuto come una delle migliori ali destre in circolazione, ma oltre a questo era anche uno dei rarissimi calciatori europei neri presenti a quel tempo, cosa che in Inghilterra gli aveva causato non pochi problemi, soprattutto al momento del suo debutto in Nazionale contro il Galles, nel maggio precedente. Al Real, sarebbe stato il primo nero dai tempi del brasiliano Didi, che aveva vestito la maglia dei madrileni tra il 1959 e il 1960.
Continua a leggere “Laurie Cunningham, il pioniere nero tra Inghilterra e Real Madrid”Tag: Attaccante
Un calciatore nelle prigioni di Israele
Il 22 luglio 2009, Mahmoud Sarsak sta guidando verso il suo grande sogno: la sua prima importante occasione da calciatore professionista. Ha 22 anni, gioca come attaccante – prevalentemente centravanti, ma a volte anche da ala destra, per via della sua rapidità – e a soli 14 anni ha debuttato nel campionato della Striscia di Gaza con il Rafah Sports Club, diventando il più giovane giocatore di sempre nella competizione. Le voci riguardo al suo talento si sono diffuse rapidamente, arrivando fino alla sede della Federcalcio a Ramallah, in Cisgiordania: Sarsak ha iniziato a giocare nelle selezioni giovanili palestinesi, poi nella Nazionale olimpica, e di recente ha debuttato anche con la squadra maggiore. Pochi giorni fa, ha ricevuto una proposta di contratto professionistico dal Markaz Balata, un club del campionato della Cisgiordania, e si è messo in viaggio per raggiungere la sua squadra. Ma Mahmoud Sarsak non arriverà mai a Balata: il 22 luglio 2009 viene arrestato dalle autorità israeliane.
Continua a leggere “Un calciatore nelle prigioni di Israele”Leônidas votava comunista
La storia è nota. Nel 1938, le squadre sudamericane disertano il Mondiale in Francia, il secondo consecutivo a tenersi in Europa, ma il Brasile decide lo stesso di partecipare. Principalmente perché ha una squadra molto forte, tenuta in piedi dall’asse del Flamengo composto da Domingos da Guia e Leônidas. Vince una rocambolesca partita contro la Polonia per 6-5, poi pareggia 1-1 contro la Cecoslovacchia e vince per 2-1 il replay, ma deve arrendersi in semifinale contro l’Italia. Leggenda vuole che l’allenatore brasiliano Adhemar Pimenta abbia tenuto fuori Leônidas per superbia (o perché pressato da Mussolini), per farlo riposare in vista della finale, ma questa versione è stata da tempo smentita: l’attaccante sudamericano era infortunato, e nessuno si sarebbe sognato di lasciarlo fuori dalla sfida contro i campioni del mondo in carica, se fosse stato in condizione di giocare. Tre giorni dopo tornò a disposizione per la finale del terzo posto, segnando una doppietta nel 4-2 inflitto alla Svezia: aveva segnato in tutto 7 gol in 4 partite.
Continua a leggere “Leônidas votava comunista”Roberto Baggio e la guerra civile
Il 17 maggio 1990, il giorno dopo la fine della stagione, viene sganciata la bomba che dà inizio alla guerra: Roberto Baggio, il 23enne fenomeno della Fiorentina, si trasferisce alla Juventus per 25 miliardi di lire. È un acquisto di cui si parla da mesi, ma che ha generato polemiche e proteste piuttosto accese da parte dei sostenitori viola: mai prima d’ora un’operazione di calciamercato in Italia aveva incendiato così gli animi. E, quando Baggio è ufficialmente un giocatore bianconero, Firenze esplode. In un mondo denso di iperboli guerresche come quello del calcio, questa volta le parole sono tremendamente appropriate: alle 18.30 cinquecento persone si riuniscono in piazza Savonarola, dove ha sede la Fiorentina, e iniziano a scagliare monetine e ghiaia contro l’edificio. La polizia, colta di sorpresa, è in forte inferiorità numerica: i soli quindici agenti presenti sul posto si riparano dietro le vetture e rispondono lanciando dei lacrimogeni per disperdere la folla, poi iniziano a sfoltire i tifosi a suon di manganellate. L’altra parte ripiega, raggiunge un vicino cantiere, mette mano ai sanpietrini e contrattacca. La polizia chiama i rinforzi. È il caos.
Continua a leggere “Roberto Baggio e la guerra civile”Salah Djebaïli, il calciatore intellettuale che finì ucciso dai terroristi
Alla fine della giornata di lavoro, il professor Salah Djebaïli uscì dall’istituto e si diresse verso la sua auto, nel parcheggio dell’Università delle Scienze e delle Tecniche di Bab-Ezzouar, nella zona est di Algeri. Appena salito in macchina, vide avvicinarsi dei ragazzi: non fece in tempo a pensare se fosse studenti che volevano parlargli o qualcun altro, che quelli aprirono il fuoco. Il rumore degli spari arrivò fino al cortile dell’università, facendo accorrere il personale della sicurezza. Salah Djebaïli giaceva nella vettura in una pozza di sangue: non respirava più, il suo battito s’era fermato. Era il terzo dirigente universitario assassinato nell’ultimo anno, ma se si consideravano tutti gli intellettuali del paese il numero delle vittime superava abbondantemente la ventina. L’Algeria era in una sorta di guerra civile.
Continua a leggere “Salah Djebaïli, il calciatore intellettuale che finì ucciso dai terroristi”La scomparsa di Joe Gaetjens
Quando Joe Gaetjens rientrò ad Haiti, fu accolto con grande calore dai suoi connazionali. Per chi amava il calcio – e non erano pochi, nel paese – era una sorta di idolo: il primo calciatore haitiano ad avere segnato un gol ai Mondiali, peraltro decisivo per infliggere una storica sconfitta all’Inghilterra. Aveva quasi 30 anni, e mancava dall’isola da sette, durante i quali aveva conquistato una fama che nessun altro calciatore aveva mai ottenuto, e tra gli sportivi solo il leggendario Silvio Cator – l’eccezionale lunghista che nel 1928 vinse un argento olimpico e stabilì il record del mondo – era stato più famoso di lui. Dopo le avventure all’estero, che lo avevano condotto anche in Europa, Gaetjens era tornato a casa per chiudere la carriera da giocatore e metter su famiglia, ma trovò un paese molto diverso rispetto a quello che aveva lasciato.
Continua a leggere “La scomparsa di Joe Gaetjens”Maradona e l’ingenuità politica
Nel 1987 Diego Armando Maradona conobbe per la prima volta di persona uno dei suoi più grandi miti, il Presidente cubano Fidel Castro, di cui portava un tatuaggio sulla gamba sinistra. L’attaccante argentino era stato insignito di un premio dall’agenzia di stampa dell’Avana Prensa Latina, e aveva quindi viaggiato fino a Cuba per ritirare il riconoscimento e poter incontrare Castro. Fu quello l’inizio di una lunga amicizia, durata per tutta la vita, che rappresenta ancora oggi il più stretto rapporto mai stabilito da un calciatore di fama internazionale con un leader politico. Già all’epoca Maradona divideva i tifosi per le sue simpatie comuniste, che insieme al genio sportivo e allo spirito ribelle ne fecero un idolo indiscusso della sinistra. In realtà, però, la storia politica di Maradona è ben più complicata e, sorpattutto, controversa di così.
Continua a leggere “Maradona e l’ingenuità politica”Gullit contro l’apartheid
Il 29 dicembre 1987, France Football assegna il Pallone d’Oro a Ruud Gullit, a coronamento di un anno strepitoso del 25enne attaccante nativo di Amsterdam. Ha segnato 28 gol in 37 partite nella stagione precedente con la maglia del PSV Eindhoven, che ha condotto alla vittoria del campionato, e in estate è passato al Milan per la cifra record di 13,5 miliardi di lire, diventando immediatamente il leader offensivo dei rossoneri. Gullit è anche il primo olandese dopo 13 anni a vincere il Pallone d’Oro, e il primo nero dopo 22 anni, quando il premio andò a Eusébio. Nel ricevere il riconoscimento come miglior calciatore in Europa, l’olandese decide di fare una dedica destinata a fare discutere: “Questo è per Nelson Mandela”.
Continua a leggere “Gullit contro l’apartheid”Dove riposa Bebel García, che combatté per la libertà
San Amaro è il cimitero storico di La Coruña, e sorge in un luogo insolitamente suggestivo per un camposanto, proprio a ridosso della Ría da Coruña, un estuario del Golfo Ártabro bagnato dalle acque dell’Atlantico. Tante figure che hanno scritto pagine importanti della storia della città galiziana sono sepolte lì, in tombe dalle forme raffinate coi nomi in bella vista. Ma tante altre giaciono in quel terreno senza lapidi o altre indicazioni a ricordarle: sarebbero circa 250 i corpi sconosciuti, seppelliti in una delle zone periferiche del cimitero, in quella che è probabilmente la più grande fosse comune dei franchisti in tutta la Galizia. A scoprirla, all’inizio dell’ottobre 2024, è stato uno storico locale di nome Rubem Centeno, che ha aggiunto un ulteriore dettaglio: tra quei cadaveri mischiati e dimenticati c’è anche quello di Bebel García, un giovane calciatore e militante socialista divenuto un eroe della causa antifascista spagnola e del Deportivo La Coruña.
Continua a leggere “Dove riposa Bebel García, che combatté per la libertà”Al-Jaber, il primo saudita del calcio europeo
L’Arabia Saudita, per i tifosi di calcio europei, era una galoppata, gesto tecnico ideale in un paese rinomato da secoli per i suoi eleganti cavalieri beduini. La galoppata era quella di Saeed Al-Owairan dentro la metà campo del Belgio ai Mondiali del 1994, che era valsa al trequartista dell’Al-Shabab il nomignolo di Maradona del deserto, e che aveva condotto la Nazionale araba a un’incredibile qualificazione agli ottavi di finale del torneo. Ma all’epoca il calcio europeo non era ancora pronto ad accogliere un calciatore arabo, e comunque la legge in Arabia Saudita impediva il trasferimento all’estero dei calciatori, una misura protezionistica che aveva permesso però una forte crescita del calcio locale nei dieci anni precedenti. Qualche anno dopo il regolamento fu derogato, per internazionalizzare il football saudita, ma per l’ultratrentenne Al-Owairan – che nel frattempo non aveva proprio brillato ai Mondiali del 1998 – era troppo tardi. La strada dell’Europa sarebbe allora stata imboccata dal suo erede, Sami Al-Jaber.
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