Le donne del Torino

Gli anni Settanta sono l’epoca degli striscioni. Gli stadi italiani si riempiono rapidamente di questi strani e insoliti manufatti, marcati da nomi di battaglia che rivendicano la nascita di un nuovo modo di tifare. Ma ce n’è uno, a Torino, che è diverso da tutti gli altri, posto proprio accanto a quello degli Ultras Granata: S.L.A.S. Donne Ultras. Le donne, allo stadio, non sono mai mancate, neppure in curva, ma sono di solito una presenza marginale, spesso accompagnano un fidanzato ultras e, pur partecipando al tifo, restano figure di secondo piano. Nella Curva Maratona, invece, un piccolo gruppo di ragazze è diventato gradualmente influente tra gli ultras maschi, fino a conquistarsi un proprio spazio e il diritto di esporre uno striscione. Negli anni della seconda ondata femminista, anche gli spalti degli stadi sono diventati terreno di lotta politica ed emancipazione.

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Laurie Cunningham, il pioniere nero tra Inghilterra e Real Madrid

Pagato 127 milioni di pesetas, nel 1979 Laurie Cunningham divenne l’acquisto più costoso della storia del Real Madrid e il primo calciatore britannico dei Blancos. I tifosi spagnoli lo avevano visto da vicino la stagione precedente, quando si era reso protagonista di due ottime partite contro il Valencia in Coppa UEFA con la maglia del West Bromwich Albion, segnando anche la rete del momentaneo vantaggio inglese al Mestalla nella gara di andata. Cunningham aveva 23 anni ed era riconosciuto come una delle migliori ali destre in circolazione, ma oltre a questo era anche uno dei rarissimi calciatori europei neri presenti a quel tempo, cosa che in Inghilterra gli aveva causato non pochi problemi, soprattutto al momento del suo debutto in Nazionale contro il Galles, nel maggio precedente. Al Real, sarebbe stato il primo nero dai tempi del brasiliano Didi, che aveva vestito la maglia dei madrileni tra il 1959 e il 1960.

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L’israeliano che ha plasmato il calcio moderno in Europa

Il trasferimento di Rio Ferdinand dal Leeds United al Manchester United, nel luglio 2002, è uno di quelli che scuote il calciomercato europeo. Ferdinand ha 24 anni ed è considerato uno dei migliori difensori al mondo e arriva alla corte di Alex Ferguson per sostituire il veterano Denis Irwin, che ha lasciato i Red Devils dopo dodici anni di militanza. Lo United paga 30 milioni di sterline per il centrale del Leeds, facendone il giocatore britannico più costoso della storia e anche il difensore più caro di sempre. Alla cifra, i Red Devils aggiungono però anche 1,13 milioni di sterline di commissione, che vanno a un uomo che sta iniziando a farsi notare nel mondo del football: è un 47enne israeliano di nome Pini Zahavi. I tifosi inglesi lo conoscono pochissimo, ma è una delle figure più influenti del calcio europeo e una sorta di deus ex machina del mondo dei trasferimenti.

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Boban e il nazionalismo

Il calcio più famoso e decisivo della storia sportiva di Zvonimir Boban è stato dato il 13 maggio 1990, non a un pallone ma a un poliziotto. È una storia che chiunque si interessi di sport e politica, o dei Balcani, ha sentito molte volte: la Battaglia del Maksimir, quando i tifosi della Dinamo Zagabria e della Stella Rossa di Belgrado si scontrano nello stadio della capitale croata, causando l’intervento della polizia. Nel tumulto, il 21enne capitano della Dinamo scorge un poliziotto che sta picchiando un tifoso della sua squadra, e interviene in suo soccorso. Un fotografo, con tempismo sensazionale, coglie quell’attimo, destinato a fare la Storia. Per molti, rappresenta l’incarnazione stessa delle guerre jugoslave e della lotta indipendentista croata. È talmente iconico da essere stato trasfigurato in un celebre murale che si può ammirare oggi tra le vie di Zagabria. E ha fatto di Boban l’eroe nazionale di cui la Croazia aveva bisogno.

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Un calciatore nelle prigioni di Israele

Il 22 luglio 2009, Mahmoud Sarsak sta guidando verso il suo grande sogno: la sua prima importante occasione da calciatore professionista. Ha 22 anni, gioca come attaccante – prevalentemente centravanti, ma a volte anche da ala destra, per via della sua rapidità – e a soli 14 anni ha debuttato nel campionato della Striscia di Gaza con il Rafah Sports Club, diventando il più giovane giocatore di sempre nella competizione. Le voci riguardo al suo talento si sono diffuse rapidamente, arrivando fino alla sede della Federcalcio a Ramallah, in Cisgiordania: Sarsak ha iniziato a giocare nelle selezioni giovanili palestinesi, poi nella Nazionale olimpica, e di recente ha debuttato anche con la squadra maggiore. Pochi giorni fa, ha ricevuto una proposta di contratto professionistico dal Markaz Balata, un club del campionato della Cisgiordania, e si è messo in viaggio per raggiungere la sua squadra. Ma Mahmoud Sarsak non arriverà mai a Balata: il 22 luglio 2009 viene arrestato dalle autorità israeliane.

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Leônidas votava comunista

La storia è nota. Nel 1938, le squadre sudamericane disertano il Mondiale in Francia, il secondo consecutivo a tenersi in Europa, ma il Brasile decide lo stesso di partecipare. Principalmente perché ha una squadra molto forte, tenuta in piedi dall’asse del Flamengo composto da Domingos da Guia e Leônidas. Vince una rocambolesca partita contro la Polonia per 6-5, poi pareggia 1-1 contro la Cecoslovacchia e vince per 2-1 il replay, ma deve arrendersi in semifinale contro l’Italia. Leggenda vuole che l’allenatore brasiliano Adhemar Pimenta abbia tenuto fuori Leônidas per superbia (o perché pressato da Mussolini), per farlo riposare in vista della finale, ma questa versione è stata da tempo smentita: l’attaccante sudamericano era infortunato, e nessuno si sarebbe sognato di lasciarlo fuori dalla sfida contro i campioni del mondo in carica, se fosse stato in condizione di giocare. Tre giorni dopo tornò a disposizione per la finale del terzo posto, segnando una doppietta nel 4-2 inflitto alla Svezia: aveva segnato in tutto 7 gol in 4 partite.

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Ruben il Rosso, a destra in campo e a sinistra fuori

C’era una squadra che incantava l’Europa, nei primi anni Ottanta, e di cui fino a poco tempo prima nessuno o quasi aveva mai sentito parlare. Era l’IFK Göteborg, che dopo un decennio di sostanziale anonimato era arrivato a dominare non solo il calcio svedese, ma addirittura a farsi notare a livello internazionale. Nel 1980 aveva vinto la Coppa Intertoto, e nel 1982 era arrivato addirittura a conquistare una storica Coppa UEFA. Merito del suo allenatore, un ragazzo di appena 34 anni di nome Sven-Göran Eriksson, ex-difensore di basso livello ma allenatore brillante, con una venerazione per il calcio inglese. Il suo Göteborg giocava bene e in maniera aggressiva e moderna, e così era arrivato a sorprendere squadre ben più quotate, come il Valencia, il Kaiserslautern e l’Amburgo. In campo brillavano attaccanti come Torbjörn Nilsson e Dan Corneliusson, mentre a centrocampo faceva bella figura Glenn Strömberg. Ma la forza dell’IFK era sulle fasce, a partire dai due terzini: Glenn Hysén a sinistra, e a destra Ruben Svensson, detto Den Röde (“il Rosso”), non per il colore dei capelli, ma per quello politico.

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Roberto Baggio e la guerra civile

Il 17 maggio 1990, il giorno dopo la fine della stagione, viene sganciata la bomba che dà inizio alla guerra: Roberto Baggio, il 23enne fenomeno della Fiorentina, si trasferisce alla Juventus per 25 miliardi di lire. È un acquisto di cui si parla da mesi, ma che ha generato polemiche e proteste piuttosto accese da parte dei sostenitori viola: mai prima d’ora un’operazione di calciamercato in Italia aveva incendiato così gli animi. E, quando Baggio è ufficialmente un giocatore bianconero, Firenze esplode. In un mondo denso di iperboli guerresche come quello del calcio, questa volta le parole sono tremendamente appropriate: alle 18.30 cinquecento persone si riuniscono in piazza Savonarola, dove ha sede la Fiorentina, e iniziano a scagliare monetine e ghiaia contro l’edificio. La polizia, colta di sorpresa, è in forte inferiorità numerica: i soli quindici agenti presenti sul posto si riparano dietro le vetture e rispondono lanciando dei lacrimogeni per disperdere la folla, poi iniziano a sfoltire i tifosi a suon di manganellate. L’altra parte ripiega, raggiunge un vicino cantiere, mette mano ai sanpietrini e contrattacca. La polizia chiama i rinforzi. È il caos.

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Il gesto sbagliato alle persone sbagliate

Il 16 marzo 2013, nei minuti finali della partita contro il PAE Veria, Giorgos Katidis segna una rete importantissima. È la sua seconda con la maglia dell’AEK Atene, ma soprattutto è quella che dà la vittoria al club giallo-nero: tre punti di cui l’AEK ha bisogno come dell’ossigeno, perché si trova a fondo classifica e rischia una storica retrocessione. Katidis ha da poco compiuto vent’anni, è un brillante trequartista arrivato l’estate prima dell’Aris Salonicco per 100.000 euro ed è ritenuto una delle più interessanti promesse del calcio greco: l’AEK fa grande affidamento su di lui, per i prossimi anni. Ma dopo aver segnato il gol, Katidis va sotto la sua curva – dove sta una delle tifoserie più radicalmente antifasciste d’Europa – e alza il braccio destro, facendo un saluto nazista.

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Salah Djebaïli, il calciatore intellettuale che finì ucciso dai terroristi

Alla fine della giornata di lavoro, il professor Salah Djebaïli uscì dall’istituto e si diresse verso la sua auto, nel parcheggio dell’Università delle Scienze e delle Tecniche di Bab-Ezzouar, nella zona est di Algeri. Appena salito in macchina, vide avvicinarsi dei ragazzi: non fece in tempo a pensare se fosse studenti che volevano parlargli o qualcun altro, che quelli aprirono il fuoco. Il rumore degli spari arrivò fino al cortile dell’università, facendo accorrere il personale della sicurezza. Salah Djebaïli giaceva nella vettura in una pozza di sangue: non respirava più, il suo battito s’era fermato. Era il terzo dirigente universitario assassinato nell’ultimo anno, ma se si consideravano tutti gli intellettuali del paese il numero delle vittime superava abbondantemente la ventina. L’Algeria era in una sorta di guerra civile.

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